Io non ci volevo venire




Recensione di Gabriele Loddo


Autore: Roberto Alajmo

Editore: Sellerio Editore

Genere: Giallo

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Da piccolo era stato uno di quei bambini goffi, tardi, vittime un po’ volontarie, che i compagni di calcetto mettono ogni volta a giocare in porta. Da adulto, Giovanni Di Dio, per tutti Giovà, non è cambiato poi molto: sovrappeso, per nulla svelto, prematuramente fallito a scuola. Per non vederlo dormire tutto il giorno, cosa che lui sa fare meglio di ogni altra, la madre gli ha trovato un posto come guardia giurata. Per ottenerlo, la signora Antonietta si è rivolta allo Zzu. Uomo di gran conto nel quartiere, che dal terrazzino del suo minuscolo bar domina su tutto e tutti, con modalità che in zona ognuno sa e nessuno dice. Trent’anni dopo Giovà viene convocato per ricevere uno strano incarico, totalmente al di sopra delle sue forze. È sparita una bella ragazza, Agostina Giordano. I carabinieri la cercano, ma delle loro indagini non si sa nulla. La cosa incredibile è che non ne sappia niente nemmeno lo Zzu che, per svelare il mistero, è costretto a rivolgersi a quella cosa inutile di Giovà. Un’indagine parallela e riservata, condotta da un incompetente che non riuscirebbe a cavarsela senza una specie di comitato investigativo composto da tutte donne che, specialiste nello smistamento di voci raccolte in giro, fanno luce nella direzione in cui Giovà deve guardare. Il risultato è però che l’investigatore riluttante di questo anomalo poliziesco finisce per affrontare un’alternativa che mette a repentaglio la sua stessa sopravvivenza. L’azione si svolge nella borgata palermitana di Partanna, attaccata come gemella siamese alla più rinomata e opulenta Mondello. Questa sul mare, l’altra ai piedi di una montagna, separate da un confine impercettibile eppure abissale. La prosa, dialettale solo per le spezie dei dialoghi, è divertente e ironica, in grado di restituire l’allusività e il senso multiforme delle conversazioni in Sicilia. L’autore ne rappresenta tutti i codici di comunicazione, compresa la prossemica di chi parla. È una specie di danza: avvicinarsi, allontanarsi, farsi sotto, restare in disparte. Roberto Alajmo ha scritto un mystery comico e grottesco, al centro del quale emergono due tematiche molto siciliane: il millenario contrasto che qui regna tra verità e giustizia, e la piaga del vecchio che sempre si aggrappa al nuovo per imprigionarlo e modellarlo. Quasi un tributo a quella che Sciascia chiamava «verità letteraria».

Recensione

Quando Giovanni Di Dio è convinto che la propria vita sia ormai destinata a scorrere placida comeil ruscello che ha raggiunto il fondovalle, ecco che i problemi arrivano a destabilizzarne i progetti. Dante Alighieri l’avrebbe relegato nell’antinferno, l’avrebbe messo a bighellonare insieme agli ignavi data la propensione e la capacità che possiede di scansare fatiche e doveri. L’uomo occupa ilsuo quotidiano viaggiando al risparmio, andando al minimo dei giri.

E questo lo fa anche grazie allavoro routinario di ronda che svolge per un’agenzia di sicurezza, alle frequenti pennichelleristoratrici che intervalla durante i controlli, ai pasti squilibrati che lo fanno ingrassare sempre più, ealla noia, mesta compagna di un’esistenza che ne culla le membra generando un appagante senso di soddisfazione. Giovanni non chiede altro, desidera arrivare alla fine dei suoi giorni evitandod’imbattersi in responsabilità e compagne di vita, continuando ad abitare la casa dei genitori comefosse un eterno bambino che necessiti di cure o di una guida che lo indirizzi verso le scelte. E tutto scorre sereno, se non fosse per il fatto che sulla sua testa pesa un debito col personaggio più pericoloso di Partanna, piccolo quartiere di Palermo dove risiede con i parenti.

Una donna è misteriosamente scomparsa e questo è un oltraggio per l’onore di Zzu, il boss mafioso che controlla e gestisce la zona. È lui che trent’anni prima ha procurato il lavoro a Giovanni, e Giovanni ora deve ricambiare il debito d’onore. Purtroppo l’uomo è il massimo dell’incompetenza e anche l’incarico più semplice diviene un ostacolo insormontabile.

Tra eventi ironici e continui pasticci, Roberto Alajmo redige un giallo dalle sfumature grottesche.Tutto ruota attorno alle abitudini di un protagonista che cerca di scansare le incombenze che il destino gli riserva, anche quando queste sono preoccupazioni motivo di sopravvivenza.

La trama è originale, come è interessante lo stile che risulta rapido e moderno. Il linguaggio è quello comune come comuni sono gli stereotipi e i vizi su cui gioca l’autore senza apparire mai pesante o scontato.

Anzi, per quanto mi riguarda, il risultato finale è stato piacevole e divertente.

Roberto Alajmo


Giornalista professionista dal 1992, dal 1988 è al TG3 Sicilia della RAI dove è assunto nel 1993, oltre a collaborare con diverse testate nazionali. È stato docente a contratto di Storia del Giornalismo alla facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Palermo. Le sue opere sono tradotte in inglese, francese, olandese, spagnolo e tedesco. Suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie La porta del sole (Novecento, 1986), Luna Nuova (Argo, 1997), Raccontare Trieste (Cartaegrafica, 1998), Sicilia Fantastica (Argo, 2000), Strada Colonna (Mondello, 2000), Il Volo del Falco (Aragno, 2003), Racconti d’amore (L’ancora del mediterraneo, 2003). È autore del libretto dell’opera Ellis Island, con musiche di Giovanni Sollima (Palermo, Teatro Massimo, 2002). Il suo romanzo È stato il figlio ha avuto una trasposizione, nel 2012, in un omonimo film per la regia di Daniele Ciprì, con Toni Servillo come interprete protagonista. Il 27 settembre 2013 è stato nominato direttore dell’Ente Teatro Biondo Stabile di Palermo, dopo 15 anni di gestione di Pietro Carriglio. Oltre ai diversi premi per i singoli romanzi, ha vinto per la carriera il premio Ercole Patti.

 

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