La città delle ragazze




Recensione di Loredana Gasparri


Autore: Elizabeth Gilbert

Editore: Rizzoli

Traduzione: Elena Cantoni

Genere: Narrativa

Pagine: 496

Data di pubblicazione: 2019

Sinossi. Feste strepitose, attori seducenti, dive egocentriche e poi musica, risate, luci che si accendono. Vivian Morris ha novantacinque anni, ma se chiude gli occhi torna a essere la diciannovenne che dopo un fallimentare tentativo al college si è ritrovata a sbirciare dietro le quinte del vivace e sgangherato teatro gestito da sua zia Peg. L’anno è il 1940, la città New York, gli ambienti sono quelli del Lily Playhouse, un odeon pazzo dove le ragazze in cerca di fortuna si offrono al mondo, all’arte, agli uomini. Vivian inciampa in questo fiume in piena e ne è trascinata via, complice il fascino di Celia, soubrette dal corpo meraviglioso e con la voce cupa da gatta randagia. Mentre la ragazza scopre di avere un talento come costumista, zia Peg la accoglie nel suo regno esploso, al centro della città più sognata e ai margini della sua ricchezza. Dove bisogna scrollarsi di dosso la provincia impressa nel passo e negli occhi. La città delle ragazze è la storia di un’educazione sentimentale gioiosa, la rappresentazione di un universo che non teme di mostrarsi famelico, rumoroso, fragile e mosso da un’inquietudine costante. Amato dalla migliore critica americana, che ha trovato in questa scrittura uno sguardo illuminante e onesto sulla natura e il carattere del desiderio femminile, ecco il nuovo romanzo di Elizabeth Gilbert.

Recensione

Scintillante. Sorprendente. Frivolo. Inaspettato. Profondo. Questi sono i primi aggettivi che mi sono venuti in mente, non appena uscita dalla storia più variegata che ricordi dai tempi di Forrest Gump (che è un film). Alcuni degli aggettivi sono anche contraddittori, esattamente come la vita complicata e pienissima di Vivian Morris, la protagonista che ci apre la porta del romanzo quando ha novantacinque anni e si accinge a scrivere una lettera ad una donna che ha conosciuto in profondità, Angela, pur avendola incontrata di persona solo una volta.

È una lettera lunga e impegnativa in cui Vivian racconta la sua intera vita nei minimi dettagli, ad una semi-sconosciuta, per un motivo e una richiesta precisi. Lo scoprirete, con pazienza. Per arrivarci, ci voltiamo verso un’altra porta: è una Vivian diciannovenne, negli anni ’40 in America, che ci racconta di sé e della sua vita di ricca rampolla di una famiglia bene della provinciale e WASP Clinton. Fin dalle prime parole, è chiaro che la ragazza è una cosiddetta pecora nera. Distratta a scuola, nell’istituto prestigioso in cui è stata iscritta, per niente interessata ai simboli del potere e ai valori dei genitori distanti e compresi nel loro ruolo di educati, facoltosi cittadini rispettosi delle gerarchie, che non la comprendono e non hanno facilità ad amarla. Il fratello si disinteressa di lei a partire dai nove anni di età, molto più attirato dall’idea di diventare adulto, impaziente di fare la propria seria strada nel mondo.

Nel tentativo, anche poco convinto, di raddrizzarla, dopo un disastro insostenibile a scuola, viene mandata a New York dalla sorella paterna, Peg Morris coniugata Buell, proprietaria nientemeno di un teatro dove allestisce spettacoli quotidiani senza pretese, di vaudeville, commediole insulse, piene di balletti e inni all’allegria, piuttosto gettonati dal pubblico proletario del quartiere, in cerca di musica e distrazione, dopo i lavori pesanti.

Inizia la parte scintillante del libro, in cui il tono della narrazione, a metà tra lo stupito e l’annoiato, si anima di vita scoppiettante, inarrestabile, imprevedibile. Corre l’anno 1940 e la spersa ragazzina poco consapevole di se stessa, con un enorme talento per la creazione di abiti, si trasforma presto in una costumista esperta e una frequentatrice indefessa di tutti i locali notturni della ruggente New York notturna. Il teatro di cui zia Peg è proprietaria, il Lily Playhouse, non è il Globe di Londra, e non regge la concorrenza con quelli di Broadway. E’ una palazzina fatiscente, che sta in piedi grazie ai miracoli quotidiani compiuti dall’immarcescibile segretaria tuttofare e amica della zia, Olive Thompson, e lo stesso budget per spettacoli e costumi è ridotto all’osso.

La voglia di divertirsi, di sperimentare, di bersi (anche letteralmente) la vita fino all’ultima goccia e anche di più, senza risparmiarsi niente, sovrasta qualunque cosa: la mancanza cronica di soldi, il divario tra talenti raffinati e improvvisazione scadente, qualche piccola e grande meschinità, e certi tradimenti che lasciano marchi a fuoco. Non avrei immagini sufficienti a descrivere la bellezza di questa rievocazione di una vita sempre sul filo, di una ricerca del piacere e del godimento, delle risate trascinanti e senza pensieri, che caratterizzano questa parte del libro.

Bisogna immergersi nelle parole rotonde e nello stile giovanilmente impetuoso della Gilbert, che è reso molto, molto bene nella traduzione italiana, per assaporare la voglia di vivere e di conoscere il mondo e se stessi che caratterizzano Vivian e le persone che le stanno intorno. Soprattutto Vivian, che fa sbocciare il suo talento e il suo occhio esperto per tessuti, stili, colori e abiti, che si tuffa con tutta se stessa nel piacere, e che altrettanto sfrenatamente finisce per cacciarsi in guai grossi e tristi.

Arrivano gli anni della guerra, e con questi la malinconia delle cose irrimediabilmente rotte, il senso di perdita e la paura che l’angoscia non passi mai. Ma la vita non resta mai impigliata in una sola modalità, e in una sola velocità: ritorna la voglia di costruire, di creare, di divertirsi. Vivian è sulle soglie della vita adulta, in cui deve camminare con le sue gambe e non arretrare più. Si inventa una professione insieme ad una carissima amica, riscuote successi, e ritorna a godere della vita, per quanto con altri ritmi, altri desideri. E altre attenzioni: c’è una ragazza, Angela, cui sente di dover raccontare una parte importante della sua vita.

Se amate i romanzi di trasformazione e crescita, questo fa per voi. A questo, aggiungerei anche lo stile eclettico della scrittrice, che sa trasformare la voce di Vivian man mano che si evolve dalla sfrenata ventenne, alla coraggiosa trentenne che si butta in una nuova avventura lavorativa senza garanzie, e via via verso l’anziana novantacinquenne che ha ancora la forza e la gioia di affermare la propria presenza.

La svagatezza lascia il posto alla serietà grave davanti ai lutti, alle perdite o ai tradimenti, ma non dimentica di colorarsi di umorismo, di battute fulminanti e anche di urla perentorie, a seconda anche dei personaggi coinvolti. Ce n’è un’intera schiera che sarà difficile mettere da parte come se niente fosse, una volta che Vivian ce li ha presentati. Di qualcuno avremo la tentazione di saperne di più, di recuperarlo, di andargli a parlare ancora una volta…

A cura di Loredana Gasparri

www.delfurorediaverlibri.it

 

Elizabeth Gilbert


Giornalista e scrittrice, vive nel New Jersey. È l’autrice di Mangia prega ama (2007), da cui è stato tratto l’omonimo film con Julia Roberts. Rizzoli ha pubblicato anche Giuro che non mi sposo (2011), Il cuore di tutte le cose (2014) e Big Magic (2015).

 

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