Delitto nel campo di girasoli




Recensione di Manuela Fontenova


Autore: Marzia Elisabetta Polacco

Editore: Newton Compton

Genere: Giallo

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 2018

L’estate è una meta tanto ambita dai bambini quanto temuta dai genitori. La fine della scuola! Per i piccoli iniziano mesi di spensieratezza e libertà, per gli adulti invece ogni giornata è un intricato gioco di incastri tra nonni, centri estivi e tentativi di “sdoppiamento”. Faccio questa piccola premessa per introdurvi nella vita dei protagonisti di questa simpatica, e al tempo stesso drammatica, storia di cui vi parlerò.

Mirella Vergari è il vice commissario di un piccolo paesino nelle campagne dell’Umbria, Borghereto, un posto tranquillo, tanto verde e aria buona, il luogo ideale per crescere dei bambini. Tranquillo almeno fino alla domenica mattina in cui Leyla, la figlia dodicenne, non trova il cadavere di una ragazzina in un campo di girasoli. Un omicidio in paese, una bambina, per di più; ma chi può essere stato? La polizia si mette subito all’opera, ma sembra brancolare nel buio: da dove iniziare, quali tracce seguire? La matassa è davvero intricata ma a complicare il lavoro di Mirella c’è Leyla. Sì, perché lei non è come tutte le altre dodicenni: è intuitiva, acuta e curiosa. Si ciba dei gialli di Agatha Christie, sogna un’avventura esaltante… Quale occasione migliore? Proprio grazie al suo fiuto saltano fuori i primi sospettati, ma la vicenda avrà un epilogo molto triste e soprattutto inaspettato.

Un romanzo giallo che vede protagonista un’insolita coppia di investigatrici: una mamma e una figlia, una poliziotta e una bambina. Coppia che si forma quando tutti quegli incastri di cui vi parlavo all’inizio, vanno in frantumi: un lieve malore della nonna che avrebbe dovuto badare a Leyla, un papà pendolare e una mamma che non ha altra scelta, se non portare la figlia in commissariato. Ed ecco che nascono i “problemi”, perché se tua figlia si cala perfettamente nei panni dell’investigatrice e cerca in tutti i modi di collaborare alle indagini, il rischio di invalidare prove, far saltare testimonianze e soprattutto, provocare le ire dell’odiato e incapace commissario Pantasileo, è sempre dietro l’angolo.

Leyla è un personaggio, nel vero senso della parola. È attratta dal mistero, dall’enigma, dal piacere di scovare il colpevole, di vivere un’avventura degna di un bel giallo. Indossa il suo zaino mimetico, in cui non mancano mai salviettine igienizzanti, fazzoletti, cerotti, un cambio e un asciugamano (altro che borsa di Mary Poppins!), inforca la sua bicicletta, che ha chiamato Miss Marple, e parte.

A volte può risultare fastidiosa, perché non obbedisce, si caccia nei guai e mette a dura prova la pazienza di Mirella, ma le sue intuizioni vanno sempre dritte al bersaglio, e la sua vivace ingenuità alla fine vince ogni ritrosia del lettore, soprattutto quando tira fuori qualche battutina ad hoc.

Mirella, al contrario della figlia, è una donna apparentemente severa e burbera, sempre sull’orlo del rimbrotto. Apparentemente, però: in cuor suo non potrebbe essere più distante dalla corazza che presenta agli altri, e che si è costruita negli anni per sfuggire alle lamentele di una madre esigente e ipercritica.

La storia è davvero piacevole, la trama e l’intreccio ci sono e sono credibili, ma ovviamente sono i personaggi la vera forza del romanzo.
Tutte le mattine alle 9 un gruppetto di anziani si riunisce nella piazza di Spinacello, (frazione di Borghereto in cui anche Leyla abita) e commenta i fatti del giorno:

«’N’omicidio proprio qui a Spinacello!» Scosse la testa Schicchera. «Nun ce se crede… Da quant’è che non se sentiva ’na notizia der genere?»

Un piccolo centro con ottocento abitanti, giovani assai pochi, la possibilità di un “siria Kille” pronto a colpire ancora è un fatto sconvolgente ed eccitante per il nostro gruppo di vecchietti che qua e là si intrufolano nella narrazione con le loro chiacchiere e ipotesi.

Tutto questo rende la lettura del romanzo di Marzia Elisabetta Polacco un’esperienza intima e familiare: la simpatia e la genuinità dei suoi personaggi fa quasi dimenticare il vero motore che muove la storia, la ricerca di un assassino. Una bambina è morta e anche Leyla, che con i suoi dodici anni sembra non aver dato importanza a questo fatto, dovrà fare i conti con la morte, con la cattiveria del mondo, con il male che i genitori cercano di non far vedere ai propri figli ma che, inevitabilmente, si affaccia nella vita di tutti i giorni.
Un finale con una sorpresa amara, che apre la strada a tante considerazioni (non posso rendervi partecipi delle mie, pena lo spoiler), non banale e non scontato. È difficile farsi un’idea sul colpevole, le false piste sono sempre le più facili da battere, e di certo non mancano.

So che molti, a questo punto, si chiederanno cosa ci faccia una ragazzina in un’indagine per omicidio. Inizialmente me lo sono chiesta anche io, temevo che l’autrice avesse calcato un po’ troppo la mano sulla figura di Leyla, che alcune situazioni potessero risultare forzate; ma così non è stato. Leyla è puro istinto, è priva di malizia, di pregiudizi: lei è l’occhio senza filtri che Mirella ha chiuso anni fa, è l’ingenuità capace di disarmare la bugie degli adulti. Alcune verità sono così brutte che forse solo un bambino riesce a raccontarle.

Mi fa ben sperare leggere sulla copertina “Un caso per il vice commissario Vergari”; sarei ben felice di ritrovare Mirella e la sua piccola detective in altre appassionanti storie!

Marzia Elisabetta Polacco


Marzia Elisabetta Polacco: Nata a Bari, ha trascorso l’infanzia a Roma, finché a diciassette anni si è trasferita in Germania per inseguire il sogno di diventare una ballerina di danza classica. Due anni dopo è tornata in Italia per finire gli studi e conseguire una laurea in Filologia slava. Dopo aver trascorso lunghi e freddi mesi in Slovenia, ha deciso di seguire il cuore e mettere su famiglia nella ridente campagna umbra. Attualmente insegna danza classica a Orvieto, dove abita in compagnia di quattro gatti e un pazientissimo marito.