La figlia dello straniero




Recensione di Barbara Berto


Autore: Joyce Carol Oates

Editore: La Nave di Teseo

Traduzione: Giuseppe Costigliola

Genere: Narrativa

Pagine: 569

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. In fuga dalla Germania nazista alla vigilia della guerra, la famiglia Schwarts si trasferisce in un piccolo paese dello stato di New York. Il padre, che in patria si era laureato ed era stato un professore di matematica e tipografo, è costretto ad accettare lunico lavoro disponibile, il becchino. Ma i pregiudizi dei concittadini nei confronti dei nuovi arrivati e la fragilità degli Schwarts, ancora provati dalle esperienze vissute in Europa, portano a una tragedia imprevedibile. Rebecca, la figlia dello straniero, è costretta a crescere in fretta e a imparare presto, insieme al piccolo Niley, che in fondo lAmerica è anche questo: partire e reinventarsi. Riuscirà quel giovane, immenso e violento paese a proteggere una madre e suo figlio? Dal genio letterario di Joyce Carol Oates, un romanzo sulle radici che tengono unita una famiglia, nonostante tutto. Una storia che scopre le contraddizioni del mondo in cui viviamo, che parla dei muri che ci dividono e dei gesti damore che li possono abbattere.

Recensione

Questo non è un romanzo che si legge tutto in un fiato, va conquistato pagina dopo pagina, per ciascuna delle sue numerose pagine.

L’autrice scrive benissimo, il suo stile, senza fronzoli fiocchetti, va dritto all’essenziale, duro, ruvido ma tuttavia scorrevole. Non posso dire che questa scrittura mi abbia conquistata trascinandomi via con sé, mi ha piuttosto accompagnata nella vita di Rebecca prima, Hazel Jonas poi, che tenacemente, passo dopo passo, giorno dopo giorno, anno dopo anno, lotta per conquistare un posto per sé e per il figlio nell’America del dopoguerra. Una storia sofferta che ho trovato corrispondere alla fatica, pagina dopo pagina, di conquistare il finale della storia e del libro.

Tutte le volte che stile e scrittura sembrano assimilarsi al processo di lettura mi chiedo se è un pregio in quanto effetto voluto dall’autore, oppure se è una logica conseguenza o una pura coincidenza.

Questa storia mi ha ricordato l’importanza delle radici familiari, ma anche quanto la Storia, quella con la maiuscola che si studia nei libri, si declini in realtà nelle mille piccole storie dei singoli individui che la soffrono sulla loro pelle perdendo lo sguardo d’insieme che solo i posteri potranno avere.

La storia di Rebecca narra come, per quanto ci si provi, non si smette mai di essere ciò che si è e ciò che si è stati. La propria storia di nascita rimane sempre tatuata nel corpo e nell’anima, non fosse altro che per la volontà di tentare di nasconderla, di evolvere, di migliorare.

Rebecca Scwarts diventa Hazel Jonas e poi Hazel Gallager, finalmente amata e finalmente risolta, ma tuttavia ciò che per tutta la vita ha cercato di scrollarsi di dosso, del suo passato e delle sue radici, torna prepotentemente a farsi sentire, anche stavolta con forza e tenacia, chiudendo un cerchio.

A cura di Barbara Berto

www.instagram.com/gattaclarissa

Joyce Carol Oates


 ha ricevuto numerosi importanti riconoscimenti, tra i quali vale la pena ricordare: la National Medal of Humanities, il National Book Critics Circle Ivan Sandrof LifetimeAchievement Award, il National Book Award e il PEN/Malamud Award for Excellence in Short Fiction. Autrice enormemente prolifica, ha scritto alcune delle opere più significative del nostro tempo, tra le quali: Blonde, Epopea americana, I ricchi. Per La nave di Teseo ha pubblicato Ho fatto la spia (2020). Insegna alla Princeton University ed è membro dellAmerican Academy of Artsand Letters dal 1978.

 

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