Intervista a Livia Sambrotta




A tu per tu con l’autore


 

Livia, la tua propensione per il mondo dello spettacolo era già presente negli anni dei tuoi studi universitari, ma una tale passione credo possa avere radici ancora più profonde. Ce ne vuoi parlare?

Il primo innamoramento per il cinema è avvenuto quando ero molto piccola proprio in una sala cinematografica. Riguarda quell’emozione impressa nella memoria mentresi vede un film per la prima volta. Con mio padre e mio fratello vidi Lo squalo in un cinema di quartiere, un film impressionante specialmente agli occhi di una bambina. Ricordo l’incanto e la tensione di una sala al buio, due stimoli che, anche se allora non lo sapevo, avrebbero condizionato in futuro tutta la mia produzione. La definizione di Umberto Eco della sospensione dell’incredulità che si prova al cinema, “l’accettazione momentanea dell’impossibile”, ha aperto una domanda, la cui risposta è l’indagine fondante e continuativa dei miei libri. Ovvero cosa sia “l’impossibile” e come si possa raccontare in una storia.

La prima immagine cinematografica che ricordi ti abbia colpito e la prima immagine che hai avuto quando hai pensato per la prima volta alla storia che è diventata Non salvarmi, il tuo romanzo appena uscito per i tipi di SEM?

Sicuramente la pinna di uno squalo che taglia il filo dell’acqua con l’indimenticabile tema tratto dalla musica Premio Oscar di John Williams. Ancora oggi ogni volta che mi trovo a nuotare nel mare aperto non riesco a non avvertire quell’inquietudine! Per quanto riguarda Non salvarmi più che un’immagine, ho visualizzato una vera e propria sequenza, come se fosse l’inizio di un film. La mia protagonista, Deva, si trova in aeroporto prima di imbarcarsi per il volo che la porterà dall’altra parte del mondo. Viene ripresa dalle telecamere di videosorveglianza nella hall mentre si reca in bagno con le gambe macchiate di sangue. Da quel momento la ragazza scompare misteriosamente. Ho subito avvertito la fascinazione di un luogo di massima sicurezza in pieno giorno in contrasto con la possibilità che un fatto misterioso avvenisse in modo tanto violento e inaspettato. Questa polarizzazione, da una parte ciò che crediamo di controllare della realtà e dall’altra i suoi meandri più ignoti, sono diventati la cifra stilistica di tutto il romanzo.

In Non salvarmi tratteggi con finezza e profondità varie tipologie umane, molto particolari. Ti sei ispirata ad incontri con persone  che ti è capitato professionalmente di fare, o piuttosto hai raccolto un’idea generale frutto di tante circostanze di vita e l’hai modellata sui tuoi protagonisti?

Uno scrittore prima di tutto è un osservatore che con una precisa postura e sensibilità ridefinisce ciò che gli accade intorno. Negli ultimi anni, proprio mentre avevo iniziato la stesura di Non salvarmi, ho lavorato come Film Promotion per la company UCI Cinemas a livello europeo. Quest’esperienza da addetta ai lavori mi ha dato la possibilità di vivere il cinema da un punto di vista privilegiato. Ho preso parte a eventi magnifici: anteprime mondiali con le star per poi ritrovarmi ai party con loro, sedere ai tavoli delle major mentre in meeting riservati mi presentavano i film di futuro successo globale, condividere visioni e strategie sul business con i leader del mercato. Sono così riuscita a raccogliere materiale e testimonianze dei retroscena dell’industria. Tutto questo ha inoltre determinato una fascinazione che narro in Non salvarmi e mi ha aiutata a definire le psicologie di personaggi come Karl e Greg, che nel romanzo hanno scalato le vette dell’olimpo hollywoodiano grazie al loro formidabile talento. Ad esempio Greg nel romanzo si trova a Ryhad perché sta portando il cinema in Arabia Saudita, dopo trentacinque anni di chiusura delle sale cinematografiche. Questo processo elettrizzante l’ho potuto seguire realmente da vicino, perché è stato proprio il nostro gruppo, AMC, a riaprire la prima sala a Ryhadnel 2018.

Sei abilissima e competente voce del linguaggio cinematografico, che parli alla perfezione. Come ti trovi a calarti nel linguaggio della scrittura? E, particolarmente, che tipo di lavoro hai fatto per arrivare ad uno stile così peculiare tuo, denso di immagine ma anche di poesia, costantemente ritmato ma al contempo riflessivo in molte parti, che peraltro ho trovato notevoli?

Grazie per queste parole, mi fa molto piacere che cogli il duro lavoro che c’è dietro la definizione di una voce. Per definire il mio stile prima di tutto ho lavorato sull’impressione dell’immagine sul lettore attraverso una scrittura funzionale come quella della sceneggiatura che ha il potere di fartiimmergere immediatamente dentro la storia. Le location che ho scelto, il deserto dell’Arizona e la nuova Milano con la sua architettura verticale, hanno reso al meglio questo approcciocinematografico. A questo carattere fortemente visivo ho unito digressioni narrative più intime per approfondire la psicologia dei diversi personaggi. Questa congiunzione di stili ha determinato da una parte un ritmo intenso come in una serie tv, grazie ai turning point dell’impianto corale, dall’altra un’emozione sospesa proprio come se fossimo al cinema e stessimo assistendo a un film. Non so se ci sono riuscita, ma la commistione di questi due approcci, uno stile serrato ma emotivamente coinvolgente, era senz’altro il mio obiettivo.

Cosa ne pensi della campagna promozionale partita attorno al tuo romanzo e fortemente virata in chiave cinematografica?

Il mio editore, SEM, ha fatto una lavoro straordinario per il lancio di Non salvarmi. Il team creativo ha infatti promosso il romanzo come se fosse un film: hanno ideato i characterposter così come accade per i blockbuster e realizzato delle vere e proprie locandine con i diversi temi chiave del libro. Questi materiali promozionali sono fortemente innovativi per il mondo editoriale e ci stanno regalando grandi soddisfazioni.SEM è stato l’editore giusto per Non salvarmi, grazie alla loro energia e competenza ha saputo valorizzare al meglio l’anima del libro, un thriller atipico per il panorama italiano.

Se Non salvarmi fosse un film, quale sarebbe il Festival al quale lo faresti concorrere?

Per anni ho frequentato il Festival di Venezia. L’ultima volta sono stata lì per l’anteprima mondiale del Joker. Ho assistito al film con Joaquin Phoenix, Todd Philips e il resto del cast seduti poche file dietro di me. Mi ricordo che quando è terminata la proiezione all’inizio nessuno riusciva a dire niente, tale era stata la potenza del film. Poi qualcuno si è alzato in piedi e la sala è esplosa in una standing ovation con appalusi che sono durati per quasi dieci minuti. Mentre applaudivo guardavo Phoenix commosso, ma erano i miei occhi a essere i primi a essere velati di lacrime di felicità. Il cinema, ho pensato in quell’istante, è la magia di cui non potremo mai fare a meno. Mi sono presa del tempo per rispondere alla tua domanda per condividere il profondo significato che potrebbe mai avere per me vedere Non salvarmiapprodare a Venezia. Il Festival storico per eccellenza che ancora ci fa onore nel mondo.

Sei già al lavoro o hai in mente un nuovo progetto narrativo?

Sì sto lavorando al prossimo romanzo, che seppur molto diverso da Non salvarmi, manterrà alcuni tratti distintivi dei miei libri: la fascinazione delle location e un intreccio corale. Inoltre mi sto misurando con altri linguaggi narrativi in due progetti distinti che per la prima volta non riguardano il thriller, ma spaziano in altri generi. Su questi nuovi lavori vi terrò aggiornati!

Livia Sambrotta

Grazie di cuore e complimenti!

Sabrina De Bastiani

Acquista su Amazon.it: