Intervista a Claudio Grattacaso




A tu per tu con l’autore


 

Buongiorno Claudio, è un piacere averti tra le pagine di Thrillernord e complimenti per il tuo ultimo libro Hello, Goodbye!

Parto subito con una domanda che va dritta al nocciolo del libro: quanto di vero troviamo nei personaggi del tuo ultimo libro e a “chi” ti sei ispirato per delinearne caratteri e fisicità?

Innanzitutto, grazie a voi per l’ospitalità. I personaggi, come già è accaduto per gli altri due miei romanzi e per le mie commedie, sono un misto di invenzione e di realtà. Mi capita di prendere qualche caratteristica da persone che ho conosciuto, ma lo faccio inconsciamente, me ne rendo conto solo dopo, a maturazione del personaggio avvenuta. Flaubert diceva “Madame Bovary c’est moi” e in effetti è vero, nel fondo di ogni personaggio c’è, ci deve essere, un pezzo di anima dello scrittore, soprattutto le sue angosce, le sue paure, il suo lato oscuro.

In Hello, Goodbye ho trovato una forza narrativa data dalla semplicità, piccoli capitoli, quell’azione che sembra mancare ma che pian piano esce fuori quasi di sorpresa e soprattutto una familiarità con una realtà provinciale italiana fatta di “momenti mancati” e promesse non mantenute. Hai volutamente omesso nomi e luoghi delle location. Raccontaci un po’ com’è nata questa storia, cosa ti ha spinto nella direzione del Noir all’Italiana.

L’idea di partenza di Hello, goodbye è nata molti anni fa. Avevo buttato giù una storia ambientata nel mondo delle scommesse, ma c’era qualcosa che non mi convinceva in quella stesura e ho lasciato il manoscritto da parte. Alcuni anni dopo l’ho ripreso, ho modificato quasi totalmente la trama e i personaggi, lasciando vivo solo il nucleo centrale, un uomo che vive nella precarietà continua, in bilico tra un presente doloroso e la voglia di rifarsi una vita. Per quanto riguarda le location, mi è sembrato più giusto far svolgere la storia in un non-luogo, una geografia claustrofobica nella quale ogni lettore potesse inserire a piacimento il proprio spazio immaginario. Il mare d’inverno, dopotutto, è una realtà ben nota a noi italiani. 

Bobo è un personaggio chiave e cardine della storia. Si parteggia per lui, lo si odia, a momenti fa anche tenerezza nonostante il suo aspetto trasandato e un po’ lercio. Sembra addirittura un personaggio uscito da un poliziottesco italiano degli anni 70. Bevande e macchine quasi d’epoca a rimarcare un’atmosfera creata ad hoc senza cadere nello stereotipo del genere. E’ difficile al giorno d’oggi rimanere fedeli a una storia originale e dei personaggi senza bisogno di toccare i mostri sacri del genere? 

Devo confessare che non sono un grande lettore di romanzi di genere noir, se si esclude Simenon, del quale sono un appassionato e di cui leggo puntualmente ogni romanzo in uscita. Tra l’altro vedo che in giro c’è molta incertezza su quale sia l’esatto significato da dare al termine noir. Molti lo confondono col poliziesco o col giallo o col thriller. A mio parere, il noir può essere anche questo, ma è soprattutto la storia di un personaggio autodistruttivo, che si trova a dover fare i conti in primo luogo con se stesso, con le proprie passioni, che lo trascinano ai limiti della propria vita, in un punto di non ritorno, dove tutto sembra essergli contro: la società, i suoi stessi amici, il destino. Inoltre, scrivere è sempre avere a che fare con dei mostri sacri, ma questo non è un motivo sufficiente per tirarsi indietro. Bisogna giudicarsi con obiettività. Non è facile, me ne rendo conto, ma alla fine c’è tanta soddisfazione nel raccogliere i giudizi positivi di chi ti ha letto. Sapere che si è riusciti a infondere nel lettore il desiderio di girare la pagina, vale più di qualsiasi premio.

Negli ultimi anni il Noir italiano sta trovando una sua direzione uscendo a tratti da quella nicchia di lettori appassionati per proporsi a un pubblico più ampio. Tra un Maurizio De Giovanni, Massimo Carlotto, Carlo Lucarelli si infila in mezzo un certo Claudio Grattacaso. Ma chi è questo talentuoso autore e come è diventato scrittore?

I paragoni con gli autori conclamati del genere fanno sempre piacere, anche se potrebbero sembrare un po’ irriverenti. Sono arrivato tardi alla scrittura, almeno a quel tipo di composizione matura che si può proporre per la pubblicazione. I primi tentativi risalgono a più di venti anni fa, mi ero inventato un commissario che operava a Salerno, la città in cui sono nato e vivo, ma se mi soddisfaceva la trama non potevo dire lo stesso per la qualità della scrittura. Così, ho messo tutto da parte, mi sono rimboccato le maniche, fino ad arrivare al mio primo romanzo, La linea di fondo, segnalato al Calvino nel 2013 e poi pubblicato da Nutrimenti, che ha avuto una buona accoglienza di critica e di pubblico. Tra un romanzo e l’altro scrivo per il teatro. L’ultima commedia ha avuto una menzione speciale al Premio Achille Campanile ed è stata portata in scena dalla Compagnia dell’Eclissi di Salerno e spero possa ripartire non appena il Covid ci darà un po’ più di respiro.

Una delle cose che più ho apprezzato del libro è il contesto in cui l’ambientazione evolve, quasi distopica, senza tempo, ambientata in un’Italia senza il Covid. E’ stata una scelta o uno sviluppo naturale che ti ha portato lontano da ciò che stiamo vivendo? 

Credo sia estremamente difficoltoso scrivere ora, ambientando una storia al tempo del Covid. Si tratta di un argomento troppo forte, che diventerebbe travalicante, se non si è in grado di condurlo con maestria. Per fortuna, non ho avuto di questi problemi, dato che ho finito la stesura nel 2019. Poi il Covid ha rallentato i tempi di pubblicazione, ma questa è un’altra storia. 

Concludo con un’ultima domanda chiedendoti se hai già idee per un tuo prossimo libro e se rivedremo qualcuno dei personaggi di Hello, Goodbye.

Penso che la storia di Angelo Beltrame, il protagonista di Hello, goodbye, sia finita qui. “Un piccolo trotto, confuso nelle retrovie, con un solo momento di galoppo folle, lontano trent’anni”, per citare le parole che lo stesso Angelo usa per descrivere la propria vita  Al momento, non intravedo i presupposti per un sequel. Sto terminando di scrivere una storia ambientata negli anni ‘70, un periodo distante solo pochi decenni, ma già così antico, con dinamiche del tutto diverse e lontane da quelle del mondo attuale, ma forse proprio per questo pieno di fascino e nostalgia. Almeno per me che l’ho vissuto da adolescente.  

Grazie della piacevole chiacchierata!

Grazie a te, Roberto, e grazie a tutti voi di Thrillernord.

A cura di Rob Forconi

 

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