Il paradiso




Il paradiso non ha un angolo retto


Recensione di Gabriele Loddo


Autore: Paola Iannelli

Editore: Homo Scrivens

Genere: romanzo giallo

Pagine: 160

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. La dipendenza da un uomo affascinante, una crisi d’identità, l’apparenza. Il profilo di una giovane aristocratica napoletana, Maria Vittoria D’Orta e il suo legame malato. Due carabinieri della stazione di Largo Ferrandina a Chiaja coinvolti in un’indagine complessa. Pochi indizi, poche tracce. L’intuito del vecchio cronista di nera che stravolge gli ordini. Napoli è palcoscenico ideale per questo noir dai contorni sfumati, con i suoi antichi cortili, gli archi e luoghi di immenso valore storico: qui le donne sono vittime e carnefici, in un intreccio di colpi di scena.

Recensione

Gaetano Sbarbaglia è un chirurgo estetico di grande fama che vive e opera nella città di Napoli. Le sue pazienti sono esclusivamente donne e, tutte, soffrono di un grave stato di obesità.

Sbarbaglia è ritenuto il genio delle diete dimagranti, degli interventi chirurgici e delle pompe meccaniche. Queste ultime sono complessi dispositivi che, inseriti nello stomaco, limitano l’assunzione del cibo. Ad ogni modo, chiunque si affidi alle sue cure, perde centimetri e chili di peso, recupera leggerezza e le forme eleganti dell’età giovanile. Purtroppo, proprio la mattina in cui il brigadiere Titta Longano prende servizio alla stazione dei Carabinieri di Largo Ferrandina a Chiaja, il corpo di Sbarbaglia viene rinvenuto privo di vita nel suo studio privato.

A prima vista il medico appare deceduto per morte naturale. Solo la presenza di un lungo taglio sul collo fa emergere dubbi, e sospetti, nella mente di chi indaga: il maresciallo Vittorio De Mattei e lastessa Titta Longano. La lesione non è profonda, di certo non è la causa che ha condotto a morte il chirurgo, per cui i carabinieri sono portati a pensare si tratti di uno sfregio, di un simbolo che indichi la firma, e l’esistenza, di un potenziale assassino. I due decidono di indagare sulla vita del medico, sulle sue abitudini e sulla sua particolare clientela, e più scavano nel suo passato più fanno emergere verità scottanti da instillare il sospetto che possa esserci un’inversione dei ruoli tra chi siala vittima e chi il vero carnefice.

Paola Iannelli è l’autrice di un romanzo articolato e complesso. Alterna un linguaggio asciutto, più caratteristico per un giallo classico, a descrizioni che scavano nella psiche e nelle turbe dei personaggi, fatte di colori e soluzioni impreviste, proprie di uno stile più moderno e sperimentale. La capacità nel saper gestire e dosare tanto l’uno quanto l’altro, manifestano la grande abilità della scrittrice che ha di sicuro raggiunto un’ottima maturità narrativa. La trama coinvolge. La struttura e le soluzioni ideate portano a sospettare dei diversi personaggi e ad affibbiare loro, di volta in volta, il ruolo dell’assassino, finché negli ultimi capitoli non si arriva alla soluzione. Finale che riserva una bella sorpresa.

 


INTERVISTA

Tra le varie sottotrame emerge il tema dell’amore: quello agognato e non corrisposto per Vittorio, per Lucietta o per Jennifer, quello prevaricatore per Sbarbaglia, quello dipendente e sottomesso di Maria Vittoria. Leggendo la tua biografia ho appreso che buona parte della tua formazione è di derivazione spagnola. Quanto ritieni abbia influenzato questa formazione, notoriamente passionale, sulla tua scrittura?

il realismo magico degli scrittori sudamericani ha influenzato molto la mia scrittura. Sono nata e cresciuta assaporando paesaggi e realtà a me sconosciuti, dove struggenti storie d’amore e funeste realtà di vita viaggiavano su binari paralleli, illustrando panorami sensoriali unici. Il fascino misterioso che esercita la mia Napoli, gli odori, i sapori, i colori della mia ne costituiscono una cornice ideale per ambientare storie nere. I chiaroscuri della metropoli partenopea possono essere paragonati ai labirinti intricati e misteriosi delle foreste d’oltreoceano. Nel linguaggio poi l’uso del verso lirico e i continui riferimenti metaforici sono un espediente stilistico, a mio parere, ideale per avvicinare il cuore all’anima.

Altra sottotrama: da cosa nasce l’idea di inserire il tema dell’obesità (e dell’anoressia come conseguenza della sua cura)? Mi spiego meglio, è un argomento funzionale all’indagine o, al contrario, è un argomento che ti suscita un interesse emotivo, tale da avergli voluto costruire attorno il romanzo?

Il tema dell’obesità è il fulcro intorno al quale si muove l’intera vicenda, seguita dall’inevitabile diminuzione della fiducia in sé stessi. Sono convinta che la strada per superare i fenomeni noti come body shaming sia molto faticosa, ma non impossibile. La coincidenza dello spessore della propria personalità spesso cozza con l’immagine esteriore, che a volte non viene interpretata nella giusta chiave. Noi donne seguiamo da troppo tempo dettami estetici che si fondano su modelli spesso lontani dalla realtà. Le vittime di questa storia nera sono il simbolo delle conseguenze estreme di comportamenti alimentari scorretti. Per compensare questi profili di donne ho volutamente inserire Jennifer e Lucietta, ad esempio che non seguono le mode, eppure esprimono una sofferenza interiore altrettanto evidente.

Ho trovato il tuo stile “moderno e sperimentale”, dai molto spazio alla personalità dei protagonisti, alla loro psiche, alle sottotrame (anoressia/obesità, amore/passione/dipendenza); pensi per il futuro di proseguire sulla strada del giallo o di avventurarti anche in questi generi che possano ampliare le possibilità di ricerca e sperimentazione?

Ti ringrazio per avermi fatto questa domanda, in realtà le storie narrate, in cui uno o più delitti, sono al centro della scena, appartengono tutte al crime story, ossia sono racconti che hanno al loro interno il rosa, il giallo, il nero e forse tutti i colori. Cantare le gesta e i drammi degli uomini è un’arte antica e noi scrittori post moderni non abbiamo inventato nulla di nuovo. Per cui posso dire che per il momento mi affascina scrivere noir, trovo stimolante la creazione di personaggi neri. Per quanto riguarda lo stile sperimentale penso che sia una cifra narrativa la mia che nasce dal flusso di coscienza, che cerco invano di arginare seguendo tecniche scrittorie precise, ma senza dubbio l’incoscienza dell’irrazionalità e dell’imprevedibilità dei pensieri spesso prende il sopravvento. I passaggi continui tra l’Io narrante e la terza persona è ispirato proprio a ciò, balzando da un angolo all’altro di un paradiso, che come una chimera lancia segnali salvifici in nome di una speranza futura.

 

Paola Iannelli


Docente di lingua e letteratura spagnola, Paola Iannelli ha iniziato a scrivere articoli in ambito accademico, ha svolto una tesi di dottorato sul noir partenopeo post moderno presso l’Università di Salamanca. Attualmente fa parte del gruppo di scrittori della bottega di “Homo Scrivens” e collabora con Quicampiflegrei e con ThrillerNord e non solo. Scrive racconti brevi per le riviste “Edgar” e “Resistenza civile”, oltre a pubblicare recensioni per la casa editrice. È stata selezionata dalla rivista Mondadori “Donna Moderna” rispondendo alla chiamata di un concorso diretto alle donne che hanno realizzato durante il lockdown un nuovo progetto professionale. Ha ricevuto vari riconoscimenti letterari, è stata scelta dalla trasmissione “Plot Machine” di Rai Radio1 per uno dei migliori miniplot creati nel 2020.

 

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