Addio, mia amata




Recensione di Marina Morassut


Autore: Raymond Chandler

Traduzione: Gianni Pannofino

Editore: Adelphi

Genere: poliziesco/hard-boiled

Pagine: 300

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Grazie alle sue armi di difesa personale – la tesa abbassata sugli occhi per principio, il sopracciglio inarcato per la stessa ragione, un fisico rispettabile nonostante gli stravizi –, Philip Marlowe potrebbe arrivare a fine mese guadagnando quanto basta, senza passare da un guaio all’altro. Specie quando si muove, come qui, nel suo ambiente naturale, la Los Angeles dei locali notturni. Ma purtroppo, anche se a vederlo non si direbbe, è curioso. E se davanti a un locale, mentre indaga su tutt’altro, nota un figuro in cappotto sportivo, palline da golf per bottoni e un abbacinante paio di scarpe di coccodrillo, vuole saperne di più: quindi lo segue all’interno, finendo a contatto ravvicinato col temibile Moose Malloy, e si mette poi sulle tracce della sua molto rimpianta vecchia fiamma, l’ancor più temibile Velma Valento. Il resto è tutto quello che ci aspettiamo da uno come Marlowe, ma con un’avvertenza: fra i suoi componenti romanzeschi collaudati, Chandler in Addio, mia amata ha scelto solo il meglio del meglio. Che agisce oggi come allora.

Recensione

Si fa presto a dire poliziesco d’azione classico, o capostipite del genere hard-boiled, o altre definizioni similari che vengono messe sulle fascette dei libri per vendere. Perché alla resa dei conti, bisogna considerare la storia nel suo insieme, i personaggi, il caso da risolvere, il fatto che il romanzo sia stato scritto ben 80 anni fa.

E se ci intriga ancor oggi leggere di Hercule Poirot e di Sherlock Holmes, proprio perché, oltre a tutto il resto, ci danno il senso di un tempo che fu, completamente slegato dal nostro sia come società che come tecnologia, possiamo essere sicuri che i romanzi di Raymond Chandler abbiano resistito alle molte insidie del tempo?

Sembrano più vicini a noi nel tempo, eppure la Los Angeles raccontata è in un tempo che parimenti non è più il nostro. Come pure la figura dell’investigatore protagonista di questa serie…

E quindi? Romanzo solo per appassionati e fini intenditori?                                                                                      

Lo si deve quindi leggere come un archeologo appassionato maneggerebbe un reperto?

Secondo romanzo di Chandler con protagonista l’ironico ed irriverente Philip Marlowe, detective curioso che mentre sta indagando per conto di una moglie che vorrebbe far rientrare forzatamente a casa il marito, si lascia irretire da uno strano figuro vestito in modo assurdamente appariscente e con delle incredibili scarpe di coccodrillo “con esplosioni bianche sulle punte”, alto e grosso ancor più di lui, che piccolo non è – e si fa trascinare in un night club di neri nel quartiere meticcio di Central Avenue in una giornata calda ed appiccicosa di fine marzo, dove il mastodontico e vistoso Moose Malloy uccide senza motivo il proprietario del club, mentre cerca la sua vecchia fiamma.                                                                                                                    

Ed è proprio da qui, dalla scomparsa di Malloy dopo l’omicidio e dalla strana richiesta che subito dopo Marlowe riceve dal Sig. Marriott, che Chandler dipana tutta la vicenda con protagonista l’oramai iconico Philip Marlowe, con il suo classico cappello calato sugli occhi ed un sopracciglio inarcato, in attesa della reazione dei malcapitati, oggetto della sua divertita ironia e sfacciata irriverenza.

Il Grande Sonno è la prima avventura ed è un capolavoro del genere, trasposto poi anche in film con un Humphrey Bogart altrettanto strepitoso, e con alla sceneggiatura, tra gli altri, William Faulkner.

Eppure, nonostante le premesse, la seconda avventura di Philip Marlowe è un must, altrettanto elettrizzante sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto una carrellata di immagini di una Los Angeles che ancora per lungo tempo farà i conti con la discriminazione razziale, una città cupa , dura e pericolosa, ma che è splendidamente descritta dall’autore.

La storia poi è stata giustamente definita come “il meglio del meglio” che l’autore avrebbe potuto scrivere per fare da corollario e da pretesto per mettere ancora una volta in mostra il suo protagonista. Intrecci che inizialmente sembrano scollegati e che ad un certo punto con logica ma anche con fantasia artigianale si collegano l’un l’altro, portando noi ed il detective privato a capire molte connessioni, in barba al poliziotto incaricato, che tristemente lascia che ad occuparsi del caso sia Marlowe, perché tanto l’omicidio di un nero non interessa a nessuno.

E dopo la meraviglia dell’ambientazione e di una dura storia dalle mille sfaccettature, ecco che non possiamo fare a meno di parlare dei personaggi principali e da qui il passo a considerazioni dal punto di vista sociale e politico non possono non saltare all’occhio.                                    

In primis non possiamo non parlare di questo investigatore privato, che non si fa mai gli affari propri ed è il classico detective che non guadagna mai molto, sempre sulla breccia di vicende che gli piovono un po’ addosso portando guai, scazzottate ed incontri turbolenti con la polizia.                                                      

Chandler dipinge un uomo che può apparire comune di primo acchito, ma che manifesta una sua certa intelligenza intuitiva con un certo qual piacere per peccati piacevoli, seppur alla lunga pericolosi e che indossa la divisa dell’investigatore come una seconda pelle, mantenendo sempre una grande rettitudine morale. Marlowe in quest’avventura ci introduce in un ambiente variegato e povero anche quando la ricchezza sembra sbucare fuori a piè sospinto, facendo in modo che il dolore si senta davvero, e come se la vita di questo detective avesse davvero un senso ed un fondo umano di verità.

Intelligente dicevamo e sensibile all’ambiente che lo circonda, sa adattarsi perfettamente alle situazioni ed alle persone che incontra. Ironico ed iconico quanto basta per attirarsi gli sguardi ammirati del genere femminile, che tratta con aria scanzonata e sardonica, e questo nonostante il fisico non più asciutto a causa, come detto, di passioni travolgenti come il whiskey e le sigarette.    

Nella storia complessa e che deriva dal riutilizzo da parte dell’autore di tre suoi racconti, compaiono gigolò, gangsters, politici corrotti ed ammanicati con la malavita cittadina, classiche femmes fatales con mariti ricchissimi e amorevoli ragazze scapestrate, poliziotti che hanno appeso al chiodo la buona volontà ed il senso di giustizia, poliziotti corrotti e poliziotti che dopo essersi chiariti con l’investigatore privato di turno, alla fine sono in grado di far, se non proprio pareggiare i conti con la giustizia, almeno pendere l’ago della bilancia più dalla parte del bene che del male.

La cifra che più rappresenta l’investigatore e uomo Marlowe, la sua rettitudine e la volontà, anche a costo della propria vita e contro i propri interessi, è il fare sempre il proprio dovere. In una parola, come gli viene anche detto nel romanzo stesso, lui è e rimarrà sempre un idealista. Ed in questo senso, la trasposizione cinematografica del 1975 con Robert Mitchum, una volta letto il romanzo, è un altro must che il lettore più appassionato non può mancare di spuntare.

Ed allora, anche se Chandler si è posto in antitesi con la narrativa poliziesca classica, ad esempio di Van Dine, tanto per citare un nome altisonante, dove l’investigatore è una burattino astratto e inventato al servizio di una realtà poco rappresentativa del lettore comune e della vita reale, resta comunque fermo nel significato principe  che deve avere un giallo classico e cioè la sfida che lo scrittore lancia – sempre – al lettore. In questo senso quindi, ritornando alla domanda di apertura, l’hard-boiled di Chandler resta di una attualità così aderente ai desideri del lettore, da travalicare i decenni ed arrivare intatto nella sua splendida fattezza fino ai giorni nostri.    

A cura di Marina Morassut

libroperamico.blogspot.it

 

Raymond Chandler


Dopo essersi trasferito in Inghilterra e aver compiuto i suoi studi lì, ritorna in America e si stabilisce in California. Inizia a lavorare nel campo petrolifero, ma nel 1933 collabora con la rivista gialla «Black Mask» che aveva lanciato il genere poliziesco d’azione. Nel 1939 pubblica il suo primo romanzo, Il grande sonno. Nel 1943 firma un contratto con la Paramount e inizia a lavorare per il cinema come sceneggiatore (film come La fiamma del peccato, The Unseen e L’altro uomo). Entrato nel tunnel dell’alcolismo, a seguito della morte della moglie, tenta il suicidio. Iniziano i soggiorni in cliniche private per disintossicarsi. Tra gli altri suoi libri ricordiamo I racconti della semplice arte del delitto, Otto storie inedite, Blues di Bay City, L’uomo a cui piacevano i cani e altri racconti, Addio mia amata, La signora nel lago, Il lungo addio,Ancora una notte, editi da Feltrinelli.

 

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