Intervista a Corrado Peli




A tu per tu con l’autore


 

Come prima cosa, vorrei che tu raccontassi qualcosa di te. Come nasce lo scrittore Corrado Peli?

Dalla noia e da una certa predisposizione alla scrittura. Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica), durante la trasmissione Ossigeno, ha citato Walter Benjamin, il quale diceva che la noia è la soglia delle grandi cose. Nascere e crescere in un posto dove non accade nulla ti obbliga a crearle tu quelle cose che non accadono. Fossi nato a Milano, forse, non avrei avuto il bisogno di scrivere.

Qual è il genere a cui senti di appartenere o che meglio ti rappresenta?

Domanda difficile, mi vedo abbastanza trasversale, farei prima a darti una risposta al contrario, cosa non mi rappresenta. A parte gli scherzi leggo prevalentemente thriller, horror, noir, romanzi dove accade qualcosa. Non ho più l’energia di quando avevo vent’anni, per cui se non succede nulla per più di quindici pagine mi addormento. Una volta ero in grado di affrontare “mattoni” di narrativa con centinaia di pagine di elucubrazioni mentali del protagonista, oggi non ci riuscirei.

Definisci il tuo romanzo I BAMBINI DELLE CASE LUNGHE un noir, ma è indubbiamente qualcosa di più. E’ un viaggio nella vita della provincia italiana e anche un romanzo di formazione, che segue con intensa partecipazione le sorti dei protagonisti, che conosciamo bambini e ritroviamo adulti. Qual è la tua versione? Come definiresti in poche parole il tuo romanzo?

Infatti non lo definisco un noir, è il mercato editoriale che deve incasellare sempre tutto e il noir è forse la definizione che più gli si avvicina. Io non l’ho scritto pensando a un noir, ma come un romanzo sulla vita in provincia e su un certo periodo della nostra vita (la preadolescenza). Sto ricevendo molti riscontri positivi e quasi sempre i complimenti non riguardano tanto la trama noir del racconto, ma piuttosto i ricordi e le atmosfere che sono riuscito a riportare a galla, era quello a cui tenevo di più.

C’è un messaggio o una morale che lo scrittore Corrado Peli dà più o meno velatamente al lettore del suo romanzo?

Una morale vera e propria no, penso che alla fine l’amicizia e le relazioni che creiamo attorno a noi siano l’unica cosa che conta, che ci portiamo dietro fino all’ultimo giorno della nostra vita.

Non è mai semplice far parlare dei bambini, ma possiamo dire che tu ci sei riuscito benissimo. I dialoghi, i pensieri, gli stati d’animo dei bambini delle Case Lunghe sono assai azzeccati e molto realistici. Quanto c’è di autobiografico e di ispirato alla tua infanzia nel romanzo?

Ci sono i luoghi e le abitudini. Nel 1985 (anno in cui è ambientata la prima parte del romanzo) avevo undici anni, quindi sono coetaneo dei Bambini delle Case Lunghe, per cui anch’io scorrazzavo in bicicletta per i campi da mattina a sera e parlavo come loro. Per fortuna la mia infanzia è stata molto più serena della loro.

L’ambientazione è anch’essa, insieme ai personaggi in carne ed ossa, protagonista del tuo romanzo. Penso alla nebbia, che avvolge tutto e inghiotte le cose, curando le ferite degli uomini. Perché hai scelto di ambientare il tuo romanzo nella Bassa Padana?

Perché ci abito, mi piace ed era perfetta per questa storia. Quasi tutti i luoghi del romanzo sono reali, magari spostati di qualche chilometro ma esistono. San Felice, dove si svolge il tutto, è in realtà Portonovo (frazione di Medicina), che a discapito del nome il mare lo vede solo a sessanta chilometri di distanza. Il radiotelescopio, i laghetti gemelli, la locanda… ci sono tutti. La nebbia, ecco, la nebbia negli ultimi anni è un po’ venuta a mancare, sarà per colpa di questi cambiamenti climatici.

Nel tuo romanzo si assapora il senso, forse oggi perduto, dell’appartenenza ad una comunità. Il bisogno di celare delle verità, se necessario a proteggere, la necessità di guidare con qualsiasi mezzo i più deboli, i valori che impregnano il tuo romanzo, l’amicizia, l’amore, la vendetta, la lealtà, così assoluti, per i quali talvolta vale la pena morire. Quale chiave di lettura hanno questi aspetti? Quanto hanno contato nello sviluppo della trama?

Sono fondamentali per tutto il romanzo, è attorno a questi valori, a questo bisogno di proteggere la comunità, che si snoda la storia. Tutti i protagonisti del romanzo fanno “cose sbagliate”, ma tutti, tranne uno, le fanno con uno scopo preciso, quello di proteggere gli altri.

Personalmente, durante la lettura del tuo romanzo, ho costantemente messo in primo piano lo sviluppo della sorte dei bambini, le loro vicende, le loro scelte, i loro pensieri, rispetto al bisogno di svelare il mistero che avvolge la trama da cima a fondo. Questo è un aspetto che ti fa piacere o che consideri una deviazione rispetto al motivo principale del romanzo che è (deve essere) il mistero da svelare? Come ti poni di fronte a simili affermazioni?

È giusto e mi fa piacere, ti dirò di più, quando il romanzo non era ancora pubblicato avevo pensato di “smontarlo e rimontarlo” a capitoli alternati (uno nel 1985 e uno nel 2017…), il romanzo ne avrebbe guadagnato parecchio in suspense, ma si sarebbe persa tutta l’atmosfera che invece si vive mantenendo il romanzo diviso in due parti. Non penso che il lettore scorra le pagine di questo libro soltanto per sapere come andrà a finire la vicenda, ma piuttosto per vedere come staranno i bambini, ormai adulti, alla fine di tutto. Penso a un racconto come “Il corpo”, di Stephen King (da cui è stato tratto il film Stand by me), mentre lo leggi non ti interessa affatto se alla fine troveranno o meno quel cadavere, ti interessa solo cosa faranno, e cosa diventeranno, quei quattro bambini.

Infine, qual è il bambino delle case lunghe che più ami? O che più ti tormenta?

È Nunzio, lui alla fine, forse, non troverà pace.

Corrado Peli

Laura Salvadori 

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