Intervista a Piernicola Silvis




A tu per tu con l’autore


 

Leggendo i suoi romanzi si evince una profonda conoscenza delle gerarchie all’interno della Polizia di Stato e di tutto ciò che concerne la pubblica sicurezza. Quanto del suo lavoro si ritrova nei suoi romanzi?

Ho lavorato nella Polizia come dirigente per molti anni, perciò conosco bene dinamiche che è difficile anche solo immaginare. Del mio lavoro c’è molto, nei romanzi. È un lavoro che ho amato, e desideravo, creando il personaggio Bruni, mostrare ai lettori qual è la realtà che esiste dietro le indagini più difficili, il modo di pensare dei poliziotti e dei malavitosi, le battute ironiche, le ansie, i dubbi, i drammi, i problemi personali.

Il suo protagonista, Renzo Bruni è un uomo dal forte appeal, nonché un ottimo poliziotto. In “Formicae” si sente ancora insicuro per il caso irrisolto della scomparsa di un bambino. Sembra essere insicuro delle proprie capacità, poi, in “La Lupa” il poliziotto capace, diligente e operativo che è in lui emerge. Un personaggio che cresce, muta, in continuo mutamento. È questo che accade nella realtà? Il crimine ti plasma, ti cambia? Lei che ha lavorato a stretto contatto con il crimine, è cambiato nel corso del tempo?

Bruni è un personaggio molto reale, e per questo forse poco letterario. Lo scrivo d’istinto, perché è la summa di tantissimi colleghi che lavorano notte e giorno. Tutti noi, poi, abbiamo momenti di insicurezza e altri di decisione, e Bruni non sfugge alla regola. Quando ho deciso di crearlo, mi sono chiesto come gestirne la figura, e mi sono detto semplicemente: fagli fare, dire e pensare quello che, in linea di massima, faresti, diresti e penseresti tu in quella situazione. Passare anni in una posizione di comando in un corpo come la Polizia ti modifica, è chiaro, e c’è il rischio di diventare un po’ arroganti. A me però è successo il contrario: ora mi piace molto lasciare le decisioni ad altri, mi sono stancato di decidere, anche se forse questo può far sorridere.

In “Gli Illegali” il crimine viene affrontato sotto un altro punto di vista: quello “buono”, se così vogliamo dire. Leggendo questo romanzo la domanda che ci si pone è: chi siamo noi per poter dire cosa è o non è Illegale. Il filo sottile dell’illegalità ci fa stare da una parte o dall’altra in base a ciò che la vita ci porta a dover affrontare. Ma è facile passare dall’altra parte se la necessità ci richiede di rischiare il tutto per tutto per il bene delle persone che ci stanno a cuore. È davvero “criminale” un’azione compiuta se il risultato di questa azione può apportare del bene ad altri?

Capisco cosa vuoi dire, e non posso spoilerare la trama de Gli Illegali. Per me il crimine è sempre il crimine, le leggi esistono e nessuno può violarle impunemente. È chiaro, però, che chi agisce sotto una spinta emotiva drammatica o per costrizione, va valutato in modo diverso rispetto a chi si diverte a delinquere. E il codice penale infatti, ma non tutti lo sanno, ha una struttura normativa finalizzata proprio a graduare i reati, con tutta una serie di esimenti, attenuanti e aggravanti che servono a dare “colore” al reato, cioè a farlo apparire nella sua esatta veste di fatto umano, per dare al giudice la possibilità di decidere la pena (o l’assoluzione) in tutta coscienza.

In “Formicae” un giovane Bruni intraprende un’indagine su casi di scomparsa che sfocia nella pedofilia, dove forse vittima e carnefice non sono poi così diversi. In “La Lupa” troviamo un filone che trasporta il lettore dal primo romanzo a questo. Molti personaggi si ritrovano anche in questo romanzo, ma la narrazione è in parte diversa. In quest’ultimo romanzo poi, ho notato un cambiamento repentino nel modo di narrare le vicende accadute. La narrazione è meno incalzante, ma non per questo meno pregevole. Il lettore ha modo di fermarsi a meditare su ciò che viene raccontato. Da cosa nasce questo cambiamento nello stile? È proprio il desiderio di voler far soffermare su alcuni tratti della storia ad averla indotta a ricercare uno stile più “tranquillo” e riflessivo?

È vero, e i motivi di questo cambio di passo sono diversi. Il primo è che ogni indagine è diversa dalle altre. In genere il delitto “principe” dei thriller, in particolare di quelli italiani, è l’omicidio commesso da un maniaco o una serie di omicidi commessi da serial killer. Per chi non conosce il mondo delle indagini, con tutta la letteratura che esiste su questi casi, è (relativamente) facile impostare una trama su quelle tematiche. In realtà, però, di reati da esplorare, oltre gli omicidi di instabili di mente, ce ne sono parecchi. Io ho la fortuna di avere indagato su moltissime vicende, quindi ho un’esperienza che mi consente di affrontare molte altre tematiche criminali. E inoltre sarebbe falso continuare a scrivere solo di serial killer, perché qui da noi ce ne sono pochi, non siamo negli USA. Nell’inventare storie mi sforzo di dare al lettore un panorama più ampio, di fargli vivere quello che vivono gli investigatori, con indagini che vanno ben oltre la situazione omicidiaria insana. Perciò se in Formicae c’è il classico serial killer, in La Lupa ho descritto una guerra senza esclusione di colpi fra stato e mafia, mentre in Gli Illegali si scende nell’abisso di colletti bianchi tormentati. Ogni indagine è diversa dalle altre, perciò se in Formicae c’era il pressing spietato dell’opinione pubblica per catturare il killer, nella Lupa c’è il ritmo forsennato di una battaglia senza esclusione di colpi (qualcuno mi ha scritto che sembrava di vedere la serie tv Narcos). In Gli Illegali, al contrario, non c’è il pressing furioso di stampa e opinione pubblica, è un’indagine sotterranea che può essere gestita in modo più riflessivo. C’è anche un altro motivo, però, dovuto a una precisa scelta. Ho voluto, come dici tu, consentire al lettore di stare più sulla pagina, di riflettere su certi passaggi. Ho dedicato molta attenzione ai personaggi – come Manuel Capone, Ludovico Ajello, Ciruzzo Rocckenroll, Paolo Gonzales – e alle vicende dei figli. Forse il ritmo è sceso, ma se vogliamo ne sono contento. Dopo aver letto la Lupa una lettrice importante mi disse: “E talmente vorticoso che ti fa girare pagina di continuo, ma questo ti impedisce di godersi la singola pagina!” Ho pensato che era vero e che forse, come si dice, avrei fatto bene a darmi una calmata. La sfida era perciò diventata di far girare le pagine ma contemporaneamente di lasciare spazio al lettore per godersi la pagina, e Gli Illegali è il figlio di questa sfida. In questi giorni sto chiudendo la storyboard della trama del prossimo, dove trascinerò Bruni in una sfida terribile in un altro campo criminale molto poco esplorato, una storia di cui sono orgoglioso ma anche gelosissimo. E, visto che l’esperienza non è acqua, anche in questa nuova (notevole) fatica cercherò di unirò velocità di lettura, riflessioni su vicende della vita e personaggi che vorrei restassero nella memoria. In fondo il noir cos’è, se non un mezzo per scrutare nei meandri più remoti della società?

Piernicola Silvis

Sara Ferri

 

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