La ragazza sbagliata




Recensione di Claudia Cocuzza


Autore: C.D. Major

Editore: Newton Compton

Traduzione: Carlotta Mele e Beatrice Messineo

Genere: thriller

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 18 novembre 2021

Sinossi. Heat Nuova Zelanda, 1942. Edith ha passato gli ultimi quindici anni rinchiusa. Aveva solo cinque anni quando è stata mandata all’Istituto Seacliff e, anche se ricorda ben poco della vita prima dell’ingresso in manicomio, non smette di sperare di poter tornare un giorno alla normalità. Quando un devastante incendio distrugge il reparto, Edith viene interrogata dalla polizia e dal giovane medico Declan Harris. Affascinato dalla sua bellissima paziente, Declan comincia a dubitare delle ragioni ufficiali che hanno portato al suo internamento. È davvero pazza? O la storia folle che ha raccontato da bambina corrispondeva al vero? Il tempo sta per scadere: mentre Edith è in attesa di essere sottoposta a un nuovo e definitivo trattamento, che lascerebbe ben poco di lei da salvare, Declan cerca di scoprire la verità. Ma il mistero si sta trasformando in ossessione, e il dottore rischia di perdere tutto ciò che ha: per salvare la mente di Edith, sarà disposto a sacrificare la sua? Tutti la credono pazza. E se invece stesse dicendo la verità?

Recensione

Sono Edith.

Sono una paziente.

Sono una svitata.

Sono una donna.

Sono innocente.

Sono colpevole.

L’incipit de “La ragazza sbagliata” ci proietta immediatamente in un’atmosfera conturbante, ci trascina all’interno del manicomio di Seacliff senza darci il tempo di prendere confidenza con la storia e con l’ambiente.

Edith ci accoglie spalancando le porte del suo mondo e non sta tanto a girarci intorno: è pazza.

La narrazione avviene su più livelli temporali e sfrutta voci diverse: la focalizzazione prevalente è su Edith ‒ lascio al lettore il piacere di scoprire quale delle tante “Edith” ‒, per spostarsi in alternativa sul giovane e brillante neo laureato, il dottor Declan Harris.

Siamo nel dicembre del 1942, in pieno Secondo Conflitto Mondiale, ma la Nuova Zelanda non è coinvolta in maniera significativa: gli uomini partono per la guerra, c’è qualche difficoltà relativa agli approvvigionamenti di beni di prima necessità, ma per il resto la vita trascorre come sempre. Anche all’interno del manicomio di Seacliff. 

Edith ha praticamente vissuto sempre lì: rinchiusa all’età di cinque anni, adesso ne ha venti e non ha mai conosciuto il mondo. 

Almeno non quello contemporaneo. 

Il romanzo mi ha turbata sotto più punti di vista.

Partiamo dalla scrittura e dalla costruzione della trama thriller: la sequenza degli eventi e il loro ritmo sono incalzanti, la tensione è costantemente elevata e non consente al lettore di abbassare la guardia.

L’ambientazione potete immaginarla: claustrofobica, grate alle finestre, susseguirsi di cancelli e portoni su corridoi che sembrano infiniti e che sono chiusi a uno a uno da lucchetti inespugnabili. 

Edith non ricorda il cielo stellato.

Però abbiamo anche scene ambientate in luoghi diversi, quelle vissute dalle “altre” Edith.

La casa in cui ha abitato con la famiglia fino all’età di cinque anni, ad esempio: mi ha riportato alle atmosfere di “The Other” di Thomas Tryon o di Stephen King, in cui la casa non è il luogo sicuro che ti aspetti, anzi, è lì che si annida il male.

E poi c’è Edith bambina, che ha bisogno dell’affetto dei suoi ma dice “cose strane”: il padre è un pastore della chiesa anglicana, rigido e bigotto, e la madre è troppo debole e succube per difenderla. Così, senza nessun preavviso, la piccola passa dalla sua cameretta al letto di ferro da cui penzolano cinghie e catene. 

Leggere di Edith bambina mi ha fatto davvero stare male: la nostalgia della famiglia, il timore di essere sbagliata, di dire la cosa sbagliata, le sedute di elettroshock, i giochi con le altre bambine ricoverate, arrangiandosi con quello che trovano, l’assenza di contatto fisico e il desiderio di una carezza.

La sua amichetta aveva un orso di peluche che le lasciava tenere in braccio, e se lo portavano dappertutto. Si chiamava Teddy: gli cucinavano la cena, gli facevano le terapie e lo curavano, anche se alla fine rimaneva un pazzo come loro.

Non c’è speranza per Edith?

É destinata a morire a Seacliff?

L’incendio al reparto in cui è ricoverata e l’interesse del dottor Harris, affascinato da questa paziente bellissima in cui non riconosce la schizofrenica tratteggiata nel fascicolo del suo medico curante, sono gli eventi che saranno in grado di sbloccare questa situazione di impasse.

Le cose sono due: o Edith non è quella che sembra o anche Harris sta impazzendo.

In questo romanzo l’autrice intreccia il thriller ai temi del disagio psichico e del paranormale, già di per sé affascinanti, costruendo una trama originale, sostenuta da una scrittura fluida e pulita e dal ritmo che ti risucchia come in un vortice.

Chapeau.

A cura di Claudia Cocuzza  

www.facebook.com/duelettricisottountetto/

C.D. Major


C.D. Major, pseudonimo di Cesca Major, è una scrittrice ed ex insegnante di storia. È appassionata di storie vere tratte dal passato recente, che usa come materiale per i suoi romanzi. Oltre a scrivere libri, insegna scrittura creativa e conduce programmi televisivi. Vive nel Berkshire con il marito, un figlio e due gemelle.

 

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