Appartamento 401




Recensione di Annalisa Tomadini


Autore: Yoshida Shūichi

Editore: Feltrinelli Editore

Traduzione: Gala Maria Follaco

Genere: Mistery

Pagine: 240

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Ryōsuke, Kotomi, Mirai, Naoki condividono un appartamento nel quartiere di Setagaya di Tōkyō. La vita scorre tranquilla, senza incidenti né particolari conflitti, come le auto che si inseguono sulla tangenziale e non si scontrano mai. Ma fuori dall’appartamento 401 i quattro giovani si confrontano con le difficoltà del vivere, del comprendere se stessi e individuare il proprio posto nel mondo. Proprio quando un quinto ragazzo, Satoru, va a vivere con loro, nel quartiere iniziano a verificarsi strane aggressioni a giovani donne. Tra forzata intimità e apatica estraneità, la tensione è palpabile, persistente, e si fa strada nel lettore il sospetto che uno dei ragazzi sia coinvolto. Ma la domanda più inquietante è: la vita vera è dentro o fuori dalle mura dell’appartamento? Cinque giovani vite alla deriva nell’immensa Tōkyō, il costante mistero dell’altro, colui che crediamo di conoscere.

Recensione

La trama di questo romanzo si potrebbe riassumere con poche parole: quattro ragazzi tra i venti e i trent’anni condividono un appartamento abbastanza modesto a Tokyo.

Ognuno di questi protagonisti a turno, in un capitolo, racconta la vita quotidiana sua e dei coinquilini dal propriopunto di vista, quindi la vicenda si svolge davanti ai nostri occhi come se la guardassimo, pagina dopo pagina, da angolazioni diverse. Ryō, studia, senza troppa convinzione, all’università. Kotochan, una ragazza bellissima, è venuta a Tokyo per cercare di riprendere i contatti con il suo ex ragazzo, Maruyama, che ora è un attore TV di successo. Mirai fa l’illustratrice e la sera gira per locali bevendo fino a stordirsi.

Una mattina, nell’appartamento compare Satoru, un ragazzo appena diciottenne che vive di espedienti e che finisce per stabilirsi lì. Naoki, il più grande, fa un lavoro che gli piace, è sportivo e salutista, sembra il più risolto. Tutto sembra a posto, nell’appartamento 401, sotto controllo, normale; le giornate trascorrono in una specie di caos tranquillo, tra la spesa al supermercato, i film noleggiati, le serate al karaoke o per locali.

Le cose che accadono fuori i giri poco chiari nell’appartamento 402, perfino le aggressioni che avvengono nel quartiere – sembrano toccare appena il tran tran dei ragazzi. Eppure, ogni volta che uno dei protagonisti racconta con la sua voce, ci svela di sé dei particolari oscuri e dolorosi che agli altri sono completamente ignoti. Se anche sembrano succedere pochi fatti, l’autore riesce a tenere il ritmo e l’attenzione molto alti e questo romanzo si fa divorare.

Perché qualcosa non quadra, perché quasi nessuno è come sembra. E soprattutto questi ragazzi, paradossalmente, fanno in modo di restare, gli uni per gli altri, degli estranei. Le relazioni vengono intenzionalmente mantenute su un piano superficiale, senza alcun coinvolgimento. Vivono insieme, ma non sono amici e anzi evitano di conoscersi in profondità. Ecco cosa dice Mirai:

Quella che viveva lì con loro era la “me dell’appartamento” […]. La vera me, in quell’appartamento, non esisteva. La me che andava d’accordo con gli altri coinquilini (Ryōsuke, Koto, Naoki e Satoru) era la “me dell’appartamento”.

Ma forse anche loro si erano inventati la loro versione “dell’appartamento”. E quindi in realtà non esistevano neanche loro, e quindi nell’appartamento non c’era nessuno.È proprio così: in quell’appartamento tutti si nascondono. Ma, forse, non abbastanza.

Un mistery molto avvincente, in sottofondo la scelta di totale incomunicabilità, con un finale davvero sorprendente e amaro. Da non perdere.

Yoshida Shūichi


Yoshida Shūichi: è nato a Nagasaki nel 1968 e ha studiato Economia alla Hosei University di Tōkyō. Ha vinto il premio Bungakakai per il primo romanzo nel 1997 e il premio Akutagawa nel 2002 con Park Life. Con L’uomo che voleva uccidermi (Feltrinelli 2018) si è aggiudicato i premi Osaragi Jiro e Mainichi Publishing Culture Award, inoltre il romanzo è stato adattato al grande schermo nel 2010 da Lee Sang-il. Appartamento 401 (Feltrinelli, 2019) gli è valso il premio Yamamoto Shūgoro nel 2002 – vinto in passato tra gli altri, da Banana Yoshimoto nel 1989 – ed è stato portato al cinema dal regista Isao Yukisada nel 2009, aggiudicandosi il Premio Fipresci alla sessantesima edizione del Festival di Berlino.