Io sono l’abisso




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Donato Carrisi

Editore: Longanesi

Genere: thriller

Pagine: 384

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Sono le cinque meno dieci esatte. Il lago s’intravede all’orizzonte: è una lunga linea di grafite, nera e argento. L’uomo che pulisce sta per iniziare una giornata scandita dalla raccolta della spazzatura. Non prova ribrezzo per il suo lavoro, anzi: sa che è necessario. E sa che è proprio in ciò che le persone gettano via che si celano i più profondi segreti. E lui sa interpretarli. E sa come usarli. Perché anche lui nasconde un segreto. L’uomo che pulisce vive seguendo abitudini e ritmi ormai consolidati, con l’eccezione di rare ma memorabili serate speciali. Quello che non sa è che entro poche ore la sua vita ordinata sarà stravolta dall’incontro con la ragazzina col ciuffo viola. Lui che ha scelto di essere invisibile, un’ombra appena percepita ai margini del mondo, si troverà coinvolto nella realtà inconfessabile della ragazzina. Il rischio non è solo quello che qualcuno scopra chi è o cosa fa realmente. Il vero rischio è, ed è sempre stato, sin da quando era bambino, quello di contrariare l’uomo che si nasconde dietro la porta verde. Ma c’è un’altra cosa che l’uomo che pulisce non può sapere: là fuori c’è già qualcuno che lo cerca. La cacciatrice di mosche si è data una missione: fermare la violenza, salvare il maggior numero possibile di donne. Niente può impedirglielo: né la sua pessima forma fisica, né l’oscura fama che la accompagna. E quando il fondo del lago restituisce una traccia, la cacciatrice sa che è un messaggio che solo lei può capire. C’è soltanto una cosa che può, anzi, deve fare: stanare l’ombra invisibile che si trova al centro dell’abisso.

Recensione

Come iniziereste, voi, una recensione riguardante l’ultimo romanzo di Donato Carrisi?

Con quale tono?

E quali aggettivi scegliereste?

Sicuramente molti superlativi, ne sono quasi certa.

“Io sono l’abisso” invece mi ha lasciato un pochino l’amaro in bocca.

Del resto è assodato che quando si è abituati all’eccellenza si tende ad alzare l’asticella delle aspettative. Questo è il rischio concreto di chi è universalmente visto come un genio assoluto nel proprio campo. Ed è anche probabilmente l’effetto collaterale indesiderato di chi ogni anno sforna un romanzo da dare in pasto ai lettori. Una frequenza incalzante, che obbliga a partorire idee a velocità sostenuta.

Donato Carrisi e le sue opere soggiacciono a questa cruda legge.

Eppure è assodato che Donato Carrisi scriva divinamente. La sua penna è leggera, mai eccessiva. Ma sa anche essere pesante come un macigno, pur senza ricorrere ad orpelli e artifici. Carrisi sa come abbacinare il lettore. Come disorientarlo. Come fargli credere ciò che vuole. Carrisi sa dove portare il lettore e con quale modalità. Carrisi è un vero e proprio ipnotizzatore, brillante e terribilmente conscio di questa sua qualità.

Ciò che più amo in lui è l’affabulazione. Il potere di indurti a pensare cose che in realtà sono l’esatto contrario di ciò che hai creduto fino ad un attimo fa. In questo ultimo lavoro Carrisi sfoggia divinamente questo suo potere, in diverse occasioni.

E amo follemente i suoi personaggi. Donne e uomini spesso improbabili, crudeli, malati. La cui mente vacilla, in sospeso tra realtà e finzione.

Donne e uomini senza nome, apostrofati mediante epiteti fantasiosi e insoliti, quasi a voler sottolineare il loro essere anonimi, perfetti esempi dell’aberrazione umana. Anonimi, ma anche stereotipi. Esempi da manuale dell’infelicità e della devianza dell’essere umano.

L’Uomo che Pulisce ne è un magnifico esempio. Una personalità disturbata, che non suscita alcuna compassione nel lettore. L’ombra di un uomo, del quale a malapena rispecchia l’aspetto esteriore, sfibrata da una visione distorta della vita, accartocciata su se stessa da vari strati di orrore che gli si sono appiccicati addosso. La certezza di conoscere e replicare solo il male. Di non essere capace di altro. La necessità di essere invisibile, perché in fondo invisibile agli occhi degli altri lo è sempre stato. L’apoteosi del trauma. La terribile conseguenza dell’abuso, che Carrisi non evita mai di rappresentarci senza alcuna censura. Con un fraseggio e un realismo che non hanno eguali!

Come in quasi tutti i romanzi di Carrisi si parla del Male. In ogni sua declinazione e forma. Il male che si nasconde anche dove non dovrebbe. Tra le pareti di una casa, nell’abbraccio di un uomo e di una donna, nelle forme più estreme dell’amore.

In “Io sono l’abisso” il male è perpetrato contro chi invece andrebbe protetto. Accanto ai personaggi che impersonificano il Male ci sono delle figure deboli e influenzabili che sono vittime della loro ingenuità e del loro bisogno di attenzione.

C’è chi salva e chi viene salvato. C’è chi cerca risposte e chi le ha già trovate. Ci sono madri assenti, crudeli, pazze. E madri che hanno fallito e che hanno ripudiato il loro ruolo per sempre.

Carrisi è un burattinaio magnifico e tiene i fili di questi personaggi in maniera impeccabile.

E come in ogni rappresentazione che si rispetti questi personaggi si incontreranno. Perché il male è un cerchio, ed è un cerchio perfetto, senza sbavature. Una linea che inizia dove già è finita e che finisce esattamente dove è iniziata. Una trama congegnata perfettamente, in cui progressivamente si intravedono stralci di verità e di un passato che fa davvero accapponare la pelle!

Il destino è imprevedibile e anche chi credeva di non esserne capace si troverà a proteggere e a salvare. Male e bene non hanno mai una sola faccia. Mai come in “Io sono l’abisso” il lettore interiorizza questo assioma. E buoni e cattivi giocano spesso a scambiarsi di ruolo, per confonderci. Per minare le nostre certezze.

C’è scarsità di amore, in questo romanzo. C’è un’ eco profonda che suona sinistre note, che ci spaventano e ci aprono gli occhi di fronte all’abisso.

Si, l’abisso. Che è l’esatta misura dal nostro lato nascosto e segreto. E mentre noi nascondiamo la nostra faccia più cruda, c’è chi ci vede così come siamo, senza veli.

Carrisi stavolta ci lascia tuttavia una debole speranza. Nella annosa dicotomia tra bene e male c’è una luce fioca che affiora nelle crepe e che dobbiamo stare attenti a non soffocare. Eppure la luce si spegnerà, di colpo, Ma niente potrà cancellate il semplice e stupefacente fatto che c’è stata, a spaccare le tenebre, seppure per un attimo.

Un breve cenno anche alle ambientazioni che mi hanno ricordato quelle de “La ragazza nella nebbia”. Stessa claustrofobia, stessa sensazione di paura in luoghi che di solito sono descritti a tinte brillanti.

Come ho già detto, ho trovato L’Uomo che Pulisce un personaggio davvero intenso e a suo modo meraviglioso. Così come lo è la Cacciatrice di Mosche, una donna distrutta, che ha vissuto l’abominio peggiore che una madre può sopportare. Una donna che trova conforto solo aiutando gli altri e che non conosce il perdono.

La Ragazzina Con Il Ciuffo Viola invece è uno personaggio che ho trovato un po’ banalizzato. Come anche i rimandi alla violenza sulle donne: un tema ovviamente importante ma sfruttato, usato e riutilizzato a più riprese in letteratura. Sinceramente ho fatto davvero fatica a realizzare che Carrisi scrivesse di lividi, vestiti ampi e trucco per correggere i segni di un pugno. No, queste parti non avrei davvero voluto leggerle! Ma senza queste pagine avremmo avuto un libro davvero piccolo piccolo, dato che in “Io sono l’abisso” non si arriva alle 400 pagine.

Il finale prevedibile e scontato lascia davvero delusi. Ci si riprende nell’epilogo, dove c’è in effetti un colpo di scena notevole. Che si interpreta, ritengo, solamente in un solo senso, ossia che il mondo è davvero piccolo, talvolta!

Insomma, questa volta esco dalla lettura di Carrisi un poco amareggiata. Eppure, alcune parti sono davvero meravigliose!

Pagine che mi hanno tenuto in sospeso, con la tachicardia a far l’occhiolino al cuore e il cuore a manovrare il cervello, a più riprese ingannato splendidamente dalla penna esperta dell’autore. A volte si vorrebbe che un libro non finisse mai ed è proprio questa sensazione che mi ha preso in ostaggio. Ho una terribile nostalgia dell’Uomo che Puliva e della Cacciatrice di Mosche e credetemi, quello che si apprende nelle ultime pagine fa si che questa nostalgia canaglia sia oltremodo insopportabile!

Comunque, amanti di Carrisi e non, lanciatevi a cuor leggere nella lettura di questo ultimo romanzo. Le pagine scorreranno senza intoppi, l’emozione non mancherà, come mai farà difetto l’ineffabile prosa del nostro Carrisi nazionale!

Che poi ci si imbarchi, come ho fatto io, nella crociata di trovar difetti a chi di difetti difetta, è un’altra storia. A volte è necessario essere critici, se non altro per non essere ripetitivi e scontati.

Buona lettura a voi!

 

 

 

Donato Carrisi


 è nato nel 1973 a Martina Franca e vive fra Roma e Milano. Dopo aver studiato giurisprudenza, si è specializzato in criminologia e scienza del comportamento. Scrittore, regista e sceneggiatore di serie televisive e per il cinema, è una firma del Corriere della Sera. È l’autore dei romanzi bestseller internazionali (tutti pubblicati da Longanesi) Il suggeritore, Il tribunale delle anime, La donna dei fiori di carta, L’ipotesi del male, Il cacciatore del buio, La ragazza nella nebbia – dal quale ha tratto il film omonimo con cui ha vinto il David di Donatello per il miglior regista esordiente –, Il maestro delle ombre, L’uomo del labirinto – da cui ha tratto il film omonimo – , Il gioco del suggeritore e La casa delle voci. Ha vinto prestigiosi premi in Italia e all’estero come il Prix Polar e il Prix Livre de Poche in Francia e il Premio Bancarella in Italia. I suoi romanzi, tradotti in più di 30 lingue, hanno venduto milioni di copie.

 

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