A regola d’arte




Recensione


Autore: Stefano Tura

Editore: Piemme

Pagine: 480

Genere: thriller 

Anno di pubblicazione: 2018

L’ultimo capitolo della saga di Peter McBride. La testa riversa da un lato, appoggiata alla corda ben stretta intorno al collo, la bocca aperta, contorta nella smorfia di un dolore ormai svanito, le braccia distese lungo i fianchi, i piedi inguainati in eleganti scarpe firmate, sospesi da terra. Sul pavimento, poco distante dal corpo, un biglietto: «Effetto Brexit. Suicidio di un broker». Proprio di fronte all’istallazione esposta in una galleria molto in voga della città, sfilano gli esponenti più celebri della comunità italiana a Londra. Diplomatici, imprenditori e aristocratici, presenti più per farsi vedere che per ammirare le opere. A pochi passi da lì, in un angolo nascosto, circondato da un capannello di curiosi, giace immobile un corpo, la gola squarciata da una ferita netta, gli abiti imbrattati di sangue. Apparentemente la più verosimile delle opere d’arte, in realtà si tratta del cadavere di uno degli invitati. Nel corso di pochi istanti tutto cambia, il panico si diffonde e l’elegantissima folla si trasforma in un unico organismo impazzito che per uscire da quel macabro luogo è disposta a tutto. L’indagine, affidata al detective Riddle, non è semplice: la vittima è uno dei più facoltosi e stimati imprenditori italiani espatriati a Londra, e le persone presenti alla serata, vicine a pezzi grossi della politica britannica, non amano che qualcuno si intrometta nelle loro vite. Saranno il detective McBride, ex ragazzo di strada poi riabilitato dalla polizia, e Alvaro Gerace, commissario bolognese, da anni sulle tracce di un serial killer, a collegare quella morte spettacolare a una serie di strane sparizioni di bambini che unisce Italia e Gran Bretagna.
 

Browns Arbiter Gallery: tra politici e ricchi imprenditori, le opere d’arte contemporanea sconvolgono il pubblico in una macabra rappresentazione della società moderna. In una delle stanze, l’opera più realistica: un uomo elegante, accasciato ai piedi del muro schizzato di sangue arterioso. Un capannello di visitatori lo osserva con grande curiosità, ma gli incerti mormorii vengono sovrastati da un grido di orrore: quello sul pavimento non è una nuova, sanguinosa opera d’arte, ma il corpo di Achille Stefanelli De Vitis, un manager facoltoso e molto in vista nella comunità italiana a Londra. La galleria diventa scena del crimine e, tra la folla di curiosi, si allontana un uomo senza nome…

A regola d’arte vede il ritorno dell’ispettore Peter McBride, che ancora una volta si troverà a collaborare con il commissario Alvaro Gerace, anche lui personaggio ricorrente nei romanzi di Stefano Tura.

Accanto alle indagini di Scotland Yard sull’omicidio Stefanelli De Vitis, un filo rosso unisce l’Italia e il Regno Unito: l’assassino noto come Filippo il pagliaccio e gli “insospettabili” coinvolti nel crimine più atroce di tutti, la pedofilia.

Le due indagini si intrecciano con un ritmo serrato, tuttavia alle scene di azione si affiancano digressioni importanti non solo per comprendere meglio le azioni del protagonisti, ma anche e soprattutto per indicare il vero colpevole: l’omertà che permette ai criminali di restare impuniti.

Stefano Tura 


(Bologna, 1961) ha iniziato la sua carriera come giornalista di cronaca nera per Il Resto del Carlino. Nel 1989 è stato assunto in RAI: inviato di guerra in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e Sudan, nel 2006 è diventato corrispondente per il Regno Unito con Marco Varvello.

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