Il signor Cardinaud




Recensione di Salvatore Argiolas


Autore: Georges Simenon

Traduzione: Sergio Arecco

Editore: Adelphi

Genere: Narrativa

Pagine: 136

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. “Lui non aveva ancora quindici anni e già l’amava. Non come si ama una donna ma come si ama un essere inaccessibile. Come, al tempo della prima comunione, aveva amato la Madonna”. Alla fine Hubert Cardinaud è riuscito a sposarla, quella Marthe «di cui tutti dicevano che si dava delle arie». Così com’è riuscito, lui, il figlio del cestaio, a diventare un distinto impiegato: uno che la domenica, all’uscita della messa, scambia saluti compunti e soddisfatti con i conoscenti e poi, dopo essersi fermato in pasticceria a comprare un dolce, torna a casa dove la moglie sta cuocendo l’arrosto con le patate. Una domenica, però, trova l’arrosto bruciato e la casa vuota – e gli crolla il mondo addosso. Non gli ci vorrà molto per scoprire che Marthe se n’è andata con un poco di buono, e che tutti in città lo sanno, e lo compatiscono, e pensano che sia un uomo «finito, annientato». E invece no. Hubert decide di ritrovare Marthe, a ogni costo, di bere «il calice fino alla feccia». Simile a «una formica ostinata che segue ostinatamente la sua strada, il suo destino, e che, ogni volta che il carico le sfugge, lo afferra di nuovo, pur essendo quel carico più grosso di lei», andrà a cercare Marthe, perché il suo posto è lì, «accanto a lui e ai bambini», e perché confida «nel trionfo del bene sul male, nella supremazia dell’ordine sul disordine» – «nell’inevitabile, fatale armonia». Con la consueta acutezza psicologica, e una sorta di ammirata partecipazione, Simenon ci racconta di un amore eroico, capace di non indietreggiare di fronte al tradimento e alla vergogna.

Recensione

Georges Simenon è stato un autore molto prolifico, avendo scritto circa 400 romanzi (circa 200 firmati Simenon mentre gli altri con 23 pseudonimi diversi) e più di mille racconti. Di questa sterminata produzione ben 76 romanzi sono dedicati al suo personaggio più celebre Jules Maigret.

Questi gialli ambientati per la maggior parte a Parigi vennero distinti dagli altri senza il commissario che Simenon chiamò romanzi-romanzi o romanzi duri.

Tra i romanzi di Maigret e i romanzi-romanzi non c’è alcuna differenza di stile o di ricercatezza linguistica perché Simenon usa in tutte le sue opere un tono amichevole e colloquiale simile a quello usato quando, sedicenne, giornalista alle prime armi della Gazette de Liege stupiva tutti i lettori con deliziose storie di cani.

Sono tante le somiglianze tra i due grandi gruppi di romanzi di Simenon: per esempio, non sono voluminosi, sono tutti libri piuttosto contenuti perché lo scrittore belga aveva l’intento di costruire una complessa “commedia umana” che mettesse in vista con spietata chiarezza i risvolti più intimi e nascosti degli uomini e per questo non aveva bisogno di tante pagine, lavorando molto sulla parola che doveva essere contemporaneamente la più precisa possibile ma anche la più comprensibile e perciò più comune.

Simenon è stato sempre considerato un giallista e questo ha avuto diverse conseguenze.

I suoi libri sono stati visti e venduti come storie poliziesche e questo gli ha consentito all’inizio della sua nuova produzione di far conoscere i romanzi-romanzi al grande pubblico.

Il suo primo romanzo duro “La locanda d’Alsazia” del 1931 è stato venduto come giallo per tanti anni. Io ne possiedo una copia del 1949 sempre pubblicata nei Gialli Mondadori.

Questa volontà di immaginare Simenon come scrittore di gialli e questa tendenza si nota anche nel romanzo “Il signor Cardinaud” del 1941 che per tanto tempo è stato intitolato “Sangue alla testa” mentre la vicenda narrata è molto lontana da quella fatta immaginare dal primo titolo italiano mentre quello recente scelto da Adelphi è molto più aderente a quello originale “Le fils Cardinaud”.

Simenon in questo romanzo scritto a trentotto anni mostra una grnde perizia ed una capacità unica di penetrare nei moti del cuore umano e per fare questo non ha bisogno di riferimenti storici o di ambiente. Pensiamo alla Francia nel 1941 che era divisa in due zone, una occupata direttamente dai nazisti e la seconda governata dallo Stato Francese collaborazionista con i tedeschi ma nel romanzo questa oppressione straniera non si percepisce minimamente.

Simenon si occupa solo del signor Cardinaud che ci presenta nel modo più familiare possibile, mentre una domenica compra delle paste da portare a casa dove lo aspettano la moglie e la figlia “contento di essere la persona che era, di trovarsi lì, di quanto aveva fatto dal giorno della prima comunione, contento di quanto aveva fatto dal giorno del suo matrimonio”.

La sua felicità finisce quando a casa e non sente lo sfrigolio delle patate fritte che pregustava ma la puzza di arrosto bruciato e vede uscire fumo bluastro dalla cucina.

Dopo un breve periodo di sconcerto capisce che l’amata moglie l’ha lasciato. Il colpo lo tramortisce anche perché scopre che gli ha sottratto tremila franchi che gli servivano per pagare il mutuo della casa nuova.

Cardinaud non nasconde niente e si consulta con tutti anche con i genitori che lo invitano a pranzo. “E quello che mangiava sapeva di lacrime e di infanzia”.

Da questo momento Cardinaud è scisso tra il ricordo del passato e la ricerca della moglie che vuole ritrovare per riportarla in famiglia e lo fa con tenacia ed a fronte alta.

Cardinaud, impiegato che si vanta di essere il primo della sua famiglia a diventare piccolo-borghese, si mette in ferie per rintracciare la moglie ma soprattutto per  ritrovare il rispetto perduto e per farlo perlustra tutta la regione della Vandea.

Simenon non giudica il signor Cardinaud ma vuole conoscerlo, anzi vuole farcelo conoscere con tutte le oscillazioni del suo animo, tutte le sue azioni anche quelle strane o a prima vista incomprensibili.

Nel giro di una settimana Cardinaud termina la sua indagine venendo a contatto anche con il mondo criminale e seguendolo Simenon disegna un paesaggio umano e geografico di grande interesse, mostrando sia la Francia profonda che il paesaggio che più gli interessa, quello interiore: l’anima dell’uomo, con i suoi sentimenti, vizi e debolezze.

Come scrisse il celebre premio Nobel André Gide:
“I libri di Simenon sono come brani musicali, con la ripresa, alla fine del tema iniziale, arricchito e reso corposo dall’odore dei temi sollevati nel corso del racconto”

 

 

Georges Simenon


Georges Simenon: Romanziere francese di origine belga. La sua vastissima produzione (circa 500 romanzi) occupa un posto di primo piano nella narrativa europea.
Grande importanza ha poi all’interno del genere poliziesco, grazie soprattutto al celebre personaggio del commissario Maigret. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i settecento milioni di copie. Secondo l’Index Translationum, un database curato dall’UNESCO, Georges Simenon è il quindicesimo autore più tradotto di sempre. Grande lettore fin da ragazzo in particolare di Dumas, Dickens, Balzac, Stendhal, Conrad e Stevenson, e dei classici. Nel 1919 entra come cronista alla «Gazette de Liège», dove rimane per oltre tre anni firmando con lo pseudonimo di Georges Sim. Contemporaneamente collabora con altre riviste e all’età di diciotto anni pubblica il suo primo romanzo. Dopo la morte del padre, nel 1922, si trasferisce a Parigi dove inizia a scrivere utilizzando vari pseudonimi; già nel 1923 collabora con una serie di riviste pubblicando racconti settimanali: la sua produzione è notevole e nell’arco di 3 anni scrive oltre 750 racconti. Intraprende poi la strada del romanzo popolare e tra il 1925 e il 1930 pubblica oltre 170 romanzi sotto vari pseudonimi e con vari editori: anni di apprendistato prima di dedicarsi a una letteratura di maggior impegno.
Nel 1929, in una serie di novelle scritte per la rivista «Détective», appare per la prima volta il personaggio del Commissario Maigret. Nel 1931, si avvicina al mondo del cinema: Jean Renoir e Jean Tarride producono i primi due film tratti da sue opere. Con la prima moglie Régine Renchon, intraprende lunghi viaggi per tutti gli anni trenta. Nel 1939 nasce il primo figlio, Marc. Nel 1940 si trasferisce a Fontenay-le-Comte in Vandea: durante la guerra si occupa dell’assistenza dei rifugiati belgi e intrattiene una lunga corrispondenza con André Gide. A causa di un’errata diagnosi medica, Simenon si convince di essere gravemente malato e scrive, come testamento, le sue memorie, dedicate al figlio Marc e raccolte nel romanzo autobiografico “Pedigree”. Accuse di collaborazionismo, poi rivelatesi infondate, lo inducono a trasferirsi negli Stati Uniti, dove conosce Denyse Ouimet che diventerà sua seconda moglie e madre di suoi tre figli. Torna in Europa negli anni Cinquanta, prima in Costa azzurra e poi in Svizzera, a Epalinges nei dintorni di Losanna.
Nel 1960 presiede la giuria della tredicesima edizione del festival di Cannes: viene assegnata la Palma d’oro a La dolce vita di Federico Fellini con cui avrà una lunga e duratura amicizia. Dopo pochi anni Simenon si separa da Denyse Ouimet.  Nel 1972 lo scrittore annuncia che non avrebbe mai più scritto, e infatti inizia l’epoca dei dettati: Simenon registra su nastri magnetici le parole che aveva deciso di non scrivere più. Nel 1978 la figlia Marie-Jo muore suicida. Nel 1980 Simenon rompe la promessa fatta otto anni prima e scrive di suo pugno il romanzo autobiografico “Memorie intime”, dedicato alla figlia. Georges Simenon muore a Losanna per un tumore al cervello nel 1989.

 

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