Canto di D’Arco




Recensione di Loredana Gasparri


Autore: Antonio Moresco

Editore: Società Editrice Milanese

Genere: Narrativa italiana

Pagine: 703

Data di pubblicazione: 2019

Sinossi. «Mi chiamo D’Arco e sono uno sbirro morto. Sono in forza da tre anni presso la Centrale di polizia della città dei morti. Sono stato ammazzato una notte durante un’indagine nella città dei vivi, perché sono un detective. O meglio, lo ero: raccoglievo prove, cercavo la verità, consegnavo alla giustizia gli assassini. Adesso non me la sento più di fare le stesse cose, non ho più tempo da perdere». Eppure, D’Arco, tornerà nel mondo dei vivi per completare una missione.

Recensione


avete letto la sinossi, avete preso il libro (se per caso non conoscete ancora Antonio Moresco), avete guardato la bellissima ed essenziale copertina, avete aperto le prime pagine.

Bravi.

Adesso, siete perduti.

Non spaventatevi, non chiamate esorcisti o guaritori spirituali. Non sarete vittime di strane maledizioni, sfortune incomprensibili o anatemi anacronistici. Semplicemente, cambierà la vostra qualità di lettori. Nel momento in cui entrerete nella città dei morti (abbandonate ogni risvolto zombie, qui è proprio fuori luogo) e vi siederete vicino a D’Arco e assisterete al suo colloquio con il misteriosissimo Lazlo, che gli affida una missione, comincerete a salire una scala.

Ai primi gradini, lo sbirro morto e l’autore mantengono una certa oggettività: bisogna parlare di un crimine, efferato e delicato, perché coinvolge bambini. Una quantità immensa, di bambini. E poi, man mano che l’azione prosegue, le due voci sembrano distanziarsi: Lazlo racconta brevemente di com’è morto, riflette amaro su quello che vede, sulla città che lo circonda, si fa domande. L’autore non gli risponde, non è quello il suo ruolo. Descrive, illustra, racconta, e domanda, anche lui. Non dimenticate che è un thriller. Ma è un thriller metafisico… è qualcosa che va oltre. E ve ne accorgerete presto, molto prima di arrivare a nemmeno un terzo della scala che avete iniziato. Andrete oltre le definizioni, oltre il bene e il male, oltre lo sdegno, l’amore, il ribrezzo, la paura, il dolore, la compassione.

Sospenderete ogni giudizio, e non avrete più bisogno di capire e di dare una spiegazione a tutto il male abbondante che sciaborda intorno, come una marea repellente e necessaria, che poi si trasformerà in qualcosa di più forte e inarrestabile nelle ultime parti del romanzo. E troverete persino una forma di accoglienza e di aspettativa, nel male, nei bizzarri assassini efferati di cui è piena la città dei vivi, e anche quella dei morti. Per questo, vi riuscirà difficile ergervi a giudicare, respingere, condannare. Non ci sono bianchi e neri, qui, nonostante le estremizzazioni. Ci sarà un’unica spinta inarrestabile ad andare avanti, a spostarsi, a cercare, a combattere, e lo vedrete bene in D’Arco. Non si stancherà di cacciare e uccidere criminali, anche se, come gli viene detto più volte, questo significa svuotare il mare con un cucchiaio.

Chi sono davvero, quei criminali? E le vittime? E il male?

Dove si trovano queste città inquietanti di vivi e di morti, che sembrano somigliarsi così tanto… ?E… non è che hanno a che fare con noi?

È difficile parlare di Canto di D’Arco nei termini consueti. Esistono libri bellissimi, scritti bene, con storie credibili e che reggono. E poi ci sono i libri come questo, i pezzi unici. Sono quelli che usano le strutture narrative consuete e le piegano flessibili alle loro esigenze con un’apparente e schiacciante facilità, per fare arrivare ai lettori i messaggi più forti, quelli più sconvolgenti e che producono maggiori cambiamenti.

Quelli che i lettori hanno già dentro di sé e che ancora non hanno guardato, per pudore, inconsapevolezza, oppure… paura.

Tutto, in questo romanzo, è forte e potente. Non lascia indifferenti e soprattutto, si scava una sua nicchia nella libreria mentale del lettore e lì rimane, per fare capolino nei momenti più inconsueti.

A cura di Loredana Gasparri

https://www.delfurorediaverlibri.it

 

Antonio Moresco


Sono nato a Mantova il 30 ottobre 1947. La mia infanzia, la mia adolescenza e la mia giovinezza sono state contrassegnate da una condizione famigliare anomala, da grave difficoltà ad apprendere e problematico rapporto con la scuola, da tre anni di seminario e da dieci anni di lotta rivoluzionaria. La mia vita di scrittore è stata contrassegnata da una lunga gestazione sotterranea per il rigetto da parte dell’editoria, Ho esordito a 45 anni con un libro scritto a 30, intitolato Clandestinità. Da allora, passando attraverso molti editori grandi e piccoli, ho pubblicato più di trenta libri, tra i quali: Giochi dell’eternità, opera scritta nell’arco di 35 anni e in tre grandi parti (Gli esordi, Canti del caos, Gli increati), Lettere a nessuno, La lucina, Gli incendiati, I randagi, L’adorazione e la lottaHo scritto per il teatro (La santa, Merda e luce), tre libri per bambini (Le favole della Maria, Piccola fiaba un po’ da ridere e un po’ da piangere, Fiaba Bianca, con illustrazioni di Nina Bunjevac), e alcuni legati alla mia attività di sconfinamento attraverso il cammino (Repubblica nomade e altri). Ho interpretato un film tratto dalla Lucina. Con SEM sono usciti finora Fiabe da Antonio Moresco (con disegni di Nicola Samorì) e Il grido e sono in programma le riproposte di molte delle mie precedenti opere, cominciando con Lo sbrego e Fiaba d’amore del vecchio pazzo e della meravigliosa ragazza morta, insieme alla pubblicazione di altre novità, prima delle quali un thriller metafisico intitolato Canto di D’Arco. Diversi miei libri sono tradotti e in via di traduzione in numerose lingue straniere.

 

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