Cosa rimane




Cosa rimane dei nostri amori


Recensione di Fiorella Carta


Autore: Olimpio Talarico

Genere: giallo

Editore: Aliberti

Pagine: 299

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Il 19 marzo 1964 nel borgo calabrese di Caccuri si festeggia San Giuseppe. Mentre Jacopo Jaconis, musicista e autore di colonne sonore, è a pranzo con la famiglia, un ragazzo, Saverio Marrapodi, viene trovato sgozzato in campagna a pochi chilometri dal paese. In un’abitazione lì vicino c’è anche il corpo senza vita di una vecchia e strana zitella, Ermelinda Guzzo, colpita a morte da un unico colpo di arma da fuoco. Mentre del corpo della fidanzata di Saverio, Silvia Spadafora, non si saprà nulla per molti anni. Il prete di Caccuri, don Marcello Poli, accusa degli omicidi il padre di Jacopo, ex preside del paese e amante della letteratura, una passione quasi maniacale trasmessa ai figli. Jacopo sarà così coinvolto suo malgrado in una lunghissima indagine per scagionare il padre dalle accuse, avendo come unico alleato il maresciallo Nisticò, anch’egli convinto dell’estraneità di Amilcare Jaconis. Sarà per il protagonista uno svelamento lento ma doloroso, che avverrà attraverso confessioni, indizi e tracce lasciati fra i libri, sullo sfondo di un paese che è sempre protagonista, silenzioso e ingombrante. 

Recensione

Queste sono alcune parole di Ferruccio de Bortoli nel proporre questo romanzo al Premio Strega:

È quella di Caccuri, quella di una Calabria genuina e inedita, la provincia che Olimpio Talarico mette in scena tra le pagine di Cosa rimane dei nostri amori, raccontando l’intenso legame tra il borgo crotonese e le storie dei suoi abitanti. Un senso di repulsione e avvicinamento necessario caratterizza questo legame, un legame che ogni lettore riconosce come proprio.”

Chi arriva dal paese, chi tenta una fuga e poi ritorna, sente in questo romanzo, profumi e sensazioni familiari, raccolti in un vicolo fra la Chiesa e il centro, annusati nella strada che separa casa dei tuoi da quella di tua nonna. 

Talarico ha una scrittura che tocca la poesia, dipinge i paesaggi della sua Calabria con colori intensi, piccanti come il peperoncino di Soverato, caldi come il sole che dal mare espande raggi che indagano finestre socchiuse, baretti accaldati che aspettano il pomeriggio inoltrato per animarsi di nuovo. 

È un giallo che indaga fra passato e presente, scassina lucchetti arrugginiti, svolta pagine di cultura. 

Quando il padre di Jacopo viene accusato di un vecchio omicidio avvenuto a Caccuri nel lontano ’64 nel giorno di San Giuseppe, non resta che tornare a casa, riprendere fili lasciati sospesi in un tempo indefinito, per capire, dipanare e domandarsi cosa si nasconda dietro la crudeltà umana. 

Jacopo indaga dunque, da esterno al mestiere fra un avvocato che ci fa ma non ci è e un maresciallo che gli dà carta bianca perché nessuno pensa che Amilcare Jaconis sia davvero il colpevole. 

Un cultore ossessivo dei libri, così tanto da costringere e coinvolgere i suoi figli in letture, cacce al tesoro, citazioni. È talmente immerso nel suo mondo di inchiostro da far capire a Jacopo che dentro alcuni libri sono nascoste verità che non sempre fanno parte solo della finzione.

Jacopo che invece ha fatto della musica il suo mantra, grazie anche a quel maestro diventato famoso eppure ancora rinchiuso nel suo ruolo nella banda del paese, forse per non dimenticare da dove si arriva, forse perché a volte non si è capaci di andare via, anche quando si sta scomodi sul divano di casa propria. 

Caccuri è conchiglia che racchiude un mondo fatto a paese, con personaggi che riconosceresti come tuoi, quando arrivi da un villaggio di poche anime, tutte distinte fra i pettegoli del luogo, la bella di turno, i bambini che giocano per strada che prenderanno il posto dei loro padri nelle botteghe o fuggiranno verso lidi più ambiziosi per poi tornare da divi, stranieri o figliol prodighi. 

Un romanzo che fa parte di una trilogia, il primo dunque di uno scorcio di Calabria in cui spero di tornare al più presto, con le stesse parole e la stessa intensità. 

A cura di Fiorella Carta

 

Olimpio Talarico


Olimpio Talarico crotonese di nascita, vive e cresce a Caccuri (KR). Dal 1994 vive a Bergamo dove insegna materie letterarie. Ha pubblicato i romanzi “Il due di bastoni” selezionato tra i 19 finalisti del “Premio Tropea” e finalista del premio Kriterion città di Avellino e “L’assenza che volevo”, oltre alla raccolta di racconti “Racconti fra Nord e Sud” Rubbettino editore. Fra gli organizzatori del Premio Letterario Caccuri, è responsabile della sezione Saggistica. Con “Amori regalati” ha vinto la XXIV edizione del Premio letterario Città di Cava de’ Tirreni (2017) e il Premio Carver 2017

 

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