La guardarobiera




Recensione di Marina Morassut


Autore: Patrick McGrath

Editore: La Nave di Teseo

Traduttore: Carlo Prosperi

Genere: Thriller/suspence

Pagine: 326

Anno di pubblicazione: 2017

Londra, gennaio 1947. La guerra è finita da due anni e la città è in macerie. In uno degli inverni più freddi da che se ne ha memoria, anche trovare qualcosa da mettere in tavola è molto difficile. Ad abbattere ancor di più gli animi, arriva la perdita inaspettata e scioccante di uno dei più amati attori teatrali del momento: Charlie Grice muore in circostanze poco chiare, gettando la moglie Joan, donna bellissima e innamorata, che lavora come guardarobiera del teatro, in un dolore sordo e senza limiti. Controvoglia, Joan assiste con la figlia Vera alla prima replica dello spettacolo che era di suo marito, sottoponendosi al trauma di vedere un altro uomo interpretarne il ruolo. L’idea la terrorizza, ma quando l’attore appare sul palco, la vedova è sconvolta nel rendersi conto che dietro agli occhi dell’uomo brucia ardente lo spirito di Charlie. Più tardi, nel backstage, incontrando il sostituto, il suo cuore, stordito dalla gioia, ha la conferma che il suo grande amore vive nel giovane attore Daniel Francis. Ne diventa amica, lo invita a casa e comincia a donargli gli abiti del marito, sottratti al suo guardaroba. Nasce così una relazione che oscilla tra l’attrazione e l’assedio del fantasma di Charlie, che trascina Joan in un gorgo. Chiamata da una voce amata e spaventosa al tempo stesso, la donna scoprirà il terribile segreto che avvolge anche la morte di suo marito Charlie Grice: la guerra, dopotutto, non è ancora finita.

RECENSIONE


È sempre un onore leggere un romanzo edito da La Nave di Teseo. Grandi autori, con un’attenzione particolare ai contenuti.

Una Gran Bretagna – ed in particolare una Londra – che nel 1947, diversamente dall’Italia, era uscita moralmente splendida dalla Grande Guerra, ma sul lastrico.

La gente era ancora provata dall’orrore della Guerra e nel contempo, nonostante ne fosse uscita vincitrice, era ancora costretta a sopportare il razionamento del cibo e dei beni primari (nel 1946 avevano razionato perfino il pane!).

Inoltre, fatto misconosciuto ai più, fino al 1949 Londra dovette perseverare con la guerriglia alle camicie nere, ai fascisti che si trovava in casa e che, incarcerati durante la Guerra, erano ora a piede libero e cercavano di riportare il nazismo all’antico splendore. Magnificamente contrastati in questo dal Gruppo 43, composto da ebrei, ex-soldati, marines, etc…, che oppose strenua e coraggiosa resistenza, irrompendo negli incontri filonazisti, distruggendo le loro pubblicazioni, etc…

In questa Londra piena di smog, ruderi, vestiti logori, cibo scadente, crateri di bombe e topi, l’autore ci fa entrare in platea per assistere insieme ad una sorta di coro greco – che ogni tanto ci rende partecipe pubblico – alla “piece” teatrale de La Dodicesima Notte, mentre tutto attorno si svolge la vita vera degli attori.

Regina di questo mondo particolare è l’algida ed elegante Joan: guardarobiera e moglie del compianto ed amato Charlie Grice, attore famoso, dandy, molto amato e conosciuto non solo in ambito teatrale.

Più ancora che direttrice dei costumi di scena del Beaumont Theatre, Joan è la “mistress” del titolo del romanzo: la signora, la padrona che possiede il tuo corpo per il fatto stesso di “prenderti” le misure… almeno finché non viene scalzata in questo ruolo dalla figlia Vera, promettente attrice teatrale essa stessa.

Periodo di difficoltà anche per questa categoria un po’ a sé; ma come sovente accade anche nei periodi più bui, la gente aveva fame di teatro pure durante la guerra, tanto che i teatri erano rimasti chiusi solo per qualche settimana all’inizio del Blitz vero e proprio (autunno 1940), per poi riprendere le attività con l’ultimo spettacolo alle cinque del pomeriggio, in modo da poter uscire prima che facesse buio e ricomparissero i bombardieri…

Quando noi entriamo in scena come pubblico, Gricey è appena morto in circostanze misteriose, tanto che la moglie Joan si sente in colpa, avendo insistito lei stessa con il marito perché parlasse con il genero Julius. Da questo incontro l’amatissimo marito, compagno di una vita, non farà più ritorno. Cosa può essere successo durante il colloquio, considerando anche l’astio che regnava tra loro ed il ricco genero?

Durante il doloroso lutto che segue alla morte del compianto attore nonché marito, la forte, rigida ed ancora molto bella Joan, ossessionata dai sensi di colpa e dal lutto non elaborato, intravvede nel nuovo attore che impersona lo stesso personaggio del marito ne La Dodicesima Notte, un ritorno del marito…

Ma può Frank, che aveva studiato le mosse e la recitazione di Gricey per poterlo eventualmente e degnamente sostituire, essere proprio la reincarnazione del marito?

Per Joan, oramai ossessionata dalla voce del marito, il passo tra l’assistere non vista alle ultime rappresentazioni, incontrare fortuitamente all’uscita del teatro il giovane e diventarne l’amante, cucendogli su misura dei nuovi e begli abiti prendendoli da quelli del marito, è brevissimo. E il giovane attore, ammaliato da questa donna esperta, bella, elegante, ancora giovane e direttrice dell’operosa sartoria legata al teatro, non può che cedere alle sue attenzioni. Affascinato e forse inconsapevolmente desideroso di intraprendere una carriera ed una vita migliori.

Tra dissoluti ed erotici languori frammisti all’austerità del momento, le strade di Londra che percorriamo insieme a Joan sulla sua Raleigh nera da donna con il cestino, e precipitando con lei in un abisso di alcol e di ossessioni, scopriremo nel risvolto del bavero di un cappotto del marito Gricey una spilla che cambierà ancora una volta tutte le carte che McGrath aveva distribuito con cura sul tavolo.

Ed il coro greco, dagli spalti della galleria del teatro, ci farà il verso fino a che, insieme a tutti i protagonisti, storici e fittizi, non de-costruiremo questa vicenda e la vedremo recitare alla luce di una nuova verità.

Un autore, Patrick McGrath, che mette qui in scena una pazzia allucinatoria, condita da un amore insano che non tiene conto dei pericoli o che addirittura li nega.

Un autore che ci presenta dei personaggi perfettamente inseriti in un particolare contesto storico, portandoci poi a scoprire che ciascuno di questi stessi personaggi indossa sempre una maschera, anche quando non è a teatro.

Un autore che ancora una volta sorprende i suoi lettori in quanto rimesta nuovamente in amori torbidi ed insani ma evirandoli da quell’erotismo drammatico che aveva usato nel suo meraviglioso e fosco romanzo intitolato “Follia”.

Patrick McGrath


(Londra, 1950) è uno scrittore inglese. Il padre lavorava come psichiatra nel manicomio criminale di Broadmoor, dove il giovane Patrick passa gran parte della propria infanzia.  Nel 1971 Patrick si trasferisce in Canada per lavorare nell’ospedale di Oakridge. Malgrado però i desideri del padre, McGrath non prende la strada della psichiatria, preferendogli quella della letteratura.  Attualmente vive fra Londra e New York con la moglie.