Divorziare con stile




Recensione di Marina Morassut


Autore: Diego De Silva

Editore: Einaudi

Genere: Narrativa

Pagine: 392

Anno di pubblicazione: 2017

Sinossi. Mentre vive, Vincenzo Malinconico cerca di capire come la pensa. Per questo discetta su tutto, benché nessuno lo preghi di farlo. Abilissimo nell’analizzare i problemi ma incapace di affrontarli, dotato di un’intelligenza inutile e di un umorismo autoimmune, si abbandona alla divagazione filosofica illuminandoci nell’attimo in cui ci fa saltare sulla sedia dal ridere. Malinconico, insomma, è la sua voce, che riduce ogni avventura a un racconto infinito, ricco di battute fulminanti e di digressioni pretestuose e sublimi. Puri gorgheggi dell’intelletto. Questa volta Vincenzo e la sua voce sono alle prese con due ordini di eventi: il risarcimento del naso di un suo quasi-zio, che in un pomeriggio piovoso è andato a schiantarsi contro la porta a vetri di un tabaccaio; e la causa di separazione di Veronica Starace Tarallo, sensualissima moglie del celebre (al contrario di Malinconico) avvocato Ugo Maria Starace Tarallo, accusata di tradimento virtuale commesso tramite messaggini, che Tarallo (cinico, ricco, spregiudicato e cafone) vorrebbe liquidare con due spiccioli. La Guerra dei Roses tra Veronica e Ugo coinvolgerà Vincenzo (appartenente da anni alla grande famiglia dei divorziati) molto, molto piú del previsto. E una cena con i vecchi compagni di scuola, quasi tutti divorziati, si trasformerà in uno psicodramma collettivo assolutamente esilarante. Perché la vita è fatta anche di separazioni ricorrenti, ma lo stile con cui ci separiamo dalle cose, il modo in cui le lasciamo e riprendiamo a vivere, è – forse – la migliore occasione per capire chi siamo. E non è detto che sia una bella scoperta.

RECENSIONE

Già con la copertina che Einaudi ha studiato per questo romanzo, una donna bella ed elegante in atteggiamento languido e in posa “fatalona” tipo anni ’30 (o anche anni ’60 di certi ambienti), si entra nel vivo della storia, anche se la vicenda è ambientata ai nostri giorni e non sicuramente nel dorato periodo testé citato.

Perché non è proprio possibile negarlo: la protagonista femminile Veronica Starace Tarallo, moglie virtualmente fedifraga nella moderna società di WhatsApp ed affini, è fulcro e catalizzatore di questa vicenda e deus-ex machina per un incontro all’ultimo sangue tra un professionista che sa ancora cosa significhi la parola “etica” ed il suo collega, nonché marito, che in nome del denaro e del potere ha immolato tutto. A dire la verità, protagonista maschile indiscusso è Vincenzo Malinconico, un avvocato napoletano, fine pasticcione e osservatore della vita, mezzatacca un po’ per scelta, oramai alla sua quarta e divertente comparsa nei romanzi di Diego De Silva.

Dovrebbe avere fra le mani due cause all’apparenza molto semplici e che dovrebbero rimpinguare le sue casse… In primis il caso per un risarcimento danni di un suo quasi-zio che si è rotto il naso andando a schiantarsi contro la vetrina di un negozio – vetrina peraltro non segnalata da maniglia o altro; la causa sarebbe dovuta essere rapida e un successone garantito ma tutto si complicherà a causa del Giudice di Pace con un cognome che da solo mette allegria – non parliamo del resto, poi!! – e del collega della parte avversa, Lacalamita, grandissimo asino e figlio di un notissimo avvocato.

Il secondo caso, che gestito in modo diverso e portato avanti con più cattiveria da parte di Malinconico avrebbe potuto cambiargli la vita… Ma come si può, si domanda storditamente Malinconico, soprattutto avendo a che fare con una donna come la rossa e procace Veronica Starace Tarallo, non cercare di fare tutto il possibile per accontentare questa donna, tipica figura femminile di bellona poco intelligente (almeno fino ad un certo punto), che si fa sposare e mantenere dal marito e che dopo averlo tradito tramite WhatsApp, non si accontenta nemmeno delle briciole che il grand’uomo le riserva…!

È impossibile poter riportare tutte le gags esilaranti, tra cui un’intensa e amorevole pubblicità nei confronti di Ikea, che porterebbe i lettori a comperare seduta stante questi mobili componibili solo per poter sorridere e ridere nuovamente al ricordo di quanto letto.

I detrattori di questo romanzo si sono chiesti che trama avesse la storia: perché parte spedita e ben congegnata, lasciando da parte la facilità con cui De Silva ci fa sorridere e riflettere al contempo, ma la vicenda di cui dovrebbe parlare questo romanzo quando inizia davvero?

Eppure basterebbe leggere solo qua e là per capire che De Silva, complice l’ironia, parla ai lettori della vita reale e dei problemi che affliggono l’Italia e il suo popolo:

viviamo in una società isterica che cova rancore e desiderio di rivalsa ma non lo dice, non produce alcun linguaggio antagonista ma mistifica e mente, non si oppone apertamente al nemico e non lo sfida, piuttosto aspetta l’occasione per prenderlo alle spalle o lavora sottobanco per fargliela pagare”.

L’unica parte di cui vorrei discutere con l’autore è il finale che ha deciso per questa vicenda: ma solo per capire la motivazione che l’ha portato a fare la scelta che ha fatto.

Per il resto consiglio ai lettori di godersi questa frizzante e divertente prova di scrittura, dove anche la bellona di turno può assurgere ad un certo qual tipo di intelligenza, seppur mirata al suo tornaconto personale.

Chiudo con un semplice consiglio, preso dal titolo di uno dei capitoli del romanzo: “we can be heroes, just for one day!”, così come farebbe l’avvocato napoletano Vincenzo Malinconico.

Diego De Silva


Diego De Silva (Napoli, 5 febbraio 1964) è uno scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano. Presso Einaudi ha pubblicato i romanzi La donna di scorta (2001, precedentemente pubblicato da Pequod Edizioni nel 1999), Certi bambini (2001, premio selezione Campiello), Voglio guardare (2002), Da un’altra carne (2004), Non avevo capito niente (2007, Premio Napoli; finalista premio Strega), Mia suocera beve (2010), Sono contrario alle emozioni (2011), Mancarsi (2013), Terapia di coppia per amanti (2015), Divorziare con stile (2017). Da Certi bambini è stato tratto nel 2004 il film omonimo diretto dai fratelli  Andrea e Antonio Frazzi, vincitore di numerosi premi nazionali e internazionali, fra cui l’Oscar europeo e due David di Donatello. Scrive anche per il cinema e collabora al quotidiano Il Mattino. I suoi libri sono tradotti in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Grecia, Israele, USA.