La prigione di carta




Recensione di Francesca Marchesani


Autore: Marco Onnembo

Editore: Sperling&Kupfer

Genere: Narrativa, Distopico

Pagine: 240

Pubblicazione: Giugno 2020

Sinossi. Malcolm King è professore di scrittura creativa al college di Brownsville, dove vive con la moglie Lynette e il figlio Buddy. Idealista dalla solida cultura umanistica, insegna alla prima generazione di studenti che non sa scrivere a mano. La digitalizzazione ha vinto: il governo ha imposto che ogni tipo di contenuto esistesse solo in formato elettronico, mettendo al bando i libri cartacei dal sistema scolastico e abolendo l’uso della scrittura con inchiostro. King temeva che la conoscenza potesse essere manipolata. Che i giovani potessero essere manipolati. Che gli uomini, e la loro coscienza, potessero essere manipolati. Credendo di poter contrastare quella legge e cambiare il mondo con il dialogo e la resistenza pacifica, il professore sarà invece condannato all’ergastolo in un carcere di massima sicurezza. Dalla sua prigione, di nascosto, e con la complicità di un criminale e di un secondino, riuscirà però a recuperare fogli, penne e matite: materiale proibito, armi di libertà. Per raccontare la sua vita. Compiendo l’atto più sovversivo che ci sia concesso dalla scrittura: scegliere il nostro destino.

Recensione

I romanzi distopici solitamente non sono il mio genere. Li trovo più terrificanti di un film horror, ti spiattellano davanti una realtà che magari per ora sembra fantascienza, ma che rileggendolo fra tipo trent’anni forse non sarà poi molto diversa dal quotidiano.

In questo caso abbiamo un professore di scrittura creativa, Malcom King, condannato all’ergastolo. Nessuno sconto di pena per lui, a differenza dei suoi compagni di cella assassini e stupratori, gli intelligentoni fanno molta più paura nel mondo là fuori, più paura di uno che ha sgozzato la moglie perché la cena non era pronta.

Il mondo che ci troviamo davanti in questo romanzo è qualcosa che non sembra tanto tremendo, non è niente di post apocalittico, in fondo a chi interessa se carta e penna, inchiostro e libri sono scomparsi dalla faccia della terra?

Le persone non sanno più scrivere a mano e non possono più riporre un libro nello scaffale dopo averlo finito. Ogni cosa è digitalizzata, a partire dalla firma. Le biblioteche si sono estinte e non esiste una brutta grafia.

Non esistono al mondo due persone con la stessa scrittura. Non ci avevo mai seriamente riflettuto prima di quel momento, eppure era una cosa assolutamente banale e nota. Più o meno come sapere che le impronte digitali sono uniche. Ma la scrittura portava in sé qualcosa di diverso. È un’impronta indelebile nella storia. Quando moriamo, le nostre impronte muoiono con noi, ma ciò che scriviamo rimane. Può essere conservato, riprodotto all’infinito o semplicemente ripetuto a voce.”

Malcom viene quindi arrestato e rinchiuso a vita per aver fatto una marcia di protesta, insieme ai suoi studenti, contro a questo, alla scomparsa della parola scritta.

Ma Marco Onnembo ci racconta più di questo, portandoci davanti a più bivi della stessa storia. Romanzo breve, un piccolo gioiello ma pieno di spunti di riflessione.

Uno fra tutti, pensate solo alla tristezza di passare tutta la vita senza mai poter scrivere una lettera d’amore.

 

 

Marco Onnembo


nato a Eboli nel 1976, è un dirigente d’azienda e giornalista. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione e il Master in Giornalismo alla Luiss nel 2001, si è specializzato in Marketing presso la Wharton School di Filadelfia e la Graduate School of Business di Chicago. Ha collaborato con numerose testate giornalistiche, quali Affari & Finanza – la Repubblica, Panorama, Economy, Radiocor – Il Sole 24 ORE. Negli anni, ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità in importanti gruppi quali Finmeccanica, Guru, Ferrari, Telecom Italia. Ora è in Cassa Depositi e Prestiti.

 

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