La strada di casa




Recensione di Francesca Marchesani


Autore: Kent Haruf

Traduzione: Fabio Cremonesi

Editore: NN

Genere: Narrativa

Pagine: 194

Pubblicazione: Giugno 2020

Sinossi. Scritto prima della Trilogia della Pianura e già con la stessa grazia letteraria, La strada di casa è l’ultima opera non ancora tradotta di Haruf in Italia. Il canto di una comunità ferita, un romanzo epico che ha tutti i segni distintivi del classico americano moderno. Questo libro è per chi cerca punte di frecce nei campi, per chi crede alla promessa di I love you in a thousand ways di Lefty Frizzell, per chi balla tutta la notte senza mai arrendersi alla stanchezza, e per chi torna a casa per vedere le sue montagne, anche se non ci sono, anche se sono soltanto una tenue linea frastagliata all’orizzonte. Jack Burdette è sempre stato troppo grande per Holt. È fuggito dalla città lasciando una ferita difficile da rimarginare, e quando riappare dopo otto anni di assenza, con una vistosa Cadillac rossa targata California, la comunità vuole giustizia. È Pat Arbuckle, direttore dell’Holt Mercury e suo vecchio amico, a raccontare la storia di Jack: dall’adolescenza turbolenta all’accusa di furto, dal suo lungo amore per Wanda Jo Evans al matrimonio lampo con Jessie, donna forte e determinata. Uno dopo l’altro, i ricordi di Pat corrono no al presente, rivelando le drammatiche circostanze che hanno portato Jack ad abbandonare la città e la famiglia. Il suo ritorno farà saltare ogni certezza, minando la serenità di tutti, specialmente quella di Pat. Ancora una volta Kent Haruf, con il suo sguardo tenero e implacabile sulla vita e il destino, ci racconta la storia di un’umanità fragile, ostinata e tenace. Scritto prima della Trilogia della Pianura e già con la stessa grazia letteraria, La strada di casa è l’ultima opera di Haruf non ancora tradotta in Italia, il canto di una comunità dolente, un romanzo epico che ha tutti i segni distintivi del classico americano contemporaneo.

Recensione

Non si può far finta di niente, è innegabile che Kent Haruf abbia un dono.

Holt non è una città, è tutte le città. Meno di tremila anime la popolano e tutti conoscono tutti.

Non necessariamente è una cosa negativa, ma quando hai una famiglia che non è proprio esemplare, sai bene che non puoi camminare tranquillo per le strade senza sentire sussurrare alle tue spalle.

Jack Burdette è tornato a Holt, sono passati otto anni dalla sua fuga, perché non è stata una scomparsa ma un’evasione in piena regola. Ma nessuno si è dimenticato di lui e di quello che ha fatto prima di andarsene.

L’unica che non vuole avere niente a che fare con lui è Jessie che finalmente è riuscita a dimenticarlo e che ora è felice con Pat. Jack è come Attila. Dove passa lui non cresce più niente, distrugge tutto quello che tocca e semina infelicità e zizzania ovunque vada. Sul libro che precede la trilogia della pianura non posso raccontare di più.

Ma sul suo autore sì. Come in “Le nostre anime di notte” ho notato un tocco delicato nella scrittura.

Nonostante non sempre dica cose meravigliose, lo fa con un tatto unico.

Una volta letti questi libri vi sembrerà di aver vissuto davvero Holt, di aver camminato per quelle strade, di esservi fermati Cafè e aver visitato le botteghe di quelle vie. Un bel viaggio che vorresti non finisse mai.

 

Kent Haruf


Kent Haruf (1943-2014) è stato uno dei più apprezzati scrittori americani, ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui il Whiting Foundation Award e una menzione speciale dalla PEN/Hemingway Foundation. Con il romanzo Il canto della pianura è stato finalista al National Book Award, al Los Angeles Times Book Prize, e al New Yorker Book Award. Con Crepuscolo, secondo romanzo della Trilogia della Pianura, ha vinto il Colorado Book Award. Benedizione è stato finalista al Folio Prize. NN Editore ha pubblicato tutti i libri della trilogia ambientata nella cittadina di Holt, compreso Le nostre anime di notte, uscito postumo nel 2017.