Intervista a Massimo Marcotullio




A tu per tu con l’autore


 

È uscita da alcune settimane l’ultima fatica letteraria di Massimo Marcotullio, Neve sporca, edito da Todaro Editore che ancora una volta racconta le indagini di Beo Fulminazzi, il simpatico e intuitivo investigatore di Pavia. Marcotullio disegnatore di fumetti, strumentista in un gruppo di musica popolare, direttore di un teatro lirico si dedica alla letteratura noir in età matura ed esordisce con una serie di racconti pubblicati in varie antologie edite in Germania. Nel 2003 l’editore Todaro dà alle stampe il suo primo romanzo che è subito un successo. Noi lo abbiamo intervistato per i lettori di Thrillernord e ci siamo fatti raccontare proprio tutto sul suo ultimo romanzo.

Massimo Neve sporca è un giallo intrigante e coinvolgente e allo stesso tempo anche ricco di piacevoli passaggi conditi da una intelligente ironia. È stato più complicato o più stimolante coniugare i due registri?

Diciamo che è una cosa che mi viene abbastanza naturale. Chi mi conosce di persona sa quanto io sia allegro e giocherellone. Scherzi a parte, questa alternanza tra i toni lievi e quelli drammatici ha una precisa funzione narrativa. Serve a allentare la tensione, a dare respiro al lettore, prima di un nuovo evento delittuoso. Personalmente sopporto poco i romanzi che mantengono uno stesso tono dall’inizio alla fine. Alla lunga, finiscono per stufarmi; risultano monocordi. Non si possono mangiare sempre e solo caviale e aragosta; ci vuole anche una bella pasta e fagioli, di tanto in tanto. Non si può dare rilievo alla sola vicenda, pur molto importante. Occorre sviluppare anche le psicologie dei personaggi, se si desidera che il lettore si immedesimi e “entri” nella storia.

Siamo alla quarta avventura di Beo Fulminazzi. Si aspettava tutto questo successo di pubblico per il suo personaggio?

Beo Fulminazzi è un mio alter ego, più grande, più grosso e decisamente più coraggioso di me. Lo potremmo definire una mia proiezione ideale e, come tale, possiede anche molti dei miei congeniti difetti: una certa pigrizia di fondo, la cialtroneria, l’inclinazione a abusare di cibi e bevande. È come un vecchio paio di calzoni, forse non più impeccabili, ma dentro i quali mi trovo perfettamente a mio agio. Quanto al successo, mi auguro che lei abbia ragione!

Parliamo delle location di questo ultimo lavoro che spaziano da Pavia a l’Oltrepò pavese in una sorta di paesaggio quasi da nord Europa. Se non fosse nato in quei posti li avrebbe considerati parimente suggestivi e appropriati per la sua storia?

Dopo tre romanzi ambientati tra Milano e le sue periferie, era giunto il momento di cambiare, di far tornare Beo alle sue radici profonde di impenitente provinciale. Chi non conosce l’alto appennino si potrà stupire del gelo iperboreo nel quale è ambientato il finale del romanzo, ma vi assicuro che, in certi casi, può essere anche molto peggio. La val Boreca, poi, è un luogo unico, uno dei più remoti dell’intero arco appenninico settentrionale. Un posto che il progressivo abbandono da parte degli abitanti, a partire dagli anni ’50, ha riconsegnato allo stato di natura. Andateci (nella bella stagione, mi raccomando) e ne resterete ammaliati.

Quale è il personaggio di Neve sporca che le piace di più?

Al netto del protagonista, che, dopo quattro romanzi, è diventato per me una seconda pelle, credo che l’ispettore Peppino Riffaldi, in un certo qual modo, faccia la parte del leone, in questa mia ultima opera. Il Pepp era già presente nei miei lavori precedenti; qui ho voluto svilupparne certe caratteristiche, in precedenza solo abbozzate. Chi la sa lunga assicura che le coppie ben assortite funzionano piuttosto bene, in letteratura. Esempio ne siano Sherlock Holmes e Watson, Nero Wolff a Archie Goodwin, senza dimenticare, naturalmente, Don Chisciotte e il fido scudiero Sancho. Non aspiro né potrei umanamente aspirare a conseguire tale imperitura gloria, ma, nel mio piccolo, faccio quel che posso.

Se dovesse racchiudere tutto il romanzo in una sola frase quale sceglierebbe e perché?

Non sono, ahimè, stato baciato dal raro dono della sintesi, per cui mi riesce piuttosto difficile rispondere alla sua ultima domanda senza una lunga riflessione. Non essendoci tempo per meditare, tuttavia, la butto lì: i nevrotici costruiscono castelli in aria, gli psicotici ci vanno ad abitare.

Massimo Marcotullio

Antonia del Sambro

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