Focus sul giallo giapponese. Seconda puntata




Speciale di Salvatore Argiolas


Nel folto novero dei popolari giallisti del Sol Levante emergono i nomi di due famose scrittrici Shizuko Natsuki e Natsuo Kirino che, pur con notevoli differenze nelle tematiche e nello sviluppo delle trame, hanno riscosso uno straordinario successo in patria e sono molto conosciute anche all’estero.

Shizuko Natsuki

Soprannominata la “Agatha Christie giapponese”, Shizuko Natsuki cominciò molto presto a farsi conoscere come scrittrice di mystery venendo candidata al prestigioso premio Edogawa Ranpo Mystery Award per il romanzo “Wataki dake ga shiteru”, quando studiava ancora alla Kejio University.
In seguito Natsuki vinse il premio con “Johatsu” ma il suo libro più famoso è senz’altro “W No higeki” “Murder at Mount Fuji” che divenne subito un film celebre in Giappone.

Come molti gialli nipponici “Murder at Mount Fuji”, purtroppo non ancora tradotto in italiano, mette in rilievo melesseri socieli e conflitti familiari con gelosie, adulteri, divorzi e rivalità per un’eredità.
Esaminando i tentativi dei membri di una facoltosa famiglia di occultare l’omicidio di uno di loro l’autrice effettua un’interessante rappresentazione della borghesia nipponica.

Il titolo originale “W no higeki” “La tragedia di W” è un trasparente omaggio alla quadrilogia di Ellery Queen imperniata sull’attore Drury Lane i cui primi tre libri si intitolano “La tragedia di X”. La tragedia di Y” e “La tragedia di Z”.

In italiano sono stati tradotti soltanto due romanzi, entrambi molto interessanti, “Tempesta d’autunno” e “L’abbandono”.

In “Tempesta d’autunno” Shizuko Natsuki rielabora l’intreccio del celebre “Sconosciuti in treno” di Patricia Highsmith e anche di “La mia morte per la tua” di Nicholas Blake, filtrando queste suggestioni attraverso la sensibilità orientale che le ha permesso di innovare sorprendentemente la trama del romanzo che ispirò il film di Hitchcock “Delitto per delitto”.
Un uomo e una donna si incontrano per caso in albergo di Barbizon, in Francia e un fortuito incidente li porta a confidarsi nel buio della sala e a esternare i loro desideri più nascosti.
Daigo odia un collega scienziato che con il suo comportamento scorretto sta coprendo i responsabili delle morti di alcuni bambini mentre Fumiko vuole vendicarsi di una donna che ha causato una tragedia.
Ben presto l’incontro di una notte in Francia ha delle conseguenze tragiche in Giappone dove la donna si incarica di realizzare i desideri di Daigo e gli chiede di contraccambiare.
Lo scienziato si muove al buio non conoscendo la vera identità di Fumiko e indaga per capire chi deve uccidere per rendere il favore mortale.
Fumiko è sempre più evanescente e guida da lontano le azioni di Daigo che ricorda con malinconia il breve incontro francese.
Diversamente dal noir della Highsmith, i toni sono molto più raffinati e viene analizzato soprattutto l’aspetto psicologico che permea tutta la vicenda assicurando anche diversi colpi di scena decisamente intriganti.
In questo romanzo Shizuko Natsuki introduce anche una delle figure centrali della letteratura giapponese, la dofoku, la femme fatale. Il termine fa la sua apparizione nella seconda metà dell’ottocento, negli anni turbolenti che vedono lo sgretolamento del bafuku, il governo shogunale che aveva assicurato due secoli di pace al paese.

Personificazione delle ansie di una rigida cultura patriarcale, travolta da radicali trasformazioni politico-sociali, questa torbida femme fatale, i cui primi esempi prendono in genere spunto da fatti di cronaca, ben presto diventa una presenza familiare nei romanzi pubblicati su riviste e quotidiani e nelle pieces teatrali fino ai superbi ritratti di Kyoka Izumi e Junichiro Tanizaki.

In epoca moderna, la nascente letteratura poliziesca non potrà esimersi dal fascino esercitato da queste figure ed è interessante notare come anche le scrittrici le ripropongano nelle trame di detective stories più o meno convenzionali. Cfr Paola Scrolavezza “P/Ink Noir: le nuove signore in nero del Giappone contemporaneo”.
“Tempesta d’autunno” con il titolo di “La promesse dell’ombre” vinse in Francia nel 1989 il prestigioso Prix du roman d’aventures.

 

 

 

 

In un’intervista del 1987 la Natsuki rifiutò il titolo di “Agatha Christie giapponese” perché “è un grande onore essere paragonata ad una grande scrittrice come lei, ma molti dei suoi libri fotografavano un’era molto diversa e i suoi romanzi non considerano per niente i problemi sociali diversamente dai miei libri. Al giorno d’oggi i mystery devono riflettere i problemi umani in modo che i lettori possano sentirsi coinvolti e così se si pensa che io assomigli ad Agatha Christie, oltre al fatto superficiale che siamo scrittrici di gialli, devo aver sbagliato qualcosa.”

Questo interesse per il realismo sociale e per l’approfondimento psicologico dei personaggi viene confermato anche dall’altro giallo pubblicato in Italia, “L’abbandono” che affronta il tema del diritto alla salute indipendentemente dal reddito e vede protagonista la giornalista Akiko che durante una ricognizione per un servizio si appassiona al caso di una neonata malata di una malformazione cardiaca. Anche se l’intervento è riuscito sono necessarie diverse cure ed è probabile una nuova operazione.

Anche in questo giallo è presente una dofoku, la madre della bambina, Shiko, una prostituta coinvolta in due strani omicidi, che la disprezza e che vorrebbe abbandonarla.
L’affetto che Akiko nutre per la piccola la porta ad interessarsi anche alla madre snaturata ed a indagare sui delitti che la intrappoleranno in una fitta rete di intrighi e misteri.

L’abbandono” è un romanzo affascinante che coniuga con abilità l’approfondimento psicologico dei personaggi, una trama intrigante arricchita anche da un mistero della camera chiusa e la denuncia sociale di sistema sanitario riservato solo ai ricchi.

Alcuni dei tantissimi romanzi scritti da Shizuko Natsuki sono stati ambientati all’estero come “Yasei Jidai” ambientato principalmente nel nord dell’Inghilterra e “Roma Kyuko Satsujin Jiken”dove l’azione avviene interamente su un treno che viaggia tra Parigi e Roma.
Se la narrativa di Shizuko Natsuki è pienamente coerente con il genere giallo, Natsuo Kirino percorre abitualmente i territori del thriller e dell’hard boiled come con

l’adrenalinico “Pioggia sul viso”suo romanzo d’esordio pubblicato in Giappone nel 1993, che è un buon esempio del genere, ambientato nei posti più ambigui di Tokyo e tra locali BDSM, luoghi infestati dalla Yakuza, la mafia locale e influenze dei neofascisti, la percezione della vita nipponica stride decisamente con gli stereotipi di un popolo tranquillo e dedito solo al lavoro.

Il romanzo si snoda seguendo la ricerca di una scrittrice misteriosamente scomparsa con un bel malloppo sottratto ad un mafioso locale e durante la “quest” ci saranno diverse sorprese e molti incontri particolari in una metropoli strana e dalle mille facce.

A questo proposito mi ha colpito l’inizio del giallo dove la protagonista Miro Murano si alza la mattina e “quando provai ad affacciarmi riuscii a distinguere a malapena il profilo di Shinjukue dei suoi grattacieli avvolti in una densa foschia bianca fin quasi all’altezza del suolo. La visibilità era così scarsa che avevo difficoltà persino a leggere la grande insegna del club a luci rosse Himeyuri, affissa ai primi piani dell’edificio a fianco. A differenza degli altri giorni, si percepiva distintamente il tanfo dell’umidità e dei gas di scarico, nonostante abitassi all’undicesimo piano.”

Questo passo mi ha riportato immediatamente alla mente l’incipit del capolavoro della fantascienza cyberpunk del 1984 “Neuromante” di William Gibson “Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto”. Casualmente, o forse no, il romanzo di Gibson comincia a Chiba, proprio in Giappone.

A mio parere l’unica pecca del noir è la lunghezza. 445 pagine sono troppe per un thriller davvero efficace. “Pioggia sul viso” sarebbe stato perfetto con un centinaio di pagine in meno, saltando di netto certe lungaggini e considerazioni personali della protagonista.

La detective Miro Murano torna in altri tre romanzi, dei quali solo il seguito di “Pioggia sul viso”, “La notte dimenticata dagli angeli”, che è un’indagine nel mondo della pornografia e degli snuff-movie, è stato pubblicato in Italia.

 

Natsuo Kirino

Il più grande successo di Natsuo Kirino è senz’altro “Le quattro casalinghe di Tokyo”, un noir a foste tinte che sconfina a tratti nell’horror e che mette in primo piano la ribellione femminile alla tradizionale subalternità nei confronti dei maschi.

Romanzo che ricorda certi noir di Cornell Woolrich, le quattro casalinghe di Tokyo” racconta il delitto di Yaojoi che, stanca di subire l’insolente marito lo strangola e con l’aiuto di tre sue amiche seziona il cadavere e ne disperde i pezzi.

La narrativa di Natsuo Kirino travalica il genere noir e vuole essere una cartina di tornasole sugli aspetti più oscuri e nascosti della società nipponica.

Anche gli altri suoi libri, a partire da “Una storia crudele”, passando a “Morbide guance” per finire con “Real World” sono tappe di un percorso che mostra tutte le zone di faglia di una società fieramente ingessata nelle abitudini millenarie, stratificatesi per accumulazioni di comportamenti e di stili di vita completamente diversi e incomprensibili agli occidentali.

Natsuo Kirino cerca proprio di raccontare il suo Paese in un momento di grande trasformazione, mentre tenta di scrollarsi di dosso le rigide strutture feudali e cerca di trovare un nuovo stile di vita ma che nel frattempo non ha ancora trovato un punto d’equilibrio e di conferma “l’unica voce innovativa della letteratura giapponese degli ultimi vent’anni”.

La scrittrice giapponese dopo un soggiorno a Napoli decise di ambientare nella città partenopea il suo recente libro “Yoru mata yoru no fukai yoru”(Notte, di nuovo notte).