Il silenzio dell’altopiano




Recensione di Marina Morassut


Autore: Steinar Bragi

Editore: Marsilio 2017

Traduzione: Silvia Cosimini

Pagine: 282

Genere: thriller

Anno di pubblicazione: 2017

SINOSSI

A bordo di una jeep carica di alcol e provviste, due coppie di Reykjavík si sono lasciate alle spalle la città con le sue tensioni per avventurarsi nel silenzio delle lande desertiche dell’entroterra islandese. Lontani da tutto, dispersi tra distese di pietre battute dal vento e circondati dall’inospitale paesaggio vulcanico, i quattro amici perdono l’orientamento e, dentro una nebbia densa e scura, finiscono per schiantarsi contro una grande casa che, dal nulla, si materializza all’improvviso davanti a loro.

I due vecchi abitanti li accolgono per la notte, ma lì fuori si percepisce la presenza quasi fisica di una minaccia. Sono solo le volpi artiche o è qualcosa di più inquietante? E il pericolo è solo all’esterno o anche tra le mura di quell’apparente rifugio, nelle pieghe di un’amicizia che nasconde tensioni irrisolte?

Col passare delle ore, l’altopiano si fa cassa di risonanza di ogni loro pensiero, mentre la natura con cui desideravano riconciliarsi all’inizio del viaggio perde rapidamente qualsiasi seduzione e romanticismo, rivelandosi ostile e violenta, uno spazio selvaggio e crudele dove le regole della civiltà non hanno più alcun valore.

Avvolti da una foschia che cancella i confini fra terra e cielo, i quattro finiscono in una sorta di limbo fra la vita e la morte, incapaci di contrastare il pericolo che si fa sempre più palpabile intorno a loro spingendoli a tornare continuamente a quella casa misteriosa con i suoi bizzarri inquilini.

Tra le più sofisticate espressioni del genere nordico degli ultimi anni, il romanzo di Steinar Bragi mescola in modo brillante elementi ispirati alle saghe nordiche a ingredienti tipici del thriller psicologico scandinavo che, strizzando l’occhio all’horror e al fantastico, riflette sulle ombre del nostro tempo.

RECENSIONE

Un mix di genere questo romanzo del 2011 dell’islandese Steinar Bragi: la spina dorsale è sicuramente un thriller psicologico, che però non disdegna di mescolarsi alle saghe di tradizione nordica e al simbolismo, con una spruzzatina di fantasy e horror.

Raffinato, teso fino alle inimmaginabili ultime pagine, il lettore non verrà mai lasciato dal malessere e dall’angoscia che permeano il romanzo, dalle paure ataviche che ciascuno si porta dentro fin dall’infanzia. Non ultima la possibilità di capire ed al contempo redimersi da quanto successo fin dagli albori della propria vita.

L’autore mescola con raffinatezza non solo i generi, ma anche gli argomenti che evidentemente gli stanno a cuore.

Ambiente naturale desolato, spoglio ed inospitale, vite disperate che si ritrovano e si cercano e non si capiscono nemmeno in ultima istanza… un Ambiente che rende servili gli esseri umani.

La crisi economica degli ultimi anni che investe anche quest’isola felice, che forse resta felice solo nell’immaginario collettivo, al pari del resto della penisola scandinava.

Arrivismo, desiderio di potere su cose e persone, avidità, senso di rivalsa… con l’aggiunta di oscuri e deviati episodi di sesso, che sfociano in rapporti proibiti e in incroci osceni.

Due coppie, quattro sedicenti amici: Hrafn e Vigdis – Egill ed Anna, che decidono di lasciare la capitale Reykjavík, per una gita all’interno del Paese.

Della seconda coppia c’è poco da dire, anche se molto da leggere: una vita da eterno secondo e quindi perdente, insicuro, alcolizzato lui. Ambiguo amico di infanzia e contraltare di Hrafn. Una vita celata quella di Anna, che forse subirà la sorte peggiore… Chi può dirlo?

Molto più intrigante e complessa la vita e la relazione di coppia di Hrafn e Vigdis: uno squalo della finanza lui, che ha iniziato come figlio di genitori molto benestanti, con un carattere ed un attitudine da comandante, anche se con trascorsi di droga ed alcol.

Vigdis invece perde la mamma che è ancora piccola ed in seguito diventa psicologa. E tra i suoi pazienti, guarda caso, ha in cura Hrafn.

Un viaggio organizzato, un incidente (fortuito?), un percorso che dura lo spazio di qualche giorno e che apre un mondo sconosciuto, pieno di angoscianti incognite che i quattro amici dovranno cercare di affrontare, insieme ed anche separatamente, se vorranno tonare a casa.

Un altrove sconosciuto e terrorizzante che anche il lettore, insieme ai quattro amici, dovrà percorrere fino al proprio limite estremo, limite che ogni uomo cerca di superare nella sua vita per trovare il vero se stesso.

Limite che, in questo paesaggio lunare dell’entroterra islandese, sferzato dal vento e ammorbato dai vapori dei vulcani, i quattro amici supereranno per approdare, ciascuno a modo suo, in un altro e del tutto personale “altopiano”.

Steinar Bragi 


Steinar Bragi (Reykjavík 1975), letterato e filosofo, è uno dei più apprezzati scrittori islandesi, autore di romanzi e raccolte di poesie, per i quali è stato candidato anche al Nordic Council Literature Prize. Si è affermato nel panorama internazionale con Il silenzio dell’altopiano, in corso di traduzione in diciotto paesi, in cui attraverso la lente del genere rilegge le contraddizioni della grave crisi economica che ha colpito l’Islanda negli ultimi anni.

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