La maledizione delle ombre




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Jean-Christophe Grangè

Traduzione: Doriana Comerlati e Giuseppe Maugeri

Editore: Garzanti

Genere: thriller

Pagine: 516

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. A Parigi è notte fonda. Per le strade non si scorge anima viva e i quartieri sono immersi in una spettrale immobilità. Tutti tranne uno. Nel X arrondissement, in uno dei night club più frequentati, si è da poco consumato l’omicidio di una ballerina, il cui corpo è stato orrendamente sfigurato. Il primo a raggiungere la scena del delitto è il comandante della Brigata criminale Stéphane Corso, convinto di trovarsi di fronte all’ennesima indagine di routine. Ma questa volta si sbaglia. Perché la ballerina è solo la prima vittima di un serial killer del tutto fuori dal comune: per i suoi crimini sceglie giovani donne con un passato segnato da violenze e abbandoni e con il suo modus operandi cerca di riprodurre alcuni dipinti del pittore Francisco Goya. Una mente difficile da decifrare, soprattutto se gli omicidi si moltiplicano e le prove si fanno così evanescenti da depistare la polizia. Corso e la sua squadra navigano in acque stagnanti, sempre più confusi e lontani dalla soluzione del caso, finché si fa avanti un anziano poliziotto che consegna a Corso un voluminoso fascicolo: contiene verbali di trent’anni prima che documentano un assassinio identico a quelli recenti e lasciano intravedere una nuova pista. Sulle tracce di un uomo che da presunto colpevole si trasforma ben presto in astuto antagonista, Corso affronta una progressiva discesa nel cuore oscuro dell’agire umano. Scoprirà che un assassino può nasconderne un altro e che la realtà può trasformarsi in un incubo senza fine.

Recensione

Non è un mistero che Jean-Christophe Grangè sia uno degli autori di thriller più apprezzati. Grande narratore, dotato di una brillante fantasia e di un notevole acume nello sviluppare trame fuori dall’ordinario, riesce da sempre a sfornare romanzi corposi, fitti di pagine e di mistero, che hanno l’enorme pregio di scorrere come un meccanismo ben oliato trascinando il lettore in una spirale di stupore, meraviglia e enorme curiosità, tale da fargli digerire in un soffio i ragguardevoli tomi a cui ci ha abituato e che a prima vista spaventano anche il lettore più accanito.

Tuttavia chi legge Grangè sa bene che non deve farsi impressionare dal volume delle pagine, perché comunque la lettura è ogni volta veloce e intensa.

Grangè è anche uno dei pochi autori che non si è legato mai ad un personaggio. Se togliamo dal novero la serie ambientata in Congo, di cui fa parte il penultimo suo lavoro, va detto che ogni sua opera è una storia a sé: dà alla luce un nuovo protagonista con la sua corte.

Immaginatevi, dunque, quale sforzo creativo faccia questo brillante autore ogni volta che scrive un romanzo! Ma a quanto pare Grangè ha una creatività che non conosce confini!

Un aspetto, questo, che mi pare assai impressionante e piuttosto poco comune.

Con queste premesse ho affrontato la lettura di questo suo ultimo lavoro, che mi ha visto entusiasta dalla prima all’ultima pagina. Un romanzo mai pesante, mai dispersivo, mai ridondante, ma sempre eccitante e travolgente, con una tensione narrativa che si mantiene intatta dalla prima all’ultima pagina.

Protagonista di questa ultima storia è Stephane Corso, un poliziotto con un passato da dimenticare, per il quale la polizia ha rappresentato un’arma di redenzione da un trascorso fatto di case famiglia, droga, dipendenza e abusi. Un passato mai dimenticato, che riaffiora in alcuni atteggiamenti di Corso, in generale poco avvezzo alle regole e decisamente incline ad ascoltare esclusivamente il suo intuito.

Queste ultime caratteristiche fanno di Corso un coacervo di cattive maniere e di fallimenti nella vita personale. Sempre in lotta per affermare i suoi diritti di padre separato, costantemente invischiato fino al midollo nelle indagini di polizia, testardo, impulsivo, sprezzante del pericolo e delle regole, con la malerba ancora ben radicata nel profondo dell’animo.

Corso si trova ad indagare su alcune morti che coinvolgono l’ambiente dei locali notturni e verrà in contatto con il mondo del sadomaso e del bondage, un mondo sommerso e misterioso che lo attirerà a sé con mille tentacoli. Avrà in tempi brevi il suo sospettato, un uomo tremendamente malvagio che ha seminato morte, violenza e distruzione sul suo cammino. Un uomo che si è redento per mezzo dell’arte ed è divenuto una celebrità, senza tuttavia perdere del tutto la sua aurea maledetta.

Il romanzo diventerà una sorta di duello tra Corso e Sobieski, che si manterrà in bilico tra l’ipotesi di colpevolezza e quella, che via via si farà strada, di innocenza.

Molti i personaggi che si alterneranno in questa giostra. Vi confesso che fino quasi alla fine del romanzo sarete incerti e confusi, poiché gli eventi si complicheranno e vi disorienteranno.

L’epilogo non è immaginabile; diventa noto e accettabile solo quando vi verrà spiegato nei minimi dettagli. Ma anche di fronte all’evidenza lo stupore sarà inevitabile.

La costruzione dell’impianto narrativo è davvero grandiosa. Grangè è maestro nel rendere le cose misteriose e fuorvianti e anche nel riuscire a mettere, alla fine, ogni tassello al proprio posto. Nel romanzo di fatto è difficile decidere chI la fa da padrona: se la trama o il suo protagonista! Diciamo, per par condicio, che entrambi condividono il primato!

La scrittura di Grangè è semplice, cauta e mai cede al sensazionale. Descrive e racconta con pacatezza e senza eccessi. Non fa uso di flashback, né di piani narrativi alternati, che spesso sono usati dagli autori di genere per creare suspense e tenere il lettore in pugno. Grangè, come ho già detto, racconta le sue storie come un narratore che intrattiene gli astanti davanti ad un falò estivo, con naturalezza e grande passione.

E come ogni cantastorie che si rispetti, Grangè propina agli astanti una storia diversa ogni volta. Chi apre un romanzo di Grangè di fatto si affida all’effetto sorpresa e sa che dovrà fare i conti ogni volta con personaggi diversi. Perché l’attenzione sia sempre alta, infatti, il cantastorie deve saper rinnovare le sue storie, sorprendere e stuzzicare la curiosità. E deve essere in grado di lasciare andare i suoi personaggi, anche quelli più amati e riusciti.

Dunque anche Stephane Corso farà perdere le sue tracce e non lo rivedremo più?

E se questo è un gran peccato (raramente si incontrano personaggi così azzeccati!) dall’altro spinge il lettore ad una curiosità maniacale verso i romanzi di Grangè.

Chissà cosa ci proporrà in futuro questo prolifico autore!

 

Jean-Christophe Grangé


Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale. Dopo l’esordio negli anni Novanta, giunge alla notorietà grazie al film di Mathieu Kassovitz tratto da I fiumi di porpora (Garzanti 1999) interpretato da Jean Reno e Vincent Cassel, il primo di diversi adattamenti delle sue opere per il cinema e la televisione. Per Garzanti ha pubblicato anche Il volo delle cicogne (2010), Il concilio di pietra (2001), Amnesia (2012), Il respiro della cenere (2013) e Il rituale del male (2016), primo volume della saga nera che trova la sua conclusione nell’Inganno delle tenebre (2017). Sempre con il medesimo editore pubblica La maledizione delle ombre (2019).