La donna senza voce




Recensione di Priscilla D’Angelo


Autore: Etaf Rum

Editore: Piemme

Traduzione: Velia Februari

Genere: Narrativa

Pagine: 384

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Ci hanno insegnato a tacere, e che il silenzio può salvarci. Solo adesso, così tanti anni dopo, ho capito che è falso. Solo adesso, mentre scrivo questa storia, sento finalmente la mia voce.

Palestina, 1990. Isra ha diciassette anni e preferisce di gran lunga leggere piuttosto che intrattenere i pretendenti che suo padre le presenta. Eppure, nel giro di una settimana, la ragazzina sognante e ingenua si ritrova sposata e, insieme al neo-marito, catapultata a Brooklyn. Perché Adam e la sua famiglia sono emigrati in America, sebbene ciò non significhi che la parola “libertà” esista tra le mura della loro nuova casa. Anzi, i suoceri, Farida e Khaled, come lo stesso Adam, sono convinti che una donna serva solo per essere al servizio dell’uomo. Che non debba parlare se non interpellata. Che non abbia il diritto di sognare, ma solo il dovere di fare figli. Maschi, possibilmente. Brooklyn, 2008. Deya è la figlia maggiore di Isra, e nonostante sogni di andare al college, anche per lei è il momento di incontrare i pretendenti. Forse sarebbe tutto diverso se sua madre Isra non fosse morta in un incidente insieme a suo padre, molti anni prima. Ma la nonna Farida è determinata, come lo era stata con la nuora Isra: una donna è una donna, e deve sottostare ai suoi doveri. Eppure il destino a volte sa prendere pieghe inaspettate, e quando Deya scoprirà la scioccante verità sulla storia dei suoi genitori, troverà la forza insperata di lottare per ciò che a sua madre non fu concesso avere.

Recensione

Una donna resta sempre e solo una donna, non sarà mai come un uomo.”.

Una frase ben impressa in Isra, nata e cresciuta sotto una cultura musulmana con norme patriarcali e religiose ben rigide e radicate di generazione in generazione.

Quale è il suo ruolo? Sorvegliare la casa e allevare i figli, possibilmente maschi, perché sono loro la colonna portante della famiglia, mentre le femmine vengono viste come ospiti di passaggio, coloro che, silenti, attendono di essere portate via da un uomo insieme al fardello economico che rappresentano. La vita di Isra, e di tutte le donne protagoniste del libro, si riduce a due azioni: incassare le critiche e ricevere ordini. A differenza di tutte, però, coltiva una terza azione: leggere.

La lettura è una passione dolce e rivoluzionaria, la fa isolare da quel mondo rigidamente imposto.

Favoleggia pensando ad un’America migliore della Palestina, ma questa flebile speranza si spegne nell’istante in cui atterra all’aeroporto di New York col novello e sconosciuto sposo Adam.

Vivrà in uno squallido quartiere multietnico vicino al ponte di Brooklyn assieme  ai suoceri e alla cognata adolescente Sarah, di carattere ribelle e anticonformista. Trascorrerà le giornate a pulire e a servire i pasti al marito mai presente se non per mangiare, dormire e punirla.

Con la nascita della quarta figlia, Isra piomba nell’infelicità più assoluta; la vergogna di aver generato un’altra femmina, la disapprovazione da parte dei familiari, il senso di colpa per aver deluso il marito, la solitudine del vivere senza altri contatti sociali e l’ignoranza della cultura occidentale, la portano ad arrendersi.

Mano a mano che procede il racconto di Isra, il lettore compie un passo avanti, nel 2008, e conosce Deya, la figlia maggiore, quella che vuole scoprire la verità sulla morte dei suoi genitori.

Anche lei, come la madre, è costretta a scegliere marito tra una sfilza di pretendenti; a differenza sua, però, viene aiutata a comprendere che ciascuna persona è artefice del proprio destino.

…Hai il potere di imprimere alla tua vita la direzione che desideri e, per farlo, devi trovare la determinazione di lottare per i tuoi diritti, anche se sei sola. Ecco cosa significa essere coraggiosi: credere in sé stessi e difendere i propri diritti a qualsiasi costo.”.

Deya si troverà in profondo conflitto interiore, e tali dubbi vengono proiettati anche nel lettore: è più importante onorare i valori della propria cultura o vivere secondo la propria indole?

Riuscirà a lottare per avere un posto nel mondo? Riuscirà a evadere e a diventare una donna libera?

La donna senza voce è un libro che deve essere letto da tutte coloro che faticano a trovare se stesse in un mondo in continuo mutamento, che vogliono dare voce ai propri desideri e ai propri bisogni, e che vogliono lottare, sempre.

 

 

Etaf Rum


Etaf Rum, figlia di immigrati palestinesi, è nata a Brooklyn. Cresciuta anche lei in una famiglia tradizionale, come le sue protagoniste, è stata costretta a sposarsi giovanissima. Ha studiato letteratura inglese e americana e filosofia, insegna in North Carolina dove vive con i suoi due figli. Gestisce la pagina Instagram @booksandbeans per gli amanti dei libri. Questo è il suo primo romanzo, accolto con unanime entusiasmo dalla critica e dal pubblico americano.

 

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