Il più grande




Il più grande spettacolo del mondo


Recensione di Sara Ammenti


Autore: Don Robertson

Traduzione: Nicola Manuppelli

Editore: Nutrimenti

Genere: Narrativa

Pagine: 280

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. È il 1944, l’America è impegnata nella guerra in Europa e nel Pacifico, il cibo, la benzina e le sigarette sono razionati, la gente commenta le notizie che provengono dal fronte, ma allo stesso tempo sogna con i film di Veronica Lake e Alan Ladd e si esalta assistendo alle partite di baseball che continuano a scandire il ritmo della vita. A Cleveland, un bambino di nove anni di nome Morris Bird III si interroga sull’amore e l’amicizia, sull’onore e il coraggio. Quel coraggio che torna spesso nelle parole di sua nonna e nei discorsi della sua insegnante, la signora Dallas. Che cosa significa avere coraggio? E cosa può fare un ragazzino come lui per dimostrarsi all’altezza di figure come il presidente Roosevelt, o come Ulysses S. Grant, il vecchio generale della Guerra Civile di cui ha studiato le gesta a scuola, o persino di Hank Moore, quel ragazzo di tre anni più grande che si allena ogni sera per diventare un campione di baseball? Così, quando il suo amico Stanley Chaloupka lascia il quartiere per trasferirsi più a nord, vicino al lago, Morris Bird III prende la sua decisione: andrà a trovarlo, da solo, senza dire niente ai genitori e alla nonna. In un venerdì di ottobre, parte a piedi per il suo viaggio: sono poche miglia attraverso la città, ma si trasformeranno in una traversata epica, e in una giornata impossibile da dimenticare.

Recensione

Don Robertson rientra a pieno titolo tra gli scrittori americani caduti in fondo al cassetto e dimenticati per anni, fino al giorno in cui qualche bravo editore, nel nostro caso la casa editrice Nutrimenti, grazie ad un sapiente lavoro di scouting e ad un ottima traduzione, quella di Nicola Manuppelli, decide di rilanciarlo.

Il più grande spettacolo del mondo è il primo di una serie di romanzi che hanno come protagonista il giovane Morris Bird III, un bambino nato e cresciuto nell’America degli anni ’40, precisamente a Cleveland (Ohio), dove vive con i suoi genitori, la nonna e la sorellina Sandra. Un romanzo di formazione, dunque, perfettamente in linea con i grandi esponenti di questo genere letterario, da Mark Twain a Dickens, ma con un taglio più fresco e realista che ci riporta alla mente le considerazioni profonde e stravaganti de Il giovane Holden, ma anche la vivacità e l’intelligenza del piccolo Oskar Shell di Molto forte, incredibilmente vicino.

C’è tutto questo nel piccolo Morris, un bambino che decide di sfidare se stesso e mettersi alla prova, non sapendo che il destino gli metterà davanti una serie di ostacoli ben più grandi di quelli che aveva pianificato. Morris scoprirà di essere mpiù maturo e coraggioso di quanto credeva e ne darà piena dimostrazione anche a quanti intorno a lui lo credevano ancora un bambino.

Il romanzo è ambientato negli anni della Seconda Guerra Mondiale ma dobbiamo tenere presente che l’autore lo pubblica nel 1965, gli anni in cui in America cominciano a prendere voce forti denunce sociali attraverso la letteratura, gli anni di Susan Sontag, John Updike, Gore Vidal, i reportage in stile “Cold Blood”, per non parlare di tutto il filone della Beat Generation, nato negli anni ’50 ma che ora si fa via via più consapevole, alimentato da gravi tensioni sociali, violente sommosse nei ghetti urbani, dall’impegno ideologico e sociale sempre più vivo e presente anche in letteratura. Forse si tratta solo dell’autore giusto nel momento sbagliato insomma e, come spesso accade, il tempo può essere spietato.

Ma Don Robertson va assolutamente rivalutato perché è uno scrittore con una forza straordinaria. Il lavoro che fa con Il più grande spettacolo del mondo dal punto di vista narrativo è davvero ammirevole e lascia trasparire anche il lato giornalistico dell’autore.

Pensate a un bambino di 9 anni che, armato di tutto il coraggio che ha a disposizione, prende sua sorella, la carica sul mitico carretto Crimson Streak e si mette in marcia per raggiungere il suo migliore amico che si è trasferito in un altro quartiere.

Con estrema naturalezza l’autore ci mette sui passi del bambino e nel frattempo, come girando il capo a destra e sinistra quando si cammina in strade incerte e si tengono i sensi all’erta per non perdere l’orientamento, ci lascia sbirciare dentro alle finestre e alle vite di altre famiglie, altre case, altre storie che presto si incroceranno a causa di un unico tragico evento.

Il risultato è un affresco ben dipinto dell’America degli anni ’40, con tutti suoi credo e le sue contraddizioni, vista dagli occhi di un piccolo eroe quotidiano. La prosa è davvero scorrevole e i dialoghi sono brevi ma molto funzionali; disegnano personaggi dal carattere preciso e distinguibile. Nessuna descrizione è casuale, nessun personaggio, anche se appena accennato, rimane incompiuto. Particolarmente riuscita è la resa narrativa del momento dell’esplosione, un climax di avvenimenti e sensazioni che si insinuano tra le righe, sibilanti come il gas che fuoriesce dai serbatoi, e infine esplodono nell’incubo di un fuoco che sembra bruciare sulla pelle del lettore.

Non ci resta, dunque, che aspettare fiduciosi il seguito di questa bellissima trilogia per seguire le vicende di Morris Bird III e di chi, insieme lui, popola queste bellissime pagine.

A cura di Sara Ammenti

instagram.com/sara.nei.libri

 

Don Robertson


(1929-1999), nativo di Cleveland, Ohio, autore di diciotto libri, ha goduto per più di un decennio di un grande successo in America, al punto che uno dei suoi romanzi, The Greatest Thing That Almost Happened, divenne un film per la televisione nel 1977. All’attività di scrittore, che gli valse il Putnam Award e il Cleveland Arts Prize for Literature, ha sempre affiancato il lavoro di giornalista. Senza mai smettere di scrivere, si è allontanato progressivamente dall’ambiente letterario, anche a causa di gravi problemi di salute, fino a venirne dimenticato.

 

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