Intervista a Wulf Dorn




A cura di Loredana Gasparri


Pordenonelegge: è la Festa del libro con gli autori, un vero e proprio festival letterario organizzato dalla Fondazione Pordenonelegge.it che si svolge a Pordenone durante il mese di settembre: per essere più precisi, nei giorni 18-21 settembre 2019. E qui, l’autore Wulf Dorn  presenterà in anteprima il nuovo romanzo alla 20^ edizione di pordenonelegge, domenica 22 settembre alle 15 (Spazio Bcc), in dialogo con Luca Crovi.


Intervista a Wulf Dorn 

Vorrei iniziare a parlare dal titolo, perché a me è piaciuta molto la traduzione italiana Presenza oscura, nonostante nel romanzo ci sia un rovesciamento del concetto: il contrasto tra luce e oscurità, perché nella nostra concezione la luce è il bene è l’oscurità è il male. Nel nostro caso, invece, la luce è la fine del percorso, e restare aggrappati all’oscurità vuol dire In realtà riuscire a tornare alla vita e volevo sapere se questo rovesciamento di luce e ombra per una cosa su cui pensavi di lavorare da un po’ soprattutto perché in tutti i suoi romanzi essendo ciamo Dark thriller siamo l’oscurità è sempre molto presente.

Ho dovuto pensare parecchio un titolo per questo libro: il titolo che avevo pensato all’inizio era 21. A me piace giocare con i numeri, e 21 qui, ha tanti significati. Sono i minuti della morte di Nikka, e il presunto peso dell’anima, di 21 grammi. Il problema era che come titolo, 21 era già stato preso da un sacco di tempo. Allora, la mia editrice e io abbiamo pensato che questo romanzo potrebbe anche non essere l’unica storia di Nikka, per cui potrebbero esserci dei seguiti… Abbiamo pensato di lasciare il 21 ma di aggiungere un sottotitolo, per cui in tedesco è stato indicato Oscuro accompagnatore. Mi ha fatto piacere, e mi ha anche stupito vedere il titolo italiano di questo libro: voi sapete già quanto mi piace la lingua italiana, che è un mix di melodia ed erotismo, per cui ho trovato che questo titolo, Presenza Oscura, era davvero un titolo fantastico. Ed è vero che questo è un gioco tra luce ed ombra, noi tutti abbiamo delle immagini fisse, in testa. La luce è sempre buona, mentre l’ombra è sempre la cosa cattiva. Questa storia gioca anche con la realtà, e quello che potremmo definire la fantasia. Quello che ho imparato nei miei tanti anni di lavoro, in ambito psichiatrico, è che la nostra percezione di quello che è reale e normale, rispetto a ciò che non è reale e pazzo è proprio una linea sottilissima. Proprio per questo non possiamo sempre distinguere bene le due cose: e questo può anche significare che la luce non è sempre una cosa buona, e che ciò che è buio non è sempre una cosa cattiva. Poiché questo libro gioca e ruota attorno alle percezioni, è forse interessante vedere anche come queste cose possono cambiare posizione, e possono anche non essere sempre neutre: cambiano, possono diventare negative, o positive.

Parlaci di Nikka: dovrebbe ricevere un riconoscimento per essere un’eroina vera e propria, direi com’è nata la sua storia? So che ti sei ispirato anche ad altre storie e spunti diversi; avevi in mente tutto quello che volevi fare di lei, rispetto anche agli altri protagonisti?

Grazie, innanzitutto, perché sono contento che Nikka riscuota tutto questo successo: i miei protagonisti sono come dei figli, per me. E quando trovano tanti amici, io, come padre, non posso che esserne felice. Nikka nasce in questo modo: volevo scrivere una storia sulla morte e sul morire. Perciò, come accade in molti dei miei romanzi, cerco un protagonista che sia qualcuno che a priori c’entra il meno possibile con questa storia. Questo crea dei conflitti, che poi portano avanti l’intreccio. Ed è per questa ragione che ho scelto una persona molto giovane, perché non pensa molto alla morte. Una persona giovane pensa a quello che il futuro può proporre, a quello che vuole diventare. Strappare una persona così alla propria vita crea un conflitto che poi dà il via a tutta la storia. Ecco perché era così importante che scegliessi una persona così giovane per questo romanzo, poiché sperimenta una serie di cose per la prima volta. Noi, da adulti abbiamo già un certo bagaglio di esperienze: sappiamo già che cosa può essere pericoloso. Noi, grazie all’esperienza acquisita, sappiamo anche come regolarci in certi momenti di difficoltà, mentre un giovane no, non ancora. Ed è per questo che ha un punto di vista diverso rispetto alla vita, e grazie a queste prime esperienze di vita, comincia a crearsi anche delle opinioni. Possiamo anche dire che è una sorta di avvicinamento naif ad un certo argomento, ad un certo tempo. Ecco perché volevo avvicinarmi in questo modo ed è per questo che Nikka era così importante.

Io, invece, volevo chiederti di Sascha che, secondo me, è un personaggio bellissimo: sembra un po’ la coscienza di Nikka, poiché la tiene ancorata alla realtà quando lei va in questa zona così oscura. Ma per creare questo personaggio, ti sei ispirato a qualcuno? Perché proprio il binomio DJ-infermiere?

Anche Sascha ha un concepimento piuttosto lungo. Intanto, doveva essere un personaggio che poteva combinarsi bene con Nikka, che ha una personalità molto forte. Sascha è un giovanotto molto sensibile, ma, dall’altra parte, non deve neanche essere un fifone. Infatti, è un personaggio forte, anche lui, ma la sua forza è nascosta sotto tanti strati di timidezza. Anche dal punto di vista fisico, è un tipo magrolino che ti dà l’impressione di essere una persona debole. Malgrado tutto ciò, lui è quello che riesce a rianimarla e tenerla in vita per 21 minuti. E chiunque abbia fatto questa cosa per più di 2 minuti sa benissimo quanto sia faticoso rianimare. Quindi, abbiamo a che fare, anche in questo caso, con una personalità molto forte che però si abbina benissimo alla personalità di Nikka. Quando ho cominciato a pensare a come mettere insieme questi due personaggi, mi sono chiesto: ma come fa uno come Sascha a trovarsi lì, ad una festa, in questo club, nel momento in cui succede quel che succede a Nikka? E siccome nei miei libri la musica ha sempre un ruolo importante e lavoro anche tanto volentieri con le citazioni da canzoni… è per questo che mi è venuto in mente che avrebbe potuto essere un DJ, o fare il dj, e mi è sembrato un’ottima idea.

Quando si parla di thriller, si parla di paura e di ansia, soprattutto, mentre io, in questo libro, ho trovato soprattutto amicizia. Ed è un’amicizia che io stessa, forse, ho provato una volta nella vita. Quindi, volevo sapere: siccome tu hai parlato di amicizia tra Nikka e Zoe, e tra Sascha e Ivo, è qualcosa che hai provato anche tu? Ti sarebbe piaciuto provarla? Da cosa nasce questo concetto così forte di amicizia?

Credo che quando si scrive una storia sulla morte, questa sia una storia anche sulla vita. Quindi è nata la questione di vedere che sono le cose più importanti della vita, e una di queste è sicuramente l’amicizia. Ed è per questo che l’amicizia ha un ruolo così importante in questo libro. Assieme all’amicizia c’è anche la paura di perdere l’amico. Ho anch’io degli amici carissimi, e io so che loro sarebbero sempre disponibili per me nel momento del bisogno. E loro sanno perfettamente che anch’io sono sempre lì pronto per loro. Io penso che sia un arricchimento enorme avere amici di questo tipo. Ed è anche per questo che Presenza oscura è sicuramente anche un libro sull’amicizia.

Possiamo parlare ancora del rapporto con la morte e il morire? Perché mi è sembrato di vedere e percepire, in tutto il libro, che la morte non è niente di angosciante, come se fosse un invito a vedere la morte come parte della vita. E questo mi ha fatto pensare a quale tipo di messaggio vuoi veramente trasmettere alle persone: mi è sembrato di vedere una sorta di incoraggiamento a non avere poi così paura della morte, perché può essere solo un passaggio. Qual è il tuo messaggio al di sotto? Perché hai scelto un tema così particolare, e molto affascinante, tra le altre cose?

Non saprei davvero dire se il libro contiene davvero un messaggio, però, se spinge i miei lettori a riflettere sulla morte, ad accettare la morte come una parte della nostra esistenza, allora questo libro ha già raggiunto molte cose. Credo che finché viviamo e finché le cose ci vanno bene, tendiamo a dare per scontato un sacco di cose e soprattutto a passare oltre rispetto ad un sacco di piccolezze della nostra esistenza. Ma se riusciamo a vedere la nostra esistenza e a capire che tutto ha una fine, riusciamo ad essere più attenti e forse anche grati per ciò che abbiamo. E forse anche più felici. Molti potrebbero definire questa storia come un memento mori, ma in realtà non vuole ricordarti che dobbiamo morire; al contrario, vuole spingerti ad apprezzare di più ciò che hai. E se riusciamo a vivere la nostra esistenza in armonia con noi stessi, credo che non sia necessario aver paura della morte, perché prima o poi arriva. Se riusciamo a dire in quel momento: ‘Ok, tutto a posto, ho avuto una bella vita, ho avuto tante esperienze, ho incontrato un sacco di gente fantastica’, allora possiamo andarcene senza problemi. Ed è per questo che io stesso non ho paura della morte. Se ho paura di qualcosa in questo ambito, è più riferito al morire. E quindi non posso che augurarmi che questa cosa succeda in fretta, senza troppo dolore… magari mi addormento e poi non mi sveglio più, ecco.

Io, invece, vorrei parlare di Ella perché, secondo me, è uno dei personaggi che tu hai costruito meglio in questi anni e poi è il prototipo tipo della nonna. Com’è nata, come l’hai concepita?

Direi, attraverso Nikka. Volevo avere una sorta di pre-storia, qualcosa di cui possa eventualmente usufruire in un prossimo libro. Era necessario, quindi, che Nikka non vivesse con i genitori ma con la nonna. Perciò, mi sono chiesto: ma chi è questa nonna? Ho rubacchiato qualche cosa anche da mia nonna… da bambino sono cresciuto con i miei nonni, e direi che Ella assomigli parecchio alla mia, di nonna. Ecco com’è nato, questo personaggio. Sono contento che, per la prima volta qualcuno mi chiede anche di Ella, e che anche lei sia riuscita a destare l’interesse dei lettori. Finora è rimasta una figura un po’ secondaria, che non ha un ruolo così determinante. Trovo però interessante che sia riuscita, a sua volta, a destare dell’interesse.

So che la tua prima passione per la scrittura è stata per il fantasy. Volevo sapere se hai mai pensato, o se stai mai pensando, di unire i due generi.

Direi, di base… è quello che faccio già da un pezzo. Ho iniziato con questo horror fantastico ma ora capisco che questo sta cambiando. Forse dipende dal fatto che sto invecchiando. Oggi vedo alcune cose con occhi diversi. Ed è per questo che questi personaggi di fantasia acquistano oggi un altro significato. Sono figure di fantasia che però hanno una base reale di persone reali.

Io volevo chiederti una riflessione sul tempo perché in questo romanzo, Il tempo è una dimensione un po’ a sé stante. Accelera e decelera a seconda della percezione dei vari personaggi, e perché abbiamo personaggi di età diverse e personaggi in stati di urgenza diversi. I 21 minuti di Nikka durano tantissimo per Sascha, poiché sono ovviamente molto concitati. Per Nikka la prospettiva di vita è un tempo quasi infinito perché è molto giovane, mentre per Cordelia, che la affianca all’inizio in questa sua esplorazione di quello che ha visto l’aldilà, l’orizzonte temporale è molto più ravvicinato perché anziana. Volevo chiederti: qual è il tuo rapporto col tempo? Ti senti anche tu soggetto a una maggiore urgenza, a volte? E questo si riflette anche nella scrittura?

Che cos’è il tempo? A casa ho un libro scritto da un filosofo, che cerca di trovare una spiegazione al tempo. Non è un libro particolarmente spesso. Alla fine conclude che il tempo è ciò che noi proviamo individualmente. E la percezione del tempo termina con il tempo. Quando avevo 14-15 anni non vedevo l’ora di averne 16 per poter uscire la sera e fare tardi. Compio 16 anni e mi sembra che passi un’eternità fino a quando non ne ho 18 e posso finalmente prendere la patente e andare in macchina. Ho ancora 2 anni da aspettare, mamma mia… un’eternità. Oggi ne ho 50. E ogni anno mi sembra che passi un po’ più velocemente. Un attimo fa era primavera e già stavamo gioendo per l’imminente estate, e adesso abbiamo già sentore dell’autunno che arriva. Aspettate ancora un mese e avrete le prime pubblicità sul Natale. E adesso arriva proprio l’età in cui tu cominci a pensare a quanto tempo ti resta ancora. C’è qualcosa che vorresti fare prima di non poterlo più fare? La nostra prospettiva media di vita è attorno agli 80 anni, mediamente, e abbiamo sempre l’impressione che il tempo che ci resta sia troppo breve. Ci sono animali che vivono molto più a lungo di così. Per esempio, il mio vicino di casa ha una tartaruga e questa razza particolare ha una speranza di vita che si aggira attorno ai 130 anni. Adesso lui ha 67 anni e pensa: ‘Quando muoio, chi si occuperà della mia tartaruga?’ Se ci pensi un attimo, eh, forse è un pensiero un po’ folle, può anche essere che questa tartaruga pensi: ‘Come, solo 130 anni… ma è un periodo troppo breve!’ Oppure possiamo invertire il pensiero, e possiamo pensare a quegliinsetti che vivono un solo giorno. Una farfallina che nasce il mattino e pensa: ‘Che bello, ho ancora davanti un’intera giornata!’ Il tempo, da questo punto di vista, è un concetto molto elastico, per cui diventa ciò che noi ne facciamo. Penso, però, che su un punto siamo tutti d’accordo: il tempo è un tesoro, qualcosa di prezioso, preziosissimo. Non dovremmo mai sprecarlo.

Sempre parlando di tempo: quanto è difficile, a 50 anni, far parlare una ragazzina di 17? Che lavoro hai fatto su te stesso? Perché lei è credibile: tu leggi e ti sembra veramente che sia Nikka a parlare, e poi ti fermi un attimo e ti rendi conto: ah, no, è Wulf… come hai fatto?

È sempre una sfida, questa. Non ho più 17 anni. E non sono nemmeno una ragazza. L’avevo già fatto una volta, con Doro ne Il mio cuore cattivo e mi era sembrata un’esperienza molto interessante. Anche Stephen King l’ha fatto quando con Christine descrive l’anima di un’auto e la fa parlare, o con Cujo, quando esprime i pensieri di un cane. Credo davvero che per un autore sia una sfida molto difficile: dimenticare la tua lingua, i tuoi pensieri e fonderti con questo personaggio e renderlo così vivo, che sia lui a raccontarti la propria storia.Non sempre questo funziona, ma come autore diventi davvero felice quando riesci a creare un personaggio che funziona così bene, e lo constati in prima persona. E poi, c’è il prossimo passo, cioè vedere se funziona anche per i lettori: e quando funziona anche per loro, allora è la felicità.

Invece, con Vanessa, sei stato un po’ cattivo.

È una cosa che non si può evitare. Vanessa incarna un certo tipo di atteggiamento. Ed è per questo che ritenevo importante che nella storia ci fossero dei gemelli. Abbiamo Zoe che è totalmente vitale, gode della vita, ed è sempre in mezzo alle cose che stanno succedendo. È felice, è sana, ha dei bravi genitori… Vanessa è l’esatto contrario. Non riesce a trovare il modo di giungere a patti con la realtà, e questo la rende astiosa ed aggressiva. Ed è quello che mi ha permesso di rappresentare quello che dicevamo prima, sulla luce e sull’ombra. Troveremo sempre qualcuno di cui pensiamo che sta dalla parte illuminata, della vita. Quello che non dobbiamo fare è diventare come Vanessa, cioè diventare aggressivi e cattivi. Dobbiamo sempre sapere che c’è sempre qualcosa di buono nella vita e dobbiamo essere in grado di riconoscerlo e di anche di saperlo valutare. Lo vediamo anche con Vanessa, la sera in cui esce con Nikka e scopre quante cose belle la vita ha da offrire. Però noi autori, a volte, siamo anche un po’ cattivelli con i nostri personaggi e dobbiamo anche farli soffrire un po’, affinché esistano le storie e vadano avanti.

Mettendoti nei panni dei lettori, hai mai avuto timori nell’affrontare questo tema della morte?

Ho avuto paura che per i lettori non fosse facile, questo tema. Alla fine, nella nostra vita vogliamo parlare di un sacco di cose, ma certamente non della morte o del morire. Se dovessimo uscire noi, per dire, una sera, potremmo parlare di un sacco di cose ma dubito che ci metteremo a dire: ‘Ma tu come te lo immagini il trapasso?’ E questo probabilmente dipende anche dal fatto che all’interno della nostra società la morte resta comunque un argomento un po’ tabù. In altre culture, se andiamo a ben guardare, la morte appartiene proprio alla quotidianità. In Sudamerica, nelle zone ispaniche, festeggiano i morti con El Dia de Los Muertos. I giapponesi, nel fine settimana vanno al cimitero e fanno picnic sulle tombe dei loro morti, per comprenderli nelle loro esistenze. Qualche anno fa sono andato in Indonesia e ho assistito a un grande funerale: io ero lì come turista, e mi hanno invitato a partecipare, oltre alle 200-300 persone che c’erano già. Vengono costruite strutture e figure molto grandi e belle, a seconda poi della casta alla quale il morto apparteneva.  Il morto viene messo all’interno di questa grande costruzione cui viene poi dato fuoco. La gente applaude, canta e balla, mangia. Se vogliamo parlare dei colori, nella nostra cultura il nero sarebbe il colore della morte e del lutto, ma se andiamo in Messico, è il bianco. Il ruolo della morte all’interno della società dipende proprio dalla società stessa. Quando sono andato dalla mia editrice, le ho detto di avere un’idea per un nuovo libro. E lei mi ha detto, tutta contenta: ‘Bene, e di che cosa tratterai?’ E io ho risposto: ‘Parlerò di una ragazzina, che faccio morire a pagina numero uno’. All’inizio è rimasta senza parole, ma poi abbiamo parlato di come intendevo portare avanti questa narrazione, e sono felice di poter dire che ha avuto il coraggio di darmi l’ok. Io so da lettori che di solito leggono i miei libri, che mi hanno detto che non sapevano se avrebbero letto quest’ultimo proprio per via dell’argomento. Grazie ai vostri blog, riusciranno magari a trovare il coraggio di dare un’occhiata al libro e vedere se vale la pena rischiare di leggerlo.

Ho letto anche la versione in tedesco. In italiano, il merito va davvero alla traduttrice. Ma come riesci a mantenere il climax senza far soffocare il lettore, senza fargli troppa paura?

Non so se riesco a darti una risposta… quando scrivo, lavoro in maniera intuitiva. Per me, la scelta delle parole deve essere in armonia con la scena. Può succedere che io scriva un intero capitolo e che poi lo cancelli. A volte non trovo le parole giuste, a volte proprio non trovo la voce giusta per dire le cose. Le parole contengono oltre ad un significato anche una melodia e se non le trovo, rischio di dire la cosa sbagliata. A volte basta una parola che riesca però a far scattare delle associazioni nella testa del lettore, in modo da poter dirigere la fantasia e l’immagine risvegliata nella mente del lettore in una certa direzione. Ci puoi mettere anche un sacco di tempo per trovare questa parola così precisa. Può succedere che tu butti via un sacco di lavoro prima di trovare la parola che stai cercando. Ed è quello che fanno gli scrittori, che manipolano i lettori: i lettori leggono le storie per essere manipolati e gli scrittori scrivono per manipolare.

Quali altri progetti hai, in cantiere?

Un paio di settimane fa, ho cominciato a scrivere un nuovo romanzo. Diciamo che vivo molto a Fahlenberg… e l’anno prossimo sarà un anno molto particolare. Il prossimo anno sarà il mio decimo anniversario in Italia: La psichiatra compie 10 anni. Ed è il libro per il quale io ricevo così tanta posta dai miei lettori! Mi chiedono da sempre: ‘Ma non è che un giorno l’altro, ci sarà un seguito?’ Ed è per questo che adesso… lo sto scrivendo! Momentaneamente, in prima pagina, c’è scritto La psichiatra 2. Non posso promettervi che l’anno prossimo sarà pronto, forse tra 2 anni, ma insomma questo è in cantiere. Penso che sarà proprio il prossimo libro di cui noi parleremo insieme.

E scrivere il seguito de La psichiatra non è più difficile che essere Nikka?  

Assolutamente sì! So che sto camminando su un terreno pericoloso, perché per molti lettori La psichiatra ha un significato molto particolare. Continuare una storia di questo genere significa anche affrontare il rischio che il seguito non piaccia. Però credo di avere un paio di idee per cui questo possa funzionare… ! Sono rimasti ancora ancora dei punti non chiariti e credo, qui, di riuscire a trovare delle risposte.

Parlando de La psichiatra e dei personaggi femminili di Presenza oscura, vedo che le tue donne sono delle guerriere in tantissime sfumature. Superano cose che sembrano insuperabili, anche a riguardo di sé stesse. Io letto per primo Presenza oscura, e poi sono tornata indietro a La psichiatra: e se nel primo sono rimasta incoraggiata dalla presenza delle donne, lì invece mi hanno spaventato: questo perché, ad un certo punto, la psichiatra si è come uccisa, per lei non c’era più speranza, mentre per Nikka sì. A fronte di tutte queste contraddizioni, che cosa significa il personaggio femminile per te? Che ruolo ha? Lo chiedo perché sembra che le donne abbiano molta più forza, molte più sfumature, mentre gli uomini sembrano quasi un supporto, una spalla.

Capisco che cosa intendi, però non è sempre così poiché, per esempio, Jahn Costner mi sembra una un personaggio molto stratificato. Credo che ci sia sempre una differenza da una storia all’altra. Se consideriamo La psichiatra, abbiamo a che fare con Helen, cioè con un personaggio che non ha prospettive, perché non è Helen. L’unica sua prospettiva, se vogliamo, è quella di ritrovare la propria integrità. Se invece consideriamo Nikka, abbiamo a che fare con una persona che in pratica rinasce per la seconda volta. È una persona che capisce quanto sia importante la vita e combattere per i valori della vita e la vita stessa. Per rispondere alla seconda parte della tua domanda, quale ruolo hanno per me le donne… come autore, la donna è una figura affascinante. Nella nostra società una donna può essere molte cose: a una donna è consentito mostrare le proprie debolezze e i propri sentimenti, mentre se trasferissimo un uomo nella stessa posizione, ci verrebbe da dire: ‘ma insomma, muoviti, fai qualcosa!’ Personalmente mi sembra che le donne siano più profonde, più emotive, e dotate soprattutto, di una maggiore intelligenza emotiva. E questo, talvolta, agli uomini manca. Noi uomini vogliamo sempre andare a sbattere con la testa contro il muro. Quando parliamo delle donne siamo soliti dire il sesso debole, ma questa è chiaramente una un’etichetta creata dagli uomini. Ma se invece consideriamo che cosa sono le donne, qual è il loro essere, e cos’hanno fatto nella storia, sono sempre state le più forti. Per fare un esempio pratico, è scientificamente provato che persino l’uomo più forte non sarebbe mai per natura in grado di sopportare il dolore di un parto. Gli uomini non potrebbero mai sopportare questo, è geneticamente impossibile! E se anche le donne non è una passeggiata, in ogni caso, la natura ha dato loro un’altra cosa: dopo il parto producono l’ormone della felicità. Se la natura non avesse provveduto a questo, le donne avrebbero potuto odiare i figli per il dolore provocato durante il parto. E anche questo è stato previsto geneticamente. Non è affascinante, tutto questo? Soprattutto dal punto di vista di un uomo. Ed è per questo che mi piace così tanto lavorare con i personaggi femminili.

C’è un libro, tra quelli che hai letto, di qualunque periodo, di qualunque autore, che ti è piaciuto talmente tanto da farti dire: ‘Questo avrei voluto scriverlo io’?

Sì, ce ne sono un paio, di cui sono sempre un po’ invidioso… D’altra parte sono anche felice di averli letti, essendo io autore, perché mi hanno fornito un’ispirazione e anche una motivazione alla scrittura. State aspettando i titoli adesso, vero? Ce n’è uno che ho letto da giovanissimo, avevo già cominciato a scrivere qualcosa, penso che all’epoca avessi sui 12 anni, ed era… Le avventure di Huckleberry Finn, di Mark Twain. Quanto mi piaceva quel mondo! Quanto avrei voluto vivere sul Mississippi, come Huckleberry Finn! Tra i libri più recenti, il primo di Harry Potter, Harry Potter e la pietra filosofale, che mi è piaciuto da matti. E poi… Shining, di Stephen King. È uno dei miei libri preferiti perché anche lui lavora molto sulla lingua per creare l’atmosfera. Riesci ad avere una paura terribile anche se non sta ancora succedendo niente. In realtà, poi, ce ne sono anche tanti perché dove lavoro, in casa mia, nel mio studio, ho un sacco di libri che sono quelli che mi sono piaciuti e che conservo volentieri. Dovrei fare una lista di libri che bisognerebbe assolutamente leggere, prima o poi… devo ricordarmelo e farvela avere, con i miei suggerimenti di lettura!

Wulf  Dorn

 

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