Intervista a Marina Marazza




A tu per tu con l’autore


Come nasce l’idea di scrivere un romanzo storico?

Mi è venuto in mente di scrivere un romanzo storico (questa volta per Caterina da Broni, le volte precedenti per i miei libri dedicati alla Monaca di Monza o alla madre di Leonardo da Vinci), quando nelle mie ricerche mi è capitato di imbattermi in una documentazione interessante che conteneva informazioni poco note su vicende che si configuravano come veri e propri scoop del passato. Ci dev’essere una storia nella Storia, persone vivide e reali che sono vissute prima di noi e dalle cui vicende si possano trarre insegnamento, emozione, valore. Scrivere di Storia esige estremo rigore, anche se la resa di scrittura deve risultare di grande leggerezza e fruibilità, con un taglio a sequenze cinematografiche: mi considero una divulgatrice e sento la responsabilità di raccontare il vero e il verosimile.

Caterina è un personaggio forte, di quelli che restanoimpressi nel lettore. Cosa può insegnare la sua storia oggi?

Caterina era una donna sola che cercava di cavarsela in un mondo difficile per tutti e difficilissimo per le figlie di Eva. Sapeva leggere e scrivere e questo suscitava molta diffidenza. Le piaceva fare l’amore, lo riteneva una cosa buona e naturale, e anche questo era molto malvisto. Era curiosa del mondo, pronta ad apprendere e a comprendere. Era anche convinta di essere davvero in grado di praticare semplici incantesimi, di essere davvero, a modo suo, una “strega” per poter sopravvivere: quando i santi sono sordi alle sue preghiere, lei si rivolge ai diavoli, che nell’immaginario controriformista e superstizioso rappresentano semplicemente, nella mentalità del popolo, l’altra metà del soprannaturale. Lei e i suoi giudici condividevano le stesse convinzioni: il diavolo era una presenza costante nei discorsi di tutti, a partire da governanti, cardinali, potenti. Caterina diventa vittima di un sistema che ha bisogno, in quel momento, di una sentenza esemplare contro le streghe, perché Milano vuole dimostrare alla Spagna e al papa di non essere da meno a nessuno nel campo della repressione delle stregherie. I suoi accusatori sono persone illustri e lei è solo una serva. La storia di Caterina, bruciata alla Vetra come tanti altri sventurati di cui si è persa la memoria, accusati di eresia, di sodomia, di libero pensiero, è davvero emblematica.

Il suo libro racconta la vita di una donna in un mondo di uomini. Quante Caterine dimenticate hanno vissuto storie simili?

Ecco, l’idea è proprio quella di rendere loro un po’ della giustizia che è stata loro negata attraverso delle pagine che ne restituiscano la verità storica. Tutta la vicenda di Caterina è ricostruita sugli atti del suo processo, dove lei si racconta in prima persona ai suoi giudici, narrando tutta la sua vita difficile e avventurosa. Nel romanzo le donne che lei incontra sono tante, alcune eccezionali, come Clara Giolito, stampatrice a Trino, o Fede Galizia, pittrice a Milano, che hanno osato fare mestieri da uomini. E tante sono quelle meno note, tutte col loro fardello di sofferenza, di fatica, di coraggio. Ne risulta, quasi involontariamente, un affresco della vita di tutte le donne di quel periodo e di quel luoghi, dalla fanciulla stuprata dal fidanzato che ha perso la parola dallo choc e viene rinchiusa in un asilo per femmine poco serie, come se la colpa fosse stata sua,  alla moglie del capitano Squarciafico che è caduta da cavallo il giorno delle nozze ed è rimasta invalida e non in grado di soddisfare sessualmente il marito, da donna Daria Carcano che mangia in continuazione per tenere a bada il terrore che il marito la ripudi perché non gli può dare figli alla Netta di Varese, serva del capitano Vacallo che viene accusata di averlo affatturato e viene rinchiusa in quello stesso ricovero di Santa Valeria dove in quegli anni è murata viva la Monaca di Monza…

Saggio storico e romanzo storico a confronto: quale ritiene più efficace nel coinvolgere il pubblico?

Vivo di saggi, di articoli specialistici, di documenti, di archivi, di alberi genealogici. Ma se una storia deve essere resa nota al grande pubblico, il tramite migliore è lo storytelling. Uno storytelling spontaneo, trascinante, pieno di accadimenti, di colpi di scena e di emozioni, che faccia rivivere la verità storica prendendo il lettore per mano e facendolo entrare in una macchina del tempo, facendogli sperimentare suoni e colori, facendogli sentire lo stesso odore che le narici del protagonista stanno avvertendo, mostrandogli la quotidianità del come ci si vestiva, cosa si mangiava, come si dormiva, come si viveva e come si moriva. Un romanzo che sia davvero storico, nel senso di non inventare nulla e di non snaturare gli accadimenti, ma mai noioso o paludato o retorico. Negli atti del processo di Caterina, per esempio, c’era già tutto: bastava raccontarlo nel modo giusto per far rivivere lei, la sua vicenda, i luoghi e i personaggi.

Può dirci cosa racconterà nel prossimo romanzo?

A novembre uscirà la riedizione di un mio romanzo, Miserere, che racconta la storia di un’altra donna dimenticata dalla Storia: si chiama Alma Osio ed è la figlia della Monaca di Monza. Curioso, vero? Pensiamo tutti di saperne parecchio sulla Monaca di Monza, la famosa suor Virginia, al secolo Marianna de Leyva, coinvolta in uno dei processi che fecero più scandalo nella Milano dei Borromeo, ma pochissimi hanno presente che dalla sua relazione proibita nacque una figlia… eh, la Storia con la esse maiuscola ha in serbo molte sorprese, e adoro svelarle ai lettori e alle lettrici!

Marina Marazza

A cura di Cristina Bruno

 

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