Intervista a Nicola Verde




A tu per tu con l’autore


Ciao Nicola ti ringrazio anche a nome di ThrillerNord per aver accettato di rispondere a qualche domanda in merito al tuo ultimo giallo “Colpe senza redenzione”.

Grazie a voi per l’invito e grazie a chi avrà la pazienza di leggere questa intervista.

Nel tuo romanzo affiorano suggestioni riguardanti la cronaca nera, la politica e la storia italiana. Qual è stata la molla che ti ha spinto a creare una trama così composita e complessa?

D’istinto mi viene da dire “l’amore per questo nostro Paese e la sua storia”, la ricerca, quindi, delle sue radici, nel bene e nel male, ed essendo “Colpe senza redenzione” un giallo, la ricerca affonda innanzi tutto nei mali. Occupandomi di quegli anni non potevo non essere suggestionato dai fatti di cronaca nera e di politica che li hanno segnati, perché sono proprio quelli che dànno l’esatta misura di quell’epoca. A questo proposito mi piace ripetere che in un romanzo storico (e il mio può definirsi tale) la Storia debba fare capolino, senza sopraffare la vicenda di cui ci si occupa, affinché dia le giuste coordinate al lettore.

Come mai hai deciso di ambientare il giallo in un periodo di grandi cambiamenti e di trasformazioni epocali come gli anni Cinquanta? E’ perché nelle epoche così turbolente si trovano tanti stimoli interessanti?

I miei romanzi li ho finora ambientati in quei “crinali” temporali in cui accadono fatti che incidono profondamente la società, così è stato per i miei romanzi “sardi”, ambientati sul finire degli anni Sessanta, che, come sappiamo, sono stati teatro di grandi sconvolgimenti sociali (e la Sardegna crogiolo “privilegiato”); così è stato per i miei romanzi “romani” ambientati nella seconda metà dell’Ottocento, periodo in cui il potere temporale dei papi cominciava a tramontare (e quale miglior osservatore se non il boia che per circa 70 anni è stato al loro servizio?); così è per “Colpe senza redenzione”. Gli anni Cinquanta del secolo scorso sono stati quelli del “sogno” e della “speranza” (siamo a ridosso del boom economico), ma anche quelli in cui, paradossalmente, è finita l’innocenza di un Paese. Una Roma che stava uscendo dalle ferite della guerra, con le sue baraccopoli e la nascita frettolosa di nuovi quartieri, poteva fare, secondo me, da sfondo perfetto per quella “perdita di semplicità e di candore”. Io credo che proprio nel contrasto tra ciò che era e ciò che è, che si possono trovare gli stimoli giusti per una storia interessante, che possa andare, addirittura, al di là della semplice vicenda gialla.

Di solito nei gialli la soluzione del caso ristabilisce l’ordine sconvolto dal delitto ma dopo aver chiuso il tuo libro la sensazione che, come scrivi “non valeva la pena di incaponirsi a cercare verità e giustizia, che non c’erano mai” ed “era la giustizia del mondo a mancare”. Secondo te è questa la funzione del giallo, non far dimenticare le ingiustizie del mondo?

Il ristabilimento dell’ordine è l’assioma che definisce il giallo, ma io credo che compito del crime (inteso nelle sue varie declinazioni) non si esaurisca in questa semplice regola. Sono convinto che importante sia anche non far dimenticare i “mali del mondo” che, per quanto mi riguarda, non saranno mai sconfitti. “L’uomo di giustizia”, quale è il mio Ermes De Luzio, deve accontentarsi delle piccole vittorie, quelle che in qualche modo rattoppano i mali, senza, purtroppo, sradicarli del tutto, De Luzio, pur essendone consapevole, prova, comunque, dei sensi di colpa per i quali, appunto, non c’è redenzione. Insomma, in questo sono pessimista, come lo è il mio commissario.  

Se posso trovare un’etichetta a “Colpe senza redenzione” potrei dire che è un noir antropologico o sociologico, viste le tante notazioni che inserisci, quasi a voler mettere sotto processo un ambiente ed anche lo “spirito del tempo”, dove vecchi esponenti del regime fascista continuano a lavorare nel nuovo assetto costituzionale e “ si esce lentamente da una crisi per entrare in un’altra, dove la debolezza della prima nella seconda viene mascherata e imbellettata con il cerone”.

E’ una lettura corretta?

Il mio è pessimismo puro sulla base dell’esperienza che mi viene dall’alto della mia “certa” età: “si esce lentamente da una crisi per entrare velocemente in un’altra, dove le debolezze della prima vengono mascherate con il cerone”, qualcuno potrebbe contestarlo? Che poi esponenti del regime fascista abbiano continuato a lavorare nel nuovo assetto costituzionale, con posizioni spesso di rilievo, è Storia che, allo stesso modo, non può essere contestata. Mi piace che i miei romanzi vengano definiti noir antropologici (l’ho fatto per quelli “sardi” e mi sta bene che lo si faccia anche per “Colpe senza redenzione”), perché sono convinto che spesso a definire un destino rientrino circostanze sociali, parte integrante, appunto, dell’antropologia.

Nel tuo libro il delitto accade per una concatenazione di fattori che non si possono capire seguendo la logica ma solo cercando di comprendere il “mistero del cuore umano” come diceva Augusto De Angelis, creatore del commissario De Vincenzi. Ti sei ispirato anche a lui per creare il commissario De Luzio?

Ogni autore è figlio delle proprie letture e lo sono anch’io. E a proposito del “mistero del cuore umano”, nel mio romanzo riporto una frase di Michele Prisco, che sebbene sia anacronistica, essendo il suo “Gli ermellini neri”, uscito nel 1975, cioè molto tempo dopo le vicende narrate da “Colpe senza redenzione”, ha comunque un valore significativo per ciò che volevo dire: “È pericoloso scendere nel cuore umano a lume di candela, la fiamma potrebbe estinguersi per mancanza di aria pura”. Se non è pessimismo questo…

Il tuo investigatore è stanco e disilluso, capisce che ogni indagine ha uno scopo diverso da quello di fare giustizia ma viene usata dai vari poteri, occulti o palesi, per i loro fini. Cosa fa ancora andare avanti il commissario Ermes De Luzio?

L’illusione, nonostante tutto, di potersi illudere ancora, sembra un semplice gioco di parole, ma non è così, è la verità. Ermes De Luzio è cosciente di non poter guarire i mali del mondo, sa anche che, spesso, la giustizia viene usata per altri scopi non tutti irreprensibili, tradendo in questo modo la sua stessa natura, ma se dovesse rinunciare a quella debole fiammella che ispira il suo senso di giustizia, così maltrattato, che altro gli resterebbe?

Ermes De Luzio è un bel personaggio che indaga con l’aiuto della moglie colta e forte lettrice. Pensi di riproporlo in una nuova inchiesta?

Una moglie spalla del mio commissario, disegnata ricalcando, in alcuni aspetti, la signora Maigret. Attualmente sto scrivendo una storia ambientata a oggi e che ripesca, in qualche modo, i fatti di “Colpe senza redenzione” quasi settant’anni dopo, ma senza Ermes De Luzio che, invece, dovrebbe riprendere il suo posto in un romanzo in cui, tornando a quella vicenda, ne rimette in discussione molte verità. Insomma, un secondo tempo dove, come ha ben individuato Fabio Lotti, “Non è detto che, trovato il colpevole, la storia sia finita…”

Da “Colpe senza redenzione” e anche da “Un’altra verità” un giallo ambientato in Sardegna abbiamo appreso che ti piace molto Simenon ma quali sono gli altri giallisti che leggi con piacere?

Simenon occupa il trono nel mio personale Olimpo degli autori, gli altri, riferendomi, naturalmente, ai soli autori di gialli e noir, gli fanno da corona, autori italiani che oltre alla storia in sé sanno darmi qualcosa in più: Fois, Masala, Todde, Angioni, Giacobbe, Bernardi, Varesi, Vichi, Simi, Morchio, Lucarelli, De Giovanni, ma, in questo contesto, mi piace ricordare in particolare il grande Sciascia. 

Ti ringrazio per l’intervista facendoti i complimenti per questo giallo veramente ben scritto e fonte di tante riflessioni.

Grazie a te per il tempo che mi hai dedicato e per le belle parole con le quali hai accolto il mio romanzo, con la speranza che sia accolto allo stesso modo da un gran numero di lettori, a te, a loro e ai visitatori di ThrillerNord i miei auguri per le prossime festività.

Salvatore Argiolas

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