Intervista a Piergiorgio Pulixi




A tu per tu con l’autore


 

 

Piergiorgio, senza svelare nulla, si può dire che alla base del tuo nuovo thriller “Un colpo al cuore”, ci sia un profondo ragionamento su quello che sia il senso, l’etica, la pratica, il fine ultimo e la sua applicabilità, della Giustizia. Mesi fa, anche un’autrice del calibro di Barbara Baraldi, ha fatto del concetto di Giustizia, con approccio diverso, il motore del suo “Sentenza Artificiale”.  Mi chiedo, due autori della vostra sensibilità e senso del contemporaneo, sentono di dover riflettere, pur se in maniera diametralmente opposta, sul concetto di Giustizia, in quanto ciò è particolarmente figlio dei tempi che stiamo vivendo, o perché risponde ad un bisogno ancestrale dell’uomo, un grande interrogativo che ci portiamo dentro? Cosa ha significato per te affrontare questa tematica?

Credo che la tua espressione “senso del contemporaneo” renda molto l’idea e penetri l’urgenza che mi ha mosso ad affrontare questa tematica. Era da tempo che parlando con le persone avvertivo in loro una profonda disistima e reticenza verso la Giustizia italiana. Questo devo confessarti che mi ha sempre inquietato. Perché un Paese che non è in grado di soddisfare i legittimi bisogni di giustizia ed equità del popolo non è un Paese civile. O quantomeno lo è soltanto a metà. Il noir ha un legame molto stretto con la realtà. Ma credo che in generale la letteratura che prediligo e mi piace praticare sia quella che affronta i problemi e le tematiche del proprio tempo. Quindi è stato molto naturale sostenere il problema della giustizia/ingiustizia, del bene e del male, e del confine molto labile tra giustizia riparatrice e vendetta. Come giustamente dici tu sono anche bisogni ancestrali dell’uomo. In qualche modo sono i fondamenti del vivere comune. Se questi mancano, crolla tutto il resto. Io ho voluto raccontare proprio questo: il crollo di un sistema a opera di un serial-killer molto sui generis, e forse sarebbe meglio definirlo “social-killer”. È di certo un romanzo d’evasione, d’intrattenimento e dalle forte emozioni, ma è anche una riflessione amara sui tempi che stiamo vivendo.

Un colpo al cuore” è un thriller ambizioso, volto a soddisfare un’ampia esperienza di lettura. A partire dal tema portante, per arrivare alla coralità dei personaggi ed alla partitura delle loro psicologie, fino all’ambientazione a cavallo tra Sardegna e Milano, di cui per ogni luogo, eccezion fatta per le scene del crimine in essere prima della loro scoperta, viene data specifica coordinata. Ci racconti qualcosa della sua stesura? Dall’idea di raccontare questa storia, fino alla gestione pratica, nella scrittura, dei diversi piani?

Il mio intento come autore è quello di cercare di dare ai lettori sempre qualcosa di diverso rispetto al romanzo precedente. Possibilmente differente e più bello. Più immersivo e meglio costruito. Sapevo perfettamente che non aveva senso – e inoltre sarebbe stato impossibile – replicare “L’isola delle anime” quanto a tematiche e costruzione, perché quella storia era troppo particolare per ricamarci ancora attorno. Idem per lo stile più letterario con cui l’avevo scritto. Dovevo cambiare strada. Se “L’isola delle anime” è giocato sull’elegia e sulla profondità, “Un colpo al cuore” nelle mie intenzioni doveva puntare sul ritmo, sulla scorrevolezza e su una esperienza di lettura ad alto gradiente di partecipazione emotiva e morale. Avevo un’idea che mi sembrava forte – il coinvolgimento diretto del pubblico su una pena di morte comminata attraverso i social network – ma per farla fruttare al meglio dovevo inserirla in una struttura narrativa agile ben costruita. Il problema (o forse la grande opportunità) è stato l’arrivo della pandemia. Avevo già scritto 80-90 pagine del romanzo e avevo una sinossi molto dettagliata del seguito quando ho dovuto fermarmi perché mi sono reso conto a quel punto che le esigenze dei lettori erano cambiate: se possibile, c’era bisogno ancora in misura maggiore di evasione, di intrattenimento di altissima qualità che rivaleggiasse con le splendide serie televisive che ormai erano diventate compagne fedeli di una larghissima fetta della popolazione. Il pubblico si era ormai assuefatto a un linguaggio estremamente veloce e immediato. A mio avviso anche la mia scrittura doveva in qualche modo adattarsi a questa nuova agilità e velocità. Così sono ripartito da zero e ho riscritto il romanzo tenendo conto di questa nuova consapevolezza. Non l’ho vissuta male. Anzi. È stato un modo di riflettere sul significato stesso della letteratura come stampella artistica nei momenti difficili per le persone. Mi sono ingegnato per creare dei meccanismi narrativi che li tenessero il più possibile dentro il mio “mondo narrativo”, facendo dimenticare loro le brutture del periodo che stavamo e stiamo vivendo.

Vito Strega. Pur nella coralità che si diceva e che caratterizza questo romanzo, il personaggio cardine è lui. Interessante come tu lo presenti visto dagli occhi delle “colleghe” Rais e Croce e pochissimo della sua storia emerga da lui in prima persona. Chi conosce Strega qui,per la prima volta, ne ha un ritratto in qualche modo filtrato. Oltre che per esigenze narrative, è stata una tua scelta ponderata? Cosa ci puoi dire di Strega ante “Un colpo al cuore”, cosa è cambiato in lui? Che Strega è oggi  in considerazione del suo passato? 

È un personaggio sicuramente più solare e “risolto” rispetto a “Il Canto degli innocenti” e a “La scelta del buio”, e questo in parte è dovuto all’effetto lenitivo del tempo (è trascorso qualche anno dalla prima indagine) ma soprattutto dalla chimica che si crea con Croce e Rais verso cui nutre un profondo istinto di protezione. Forse trova in loro delle similarità col suo metodo investigativo ma soprattutto sono simili nella dedizione verso le indagini. In più, Strega si accorge che Croce sta attraversando un brutto periodo, per certi versi molto simile a quello che ha affrontato lui nel romanzo “La scelta del buio” e cercherà di aiutarla a venirne fuori senza troppi danni. A livello investigativo, invece, è un criminologo che ha maturato negli ultimi anni diverse esperienze e ha trovato un equilibrio professionale insegnando criminologia ai futuri investigatori dell’Uacv con cui collabora. 

Le figure femminili, non solo per via delle co-protagoniste Mara Rais ed Eva Croce,  che ritroviamo dopo “L’isola della anime”, sono molto importanti e significative in queste pagine. Indaghi e restituisci l’universo femminile senza retorica e ponendo molta attenzione agli inevitabili chiaroscuri e contraddizioni. Paradossalmente, ritengo poi che l’essenza del femminile, sia mirabilmente  concentrata in una certa Sofia, sublimemente e finemente da te tratteggiata. Proprio su Sofia mi vorrei soffermare,  per chiederti cosa attira e ispira  Piergiorgio Pulixi nella costruzione e nella concezione di un personaggio.

Qualsiasi caratteristica comportamentale o tratto psicologico che renda il personaggio immediatamente vivido, incisivo e accessibile ai lettori. Deve esserci un elemento familiare – nel senso di noto – che permette loro di riconoscere subito quel dato personaggio. L’empatia è fondamentale per creare un legame tra personaggio e lettore. Solitamente parto da questo primo ramo costituito dall’elemento cardine su cui voglio costruire l’empatia; poi vado avanti con una progressione arborescente di tutta la struttura psicologica, morale e fisica del personaggio. Credo anche sia necessario dare sempre ai personaggi dei desideri, delle motivazioni e dei punti deboli immediatamente riconoscibili. Se si vuol far stagliare il personaggio per caratura letteraria, il lettore lo deve sentire vivo: deve avvertire il pulsare del cuore umano del personaggio. Se così non fosse, il personaggio apparirebbe piatto e bidimensionale. Anche i chiaroscuri sono elementi determinanti per la buona riuscita di un personaggio: tutti noi siamo ambigui nelle nostre contraddizioni e nei desideri che ci animano e che spesso confliggono con i nostri bisogni psicologici. Questo crea conflitto, sfaccettature, profondità. E sono tutte peculiarità che intrigano i lettori.

E’ legittimo, oltre che auspicabile, aspettarsi che “Un colpo al cuore” non solo abbia un seguito, ma inauguri nelle tue prospettive addirittura un nuovo ciclo?

Me lo auguro. Sicuramente capiterà in un futuro prossimo che Eva e Mara dividano ancora parte del loro percorso con Strega. È una soluzione narrativa che i miei lettori hanno amato molto. Sai, scrivere serie letterarie regala tante soddisfazioni, ma solleva anche svariati problemi: uno fra tutti è la ripetitività: se non stai attento, finisci con lo scrivere sempre la stessa storia con minime variazioni. A mio avviso uno dei modi per eludere questo pericolo è diversificare i protagonisti delle serie, ed è quello che vorrei fare in futuro. Ci saranno sempre gli stessi protagonisti, coadiuvati da nuovi personaggi, ma non è detto che un comprimario non possa diventare un protagonista e viceversa. Così come non è il più tempo di porre steccati tra generi diversi, credo che non sia nemmeno il tempo di continuare a declinare la serialità in maniera classica perché le esigenze e i gusti dei lettori sono cambiati. 

Grazie di cuore, con i miei complimenti

Sabrina De Bastiani

 

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