Il grande me




Recensione di Anna Sonatore


Autore: Anna Giurickovic Dato

Editore: Fazi Editore

Genere: Narrativa

Pagine: 230

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Simone, davanti alla consapevolezza di una morte certa, viene raggiunto a Milano dai suoi tre figli, dopo molti anni di lontananza. È l’inizio di un periodo doloroso, ma per Carla si tratta anche dell’ultima occasione per recuperare del tempo con suo padre. Simone, angosciato dal pensiero di aver fallito e di non poter più cambiare il suo passato, ripercorre le tappe della propria eccentrica esistenza, vissuta con grande passione e voracità. Mentre la sua lucidità mentale vacilla sempre più, vuole usare il poco tempo che gli resta anche per rimediare a vecchi errori e confessa ai figli un segreto. In Carla e i suoi fratelli riaffiorano ricordi di anni lontani, i momenti dell’infanzia in cui la famiglia era ancora unita e quelli legati alla separazione dei genitori, nel tentativo di ricostruire una verità dai contorni sempre più incerti. I ragazzi non possono far altro che assecondare il padre, tra realtà e delirio, mentre la malattia si dilata richiedendo sempre più attenzioni e occupando la totalità delle loro giornate. Inizia così una ricerca – anche interiore – dai risvolti inaspettati, che porterà Carla e la sua famiglia a scontrarsi con un’ulteriore dura realtà, oltre a quella della vita e della morte. Sarà un confronto necessario, che Carla ha cercato e allo stesso tempo sfuggito per anni, ma che ora dovrà affrontare con tutta la forza di cui è capace.

Recensione

Come parlarvi di questo libro e rendergli completamente giustizia?  Anna Giurickovic Dato ha scritto per noi un libro amaro, malinconico e tremendamente spietato, come solo la vita sa essere. Un libro non per tutti ma che tutti dovrebbero leggere. Un figlio può accettare la morte del padre tanto amato?

Può un figlio vedere il proprio genitore consumarsi lentamente da una malattia che non lascia scampo, accettando di non poter fare nulla per arrestare questo terribile procedimento? No, non può ma deve!

L’inizio preannuncia la fine, il che porta a pensare che questo romanzo non possa dare nulla e invece state per leggere una delle storie più toccanti della vostra vita.

Una famiglia separata, divisa tra due città; Roma e Milano. Simone, padre straordinario, un gigante dai folti baffi neri, sta combattendo contro un male invincibile. Carla e i suoi fratelli si trasferiscono per stargli vicino in questo momento cruciale. Contano i giorni, il tempo è un bene che non può essere sprecato e la verità si veste di menzogna e tutto quello che si prova deve essere infiocchettato, sorrisi e amore è tutto quello che si deve trasmettere.  

Siamo gli addetti all’allegria e conduciamo il nostro lavoro con scrupolo. Creiamo l’armonia con l’inganno, disertiamo la verità con orgoglio e con essa l’amore, che sa essere vero e si lascia vivere, ormai, soltanto come una vicenda privata, nella solitudine.”

Anna Giurickovic Dato non racconta solo di Simone come padre, malato terminale, ma percorre la sua vita fin da quando era un bambino. Strato dopo strato ci fa conoscere questo padre, figlio, marito. Attraverso le pagine, condivide con noi l’amore di Simone per la lettura, sia come isolamento, che come salvezza.  

Amavo la mia solitudine e al contempo ne ero vittima. Così cominciai a leggere, uno per uno, tutti i libri della biblioteca di saggistica del nonno. Il primo, lo ricordo bene, fu Nuove speranze in un mondo che cambia, di Bertrand Russell: non capii quasi una parola, mi mi piacque molto, perché avevo la sensazione di intraprendere un’impresa importante, di costruirmi un’intelligenza più fine e più articolata rispetto a quella degli altri ragazzi. Credevo che proprio in quell’incomprensione stessi dando forma a un senso, al di là del significato: già questo bastava a farmi sentire più ingegnoso degli altri e, quindi, unico; se un libro è capace di farti sentire così, non serve comprenderlo a pieno per decidere di averlo apprezzato. Così ho continuato con Elogio dell’ozio, Perché gli uomini fanno la guerra, La conquista della felicità, Saggi scettici, e quando i titoli di Russell sono finiti, sono passato ad altri, sempre non capendo, e forse nemmeno desideravo capire, volevo impossessarmene; comprendevo che ciò che leggevo non sarebbe andato perduto, in qualche modo avrebbe avuto conseguenze non indifferenti dentro di me ed era all’idea di quelle stesse conseguenze che io mi affezionavo.”

Un percorso veloce e lento allo stesso tempo, le giornate vengono centellinate, ogni attimo è prezioso, ogni secondo è lento e doloroso. Il romanzo si svolge in questa sorta di limbo, la gioia della presenza, dei piccoli gesti condivisi e l’immenso dolore che ognuno di esso comporta. Simone non dovrà fare conti solo con la sua malattia, dovrà confrontarsi anche con il ricordo di sé, il ragazzo pieno di progetti e di vita. Il riflesso di quello che voleva essere e di quello che è, una vita piena di libri e di canzoni che va a sgretolarsi contro un destino senza scrupoli.

Non ha scrupoli nemmeno verso il passato che pretende di essere scoperto, non c’è scampo nemmeno per i rimorsi. Questo romanzo ci dà modo di vivere la figura del padre in tutta la sua interezza, di come spesso lo diamo per scontato, o semplicemente ci fa comodo così.

Ho trascurato lui e nient’altro, per anni l’ho lasciato qui solo, nella sua tana di depressione dove si illudeva di stare bene. E anche io, per comodità e nient’altro, mi illudevo che stesse bene.”

Ogni pagina è di forte impatto, le reazioni mentali di Carla sono oltremodo umane. Pensieri aggressivi, dolorosi, egoistici, un turbine di tutto quello che una persona può provare in una vita intera, viene vissuto in un breve periodo. La pressione psicologica è incalcolabile; è in questi momenti che la mente è costretta a scatti poco razionali per poter sopravvivere e il personaggio di Carla viene usato magistralmente per mostrarceli senza filtri.

Al lettore non spetta altro che farsi trascinare dall’irruenza degli avvenimenti, ed è qui che la bravura di Anna Giurickovic Dato si rivela a noi. La sua scrittura è fluida e aggressiva, dolce e disturbante; mi chiedo, quanto possa essere stato difficile scrivere un libro così?! Portarci al capezzale del proprio padre, farlo sorridere quando non c’è nulla per cui sorridere. Pretendere, inconsciamente, di essere ancora la figlia e non il genitore che accudisce, silenziosamente. Carla, per quanto possa essere padre in questa tristissima circostanza, resta pur sempre figlia. Una figlia sull’orlo di un precipizio a cui non si può sfuggire. Come si può sfuggire ad un dolore che ti aspetta pazientemente dietro l’angolo? Non resta che farsi coraggio e avanzare, andargli incontro, anche se la mente vorrebbe solo sfuggirgli…

Non è il mestiere dei figli essere padri.”

Il grande me è una poesia amara, un romanzo devastante carico di vita. Di vita vissuta e di quella che si voleva vivere; un romanzo che parla di speranze future e di un passato che a morsi cerca di raggiungere quell’istante prima della fine per essere rivelato.

Ci sono argomenti che toccarli diventa rischioso, ma se si ha la bravura di Anna Giurickovic Dato non c’è nessuna probabilità che si cada nel banale, lei eleva il dolore e ne fa forza anche quando di forza non se ne ha. C’è una bellezza unica tra queste pagine, spero che senza indugi vi ci tufferete dentro, ne uscirete più ricchi e più forti di prima.
Buona lettura.

 

 

Anna Giurickovic Dato


È nata a Catania nel 1989, ma vive tra Roma e Parigi. È avvocato, ha un dottorato in Diritto pubblico ed è sceneggiatrice. Il suo romanzo d’esordio, La figlia femmina (Fazi Editore, 2017), è arrivato finalista al Premio Brancati 2018 ed è stato tradotto all’estero in cinque paesi tra cui Francia, Germania e Spagna, ottenendo un largo successo di critica e pubblico. Il grande me è il suo secondo romanzo.

 

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