La legge del silenzio




Recensione di Loredana Cescutti


Autore: Kimberly McCreight

Editore: Editrice Nord

Traduzione: Francesca Toticchi

Genere: Thriller psicologico

Pagine: 340 p., R

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Un quartiere perbene, dove tutti si conoscono. Una coppia affiatata. Un delitto apparentemente inspiegabile

«I protagonisti sembrano avere vite perfette, ma la loro più grande abilità è fingere. Kimberly McCreight racconta abilmente gli oscuri segreti che si celano anche nelle migliori famiglie» New York Times Book Review
«Un thriller coinvolgente, da cui è impossibile staccarsi» – Good Morning America
Quando una moglie viene uccisa, il primo indiziato è sempre il marito. Se poi la moglie viene trovata in casa, ai piedi delle scale, con accanto il marito sporco di sangue, è praticamente un caso chiuso. Lizzie Kitsakis lo sa bene, avendo lavorato per anni come procuratore federale, prima che le difficoltà economiche della famiglia la costringessero ad accettare un posto meglio retribuito in un prestigioso studio di avvocati difensori. Stavolta però è diverso: il marito in questione, infatti, è Zach Grayson, un suo vecchio amico, nonché l’ultima persona che crederebbe capace di un gesto simile. Ai tempi del college, Zach era un giovane onesto e gentile; adesso è un imprenditore di successo, un pilastro della comunità di Park Slope, la zona più esclusiva di Brooklyn. Eppure, raccogliendo le dichiarazioni dei vicini, pian piano Lizzie si rende conto che quelle famiglie sono felici sono in apparenza e tra loro si celano invidie, rivalità e rancori. E, la sera del delitto, tutti hanno partecipato a una festa nella villetta accanto a quella di Zach, festa di cui nessuno accetta di rivelare i dettagli. Possibile che uno di loro sia il vero colpevole? Per scoprirlo, Lizzie dovrà scavare nel passato degli invitati, anche a costo di violare la legge non scritta che vige in quel quartiere: la legge del silenzio…

“A volte, per fingere che qualcosa non stia succedendo, devi tenerlo per te.”

Recensione

Questo romanzo è un groviglio. Questo libro è un intricato gomitolo annodato ad arte e, apparentemente in modo così minuzioso da non lasciare nemmeno la possibilità di intravvedere un bandolo seppur millimetrico per riuscire a piano piano, pagina dopo pagina a iniziare un’operazione utile a dipanarlo senza rimanere, a nostra volta, ulteriormente aggrovigliati dentro questa storia.
Menzogne, menzogne e ancora menzogne e anche di peggio.
Omissioni, ricordi stravolti, e tanta tanta futile apparenza.

“…Park Slope – coi suoi viali alberati, con le bellissime case di mattoni rossi, coi bambini felici – pareva uscito da una favoletta cui erano stati tolti tutti i coloranti artificiali e gli zuccheri in eccesso.”

Immaginatevi residenti in un luogo del genere, dove la vita appare perfetta, priva di pensieri, filtrata da ogni problema possibile perché chi ha la possibilità di abitare in case così lussuose, in una strada dove non è necessario avere paura la sera se ci si trova da soli a camminare, ove tutti si mostrano più che disponibili nel darti una mano e dove si respira un senso di cameratismo senza eguali. Ma questa, è solo la descrizione di un luogo da fiaba. Questa, lo sapete, è pura immaginazione.
Perché la verità è sempre più brutale di ciò che ci si aspetta e perché, questo, si rivelerà solamente un grande palcoscenico.

Sì, perché qui ognuno ha dei segreti importanti da nascondere e da difendere a costo della vita e, sottolineo TUTTI.
Quel tarlo che ti rosicchia da dentro e che ti rende debole di fronte agli altri mettendoti spesso in posizione di svantaggio.

“Chiudendo gli occhi non impediamo alle cose brutte di trovarci.”

Certo, si può provare a nascondere tutto, accantonando ciò che non ci piace di noi e della nostra vita in uno spazio delimitato dove nessuno potrà mai scovarlo. Ma nell’era dei computer e dei social, nemmeno questo, ormai, è realmente più possibile. Nessuno è più in grado di nascondere completamente i suoi segreti. Allora che fai, neghi, ti atteggi, ometti e dissimuli le tue sofferenze con abiti costosi, feste da ricordare, sorrisi smaglianti, legami che ritieni indissolubili e abbondi di apparenza in abbondanza, mostrando ciò che non è e continuando a dire e adirti che va tutto bene.

Non conoscevo l’autrice, per questo motivo prima di scegliere il libro ci ho rimuginato sopra un bel po’ ma devo dire che alla fine, mi sono data una pacca sulla spalla da sola e mi sono fatta i complimenti per la preferenza.

Imbattersi in un thriller così serrato e dove fino all’ultimo non riesci ad avere un quadro totale di ciò che è e di ciò che sarà non capita spesso, perché, quando si parla come adesso di un thriller psicologico che ha però al suo interno anche una buona dose di filone legal, che può piacere o meno, potresti ritrovarti un po’ frenato.

Questo romanzo, però, non ti rinchiuderà in un’aula di tribunale.
Al contrario, sarai costretto a macinare chilometri muovendoti per le varie zone di New York a caccia di indizi e di bugie presentate in modo raffinato ed elegante come fossero verità assolute e che, in realtà non contengono nulla se non aria fritta e, ti porrà nella situazione di dover scremare ogni singola parola.

L’ho letto voracemente, l’ho vissuto con ansia e rabbia perché alcuni personaggi mi hanno dato decisamente sui nervi (ma lo capirete solo affrontando il romanzo) e sono rimasta più che soddisfatta da come l’autrice sia riuscita a distogliere la mia attenzione dalla verità. E’ vero che qui, fino ad un certo punto si trattava per lo più di cercare di individuare le mezze verità, le menzogne e i tanti non detti riempiti di altro ma, di norma ti aspetti di riuscire a mettere insieme i pezzi un po’ alla volta e invece, non accadrà, perché le possibilità fino alla fine saranno molteplici e tutte, in qualche modo ipotizzabili per i dati che avremo a disposizione.

La storia è semplicemente una grande centrifuga, che non lascia scappare nessuno e, con la sua forza finirà per trascinare anche te, nei meandri di una società dove apparire risulta essere più importante della vita stessa.

La scrittura in prima persone rende la lettura ancora più ipnotica e coinvolgente, perché ti fornisce l’occasione per entrare maggiormente in contatto con le protagoniste assolute di questa storia, ossia Amanda e Lizzie. Due fasce temporali andranno a rendere la lettura ancora più stimolante, arricchendola di informazioni utili a noi per capire meglio l’intera storia e dandoci così, la possibilità di “viaggiare” e “ripercorrere” l’intera storia indietro nel tempo, seppur di pochi giorni per poi farci tornare al presente e darci l’occasione di indagare fino al momento della scoperta della verità.

Ecco il problema nel dover fingere di essere qualcuno – non qualcun altro, proprio qualcuno -: era facilissimo cadere in fallo.”

Buona lettura!

 

Kimberly McCreight


si laurea in Legge presso la Pennsylvania University. Ha lavorato per diversi anni in alcuni studi legali di New York, prima di lasciare la professione e diventare scrittrice a tempo pieno. “La verità di Amelia” è il suo romanzo d’esordio, uscito in Italia da Casa Editrice Nord nel 2014. Nel 2015 pubblica, sempre con la Casa Editrice Nord “Le bugie degli altri”.

 

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