Intervista a Emiliano Bezzon




A tu per tu con l’autore


Poiché ho iniziato a leggere la serie dal terzo capitolo e perché magari anche altri ancora non conoscono benissimo Giorgia e Doriana, potresti raccontarcele un po’, per darci la possibilità di capire come sono nate e come mai hai deciso che dovessero essere proprio così?

In realtà questo è il quarto capitolo, ma il primo è ormai esaurito e introvabile. 

Giorgia è una psicologa di coppia che, per una serie di accadimenti, si trova a indagare sulla strana morte di un uomo nei sentieri di Valsolda, un luogo che torna spesso nelle mie storie. Per caso, a una festa popolare, incrocia Doriana e da lì nasce un sodalizio, che le porta a condividere alcune importanti indagini, tanto che nel tempo Giorgia diventerà una detective privata a tutti gli effetti. In ogni romanzo ho raccontato qualcosa in più di loro e delle loro vite private, senza mai eccedere. Mi piace molto lasciare ancora molto spazio al desiderio che ogni lettore o lettrice ha di immaginarsele. Quando mi capita di parlarne in pubblico scopro grande affetto per loro, che diventa una voglia di ritrovarsi in un nuovo racconto o romanzo. In ogni incontro coi lettori catturo qualche piccolo particolare che poi scrivo. In questo modo, Giorgia e Doriana non sono più mie, come è giusto che sia.

A fianco di Giorgia e Doriana, non potevano che esserci due persone di carattere, per riuscire a tener loro testa, per placarle e per aiutarle a riflettere prima di agire, magari in modo sconsiderato. Ti sei ispirato a qualcuno nel crearle o si è trattata solo di una logica conseguenza? Vuoi raccontarci un po’ di loro?

Soprattutto Doriana si caratterizza per il vigore della sua giovane età, rafforzato dalla circostanza che si trova alla testa di uomini più maturi ed esperti di lei. In ogni indagine, trova il modo di tenersi acconto figure che la rassicurino e la supportino operativamente. Questo per lei diventa fondamentale anche per colmare, almeno in parte,  la sua condizione di donna sola, in una città che non è la sua e con un lavoro che le lascia poco spazio per sé. Giorgia è di certo più matura e consapevole ma, come la giovane amica in uniforme, ancora instabile nella propria vita sentimentale. Almeno fino a quando non compare un uomo che, per la prima volta, le fa provare un senso di protezione e sicurezza senza minimamente limitarla nella sua libertà. 

Anche i diversi personaggi che ruotano attorno alle ragazze, dai colleghi di Doriana agli amici degli amici di Giorgia, assumono un ruolo ben definito e si rendono importantissimi nel procedere di queste indagini in cui le due ragazze si butteranno a capofitto. Li ritroveremo ancora in futuro?

In realtà no o, almeno, non necessariamente. Doriana è una giovane ufficiale dei carabinieri in carriera e, per questo, cambia spesso città e colleghi. Giorgia, al contrario, è stabile nella sua Milano ma, ogni volta, anche nel quinto romanzo che le vede protagoniste e che sto scrivendo, va a scandagliare un ambito diverso della complessa realtà di una metropoli, ponendo sempre al centro delle sue attenzioni le persone e le loro storie. Per questo, in ogni romanzo, ci sono e ci saranno sempre nuovi personaggi e ambientazioni differenti, a partire dalle città.

Nel tuo libro si affrontano molteplici argomenti: si toccano temi sociali del passato e dei giorni nostri, fino ad arrivare a tematiche più intense come i legami che vanno dall’amore all’amicizia e che, vengono vissuti in modo intenso e assoluto, a tal punto poi, da arrivare a correre rischi utili solo a creare maggiore dolore intorno a loro. Come, quando e perché hai deciso di dar vita ad una trama così ricca?

Quando ancora non avrei immaginato di mettermi a scrivere, durante una presentazione di Maurizio di Giovanni lo sentii dire che il giallo e il noir sono ormai il nuovo romanzo sociale. Fu,  per me, una vera folgorazione come lettore e, dopo qualche tempo, la spinta per cominciare a scrivere. Quando scrivo curo al massimo la precisione tecnica delle indagini per dare alle storie la migliore credibilità.

Ma quel che voglio raccontare, sulle corde e con il ritmo serrato di un’indagine, sono storie che affondano le loro radici nella società e anche nella politica, intesa nel senso alto del termine, cui forse siamo ormai poco abituati. Il rapporto tra genitori e figli, il dramma degli incidenti sul lavoro, l’indifferenza sociale…

Durante la lettura, uno dei tuoi personaggi, ad un certo punto afferma: “… anche a me capita a volte di finire in un posto e percepire che mi vuole raccontare qualcosa…”. Capita pure allo scrittore Bezzon di avvertire la voce dei luoghi in cui si trova? E se sì, qual è il messaggio più importante da cui viene raggiunto?

A me capita sempre. Tutte le mie storie affondano in parte in esperienze vissute – e ovviamente ampiamente rimaneggiate – e nel mio rapporto con i luoghi, siano essi città o piccoli borghi. I luoghi non si limitano mai a fare da sfondo alle vicende dei personaggi, ma sono tra i protagonisti. Prima di scrivere passo molto tempo a percorrere i posti che poi racconterò e mi ci immergo. A questo aggiungo poi la ricerca di tutto ciò che può essere utile e interessante a raccontarne la storia e la bellezza, a farli amare come io li ho amati e amo tutt’ora. Le strade e gli edifici per anni hanno ascoltato storie straordinarie e ora le restituiscono a chi abbia la pazienza e il desiderio di mettersi in ascolto.

Quante volte mi è capitato di far scoprire a chi in un dato luogo è vissuto a lungo particolari mai notati! Io amo  – quando posso – vivere le città con calma e intensità. È un privilegio che non tutti possono permettersi, complice una maledetta fretta.

Così accade che oltre ad appassionarsi ai personaggi e alle storie, molti si appassionino ai luoghi, che scoprono o riscoprono tra le pagine dei romanzi.

Poiché nel tuo romanzo si parla anche di patrimonio e di memoria storica, Doriana ad un certo punto pensa: … ciò che è di tutti non potrà mai essere di nessuno in particolare…”, un’affermazione che condivido ma che è messa a dura prova dalla mancanza di rispetto per la storia e per il notevole interesse economico, anche e soprattutto nei settori illegali, che riesce a muovere attorno a sé. Qual è la tua opinione a riguardo?

Dopo aver indossato per quasi trent’anni un’uniforme, ora mi occupo di cultura e anche di musei non più solo come frequentatore. Solo ora ho potuto toccare con mano quante volte accada che persone senza scrupoli si approprino a fini di lucro del nostro patrimonio artistico e culturale.

Questo accade non solo per il cinismo di alcuni ma anche per la poca cura e le poche risorse dedicate alla tutela del nostro immenso patrimonio. 

Non abbiamo ancora maturato la giusta coscienza collettiva rispetto a tale ricchezza, che non ha eguali in nessun altro posto al mondo. Non penso solo ai grandi musei e monumenti ma anche a quanto si può trovare praticamente in ogni chiesa e nei più piccoli e sconosciuti musei, come nelle biblioteche disseminate in ogni regione.

Frilli da sempre è una perfetta amalgama fra storie nere e luoghi ricchi di fascino dove ambientare le innumerevoli trame di cui cura la pubblicazione. Nel tuo caso, mai come questa volta, mi sono sentita una viaggiatrice, una turista dell’ultima ora, desiderosa di salire sul treno per muovermi in libertà. Tu riesci a raccontare Torino e Milano, arricchendole di aneddoti, immagini e parole che ti vengono restituite dalla storia, come se io fossi veramente passata di lì. Quali sono i tuoi rapporti con queste due città?

Milano e Torino sono le due città che professionalmente ho vissuto con più passione e intensità, avendone comandato le polizie locali a lungo e conoscendole anche in ambiti nascosti agli occhi comuni. Oltre a viverle professionalmente, ho potuto, nel tempo libero, scoprirle con la curiosità mai appagata di chi vuole andare a vedere dentro i cortili e negli angoli cui nessuno fa caso. Ne “Il delitto di via Filodrammatici” ho ambientato gran parte della storia dentro la casa di riposo per musicisti di Milano, un luogo davanti al quale passano ogni giorni migliaia di persone, senza che nessuno si fermi a guardarlo o decida di entrarci. Il “Legami di sangue” ho raccontato dell’enorme anello metallico infilato all’angolo di un palazzo storico nel pieno centro di Torino: un vero e proprio piercing con tanto di gocce di sangue dipinte sulle pareti, che moltissimi non avevano mai notato…visto che si cammina ormai solo con lo sguardo al cellulare e difficilmente di decide di alzare gli occhi.

“… e poi siamo i Ghisa mica degli sprovveduti no?” Da non milanese (sono friulana), puoi soddisfare la mia curiosità raccontandomi come nasce il soprannome di Ghisa riferito alla municipale di Milano che tanto mi ha incuriosita?

Ci sono diverse storie a proposito. La più accreditata fa derivare il nome dal copricapo a cilindro usato in passato, che assomigliava al tubo che sovrastava le vecchie stufe a legna o carbone, fatto appunto di ghisa.

Guardando al futuro, hai già qualche nuova idea che ti frulla in mente, qualche manoscritto che scalpita nel cassetto, magari sempre legato alla serie di Giorgi e Doriana, come in alternativa anche qualcosa di diverso?

Sto scrivendo il quinto romanzo con le mie due protagoniste e sto anche cercando di realizzare un sogno che insegui da tempo, cioè quello di scrivere un romanzo per ragazzi. Vedremo cosa riuscirò a fare.

Oltre a scrivere, sei pure un divoratore seriale di libri? Puoi dirci le tue preferenze e se fra gli autori hai lasciato uno spazio anche per i nordici?

Leggo molto per diletto e anche per ragioni professionali. Da un paio d’anni curo anche un festival letterario “Nord in giallo”  che si pone come obiettivo di raccontare le trasformazioni del nostro Paese proprio attraverso il romanzo giallo e noir. Ho conosciuto autori e autrici davvero straordinari. Non ne cito nessuno perché sono tantissimi e anche perché mi capita spetto di restare deluso da autori che ho amato e, al contrario, entusiasta di autori che non avevo mai considerato. 

Gli autori nordici mi affascinano tantissimo e, fortunatamente, sono molto ben tradotti.

Spero di riuscire a ospitarne qualcuno nel nostro festival letterario per conoscerli ancora meglio, come ho potuto fare trascorrendo del tempo con i maestri italiani del genere. 

Perché, se scrivere è bello e gratificante, leggere lo è assai di più. Almeno per me.

A nome mio e di tutta la redazione Thrillernord ti ringrazio per la tua disponibilità.

Loredana Cescutti!

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