Intervista a Paolo Forcellini




A tu per tu con l’autore


 

Ciao Paolo, nel ringraziarti per aver ritagliato qualche minuto del tuo tempo per rispondere ad alcune domande per Thrillernord, mi complimento per “Vipere a San Marco” che ho particolarmente apprezzato.

«Grazie a te per l’attenzione che mi hai voluto dedicare.»

Nel tuo nuovo romanzo esordisce un nuovo personaggio, il giornalista Alvise Salvadego che con la collega Gaspara Maravegia e il vicequestore Bastiano Possami costituisce un terzetto veramente intrigante. Pensi di utilizzarli per altri libri?

Penso di sì, sto già lavorando a un secondo thriller con i medesimi protagonisti. Comunque non ho abbandonato il commissario Marco Manente, figura principale dei miei precedenti quattro gialli editi da Cairo. Se tutto va secondo i programmi, il mio commissario veneziano politicamente scorretto dovrebbe tornare in libreria quest’autunno.

La riunione quotidiana della redazione dell’”Istrice” viene chiamata “messa cantata” come quella che teneva Scalfari alla “Repubblica”. Ogni riferimento è puramente casuale o hai voluto inserire dei riferimenti precisi?

Il direttore dell’“Istrice” non ha nulla a che vedere con Scalfari, qualche altro personaggio ha dei tratti somiglianti a miei colleghi di tanti anni trascorsi all’“Espresso” o anche a redattori di “Repubblica” con cui abbiamo condiviso linea editoriale e anche la sede per diverso tempo. In ogni caso mi pare che l’espressione “messa cantata” si adatti perfettamente alla gran parte delle riunioni di redazione di tutti i giornali: c’è sempre un celebrante, in genere il direttore, circondato dal suo staff di chierichetti, e il narcisismo è diffuso fra i giornalisti che amano sfilare in passerella pontificando. Poi le decisioni più importanti in genere vengono prese altrove.

I tuoi thriller sono degli intarsi di ironia, suggestioni storiche, culturali e artistiche che li rendono molto intriganti che sono la cifra stilistica che unisce “Vipere a San Marco” al ciclo di Marco Manente. Hai in programma qualche libro ambientato in qualche altra località?

Ho cominciato a scrivere gialli ambientandoli a Venezia per recuperare in qualche modo un rapporto con la mia città natale che avevo lasciato per lavoro da decenni. Almeno con i libri non abbandonerò più la laguna. Quanto agli “intarsi”, ritengo che il genere giallo sia l’espressione del romanzo realistico dei nostri tempi. Ma siccome ormai il giornalismo cartaceo e televisivo vivisezionano fino ai minimi e più agghiaccianti particolari i più efferati delitti (mentre un tempo la cronaca nera non esisteva o era assai edulcorata) chi scrive noir deve scegliere tra fare concorrenza a quel tipo di informazione, mettendosi sulla scia di un Quentin Tarantino (sangue, sangue e ancora sangue) oppure condire il racconto con l’ironia, l’ambiente e la sua storia, anche culturale, e magari pure utilizzando un linguaggio con le inflessioni e le parole tradizionali-locali non ancora dimenticate.  

Dopo aver letto “Vipere a San Marco” ho riletto immediatamente “La tela del doge” prima avventura del politicamente scorretto Manente e ho apprezzato particolarmente la parte del furto alla Scuola Dalmata, un gioiello architettonico incredibile. Visto il successo della trasposizione televisiva dei gialli italiani possiamo sperare di vedere in TV questo thriller veramente interessantissimo?

Questo bisogna chiederlo a sceneggiatori, produttori, proprietari di canali tv. Ovvio che mi piacerebbe molto, ma non so valutare se i miei gialli siano adatti, anche dal punto di vista economico, a una trasposizione televisiva. La parola a chi se ne intende.

Alvise Salvadego è un personaggio molto azzeccato che si diletta di matematica e si rilassa riflettendo sulla congettura di Keplero. C’è qualche riflesso autobiografico?

Il mio rapporto scolastico con la matematica è stato di amore e odio, a fasi alterne. Forse in fondo in fondo mi piacerebbe recuperare il periodo in cui ero molto bravo a risolvere i problemi, con l’intuizione, mentre vorrei cancellare quello in cui sarebbe stato necessario studiare e la matematica mi ha causato una bocciatura.

Sono tantissimi i gialli/noir/thriller ambientati a Venezia, da “Moonraker” con James Bond a “Com’è bella Venezia” di Sanantonio. Qual è il noir veneziano che ritieni il più aderente alla realtà lagunare e qual è il tuo preferito?

Posso solo rispondere in negativo: l’autrice più nota al mondo di thriller ambientati a Venezia è l’americana Donna Leon. Ha scritto una ventina di romanzi con il commissario Brunetti, tradotti in molte lingue e da cui è stata tratta almeno una serie tv, mi pare tedesca. Ebbene, la sua Venezia è da cartolina, falsa. E’ una Venezia da turisti sprovveduti che visitano la Serenissima in quattro e quattr’otto, limitandosi a impressioni superficiali e ai monumenti e luoghi più noti. Forse per questo non ha mai voluto essere tradotta in italiano, è consapevole dei suoi limiti. Poi ci sono singoli gialli di vari autori, come quelli citati nella domanda, taluni di valore, mentre difettano le serie con il medesimo protagonista che abbia un suo pubblico di aficionados.

Paolo Forcellini

A cura di Salvatore Argiolas 

 

Acquista su Amazon.it: