La strana morte




del signor Benson

Recensione di Salvatore Argiolas


Autore: S.S. Van Dine

Editore: Mondadori

Traduzione: Pietro Ferrari

Genere: Giallo

Pagine: 352

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Alvin H. Benson siede in poltrona nel soggiorno della sua lussuosa residenza, le gambe accavallate, la testa poggiata contro lo schienale, un libro ancora stretto nella mano destra. Una posizione talmente naturale che ci si aspetterebbe quasi di vederlo alzarsi in piedi da un momento all’altro. Non accadrà, non foss’altro perché è morto, assassinato. Un proiettile sparato frontalmente a distanza ravvicinata gli ha trapassato il cranio. Il procuratore distrettuale Markham e la polizia fanno quello che possono ma per decifrare un omicidio destinato a rimanere negli annali della storia del crimine occorre un detective all’altezza. Qualcuno che al genio deduttivo unisca un sapere sconfinato. In due parole, uno come Philo Vance.

Recensione

“La strana morte del signor Benson” è un romanzo fondamentale nella storia del giallo. In Italia tenne a battesimo, nel 1929, la collana “I libri gialli” edita da Mondadori che dal colore delle copertine fece nascere il termine “giallo” per caratterizzare l’intera produzione del genere.

Il libro di Van Dine ha anche il merito di presentare ai lettori un nuovo investigatore, Philo Vance, che eredita dai grandi detective del passato come Auguste Dupin , il primo della storia, e Sherlock Holmes l’approccio deduttivo e scientifico all’indagine poliziesca.

Il romanzo venne scritto nel 1926 nel pieno del periodo chiamato dai critici “l’età dell’oro” in quanto comprende tutti i maggiori lavori della “detection” classica. Generalmente si pone come data di inizio di questo ciclo fortunato il 1920, anno in cui fu pubblicato “Poirot a Styles Court” (The Mysterious Affair at Styles) il romanzo d’esordio di Agatha Christie e come data indicativa di termine il 1929, anno in cui fu pubblicato “La poltrona n°30” di Ellery Queen.

Proprio Ellery Queen fu creato con caratteristiche molto simili a Philo Vance, un dandy che partecipa alle indagini per puro interesse intellettuale come del resto Van Dine esplicita chiaramente in un suo scritto. “Il romanzo poliziesco è un giuoco intellettuale, anzi uno sport addirittura.”

Il metodo d’indagine di Vance è però diverso da quello di Sherlock Holmes perché privilegia l’aspetto psicologico rispetto agli indizi materiali “perché tutte le indicazioni psicologiche del delitto portano a conclusioni che dimostrano la tesi anche se gli indizi reali segnano tutt’altra direzione.”

Philo Vance è l’investigatore più raffinato, colto e aristocratico di tutta la letteratura poliziesca americana, è infatti “intriso d’arte, di letteratura e di pittura”, studia attivamente psicologia e colleziona opere d’arte orientali e disegni di grandi artisti come Michelangelo e Picasso.

L’autore era critico d’arte e condivide con il suo personaggio l’atteggiamento deduttivo tipico dell’esperto di pittura che “guardando una tela sa perfettamente se si tratta di un Rembrandt oppure di un Franz Hals”. Del resto non perde tempo a cercare con il monocolo la firma dell’autore del quadro perché sa benissimo che la firma potrebbe essere falsa mentre gli aspetti psicologici, le pennellate sul dipinto sono uniche e personalissime come le impronte digitali. Vance cerca di comprendere il carattere del colpevole come dell’autore di un’opera d’arte, di farlo risalire ad una determinata scuola. I particolari materiali, come le tracce concrete, lo interessano solo come conferma postuma del suo intuito. La sua “vista mentale”, come diceva il filosofo Nicola Cusano, intuisce ciò che è prima di ogni cognizione proprio come un sagace intenditore inferisce l’autenticità di un quadro dai particolari più insignificanti come la forma di un orecchio o lo spessore di un’ aureola.

Definito da Raymond Chandler “l’investigatore più balordo della storia del giallo” (“asinine” è il termine inglese usato) Philo Vance si dimostra invece scaltro e capace di una ferrea visione logica deduttiva incredibilmente precisa che gli consente di capire in pochi minuti, da tanti indizi psicologici, il colpevole dell’assassinio del signor Benson, Per poter convincere il suo amico Markham, il procuratore distrettuale che si occupa del caso, però Vance deve prima elaborare tante teorie che poi provvede a demolire per dimostrare che gli indizi sono ingannevoli e che solo attraverso i fallimenti si raggiunge l’unica soluzione soddisfacente, metodo che in questo anticipa la teoria della falsificazione di Karl Popper.

“Mi avresti fatto processare per calunnia, dice Vance al procuratore distrettuale, e ancor oggi, solo ingannandoti continuamente sul vero colpevole, ho potuto a malapena persuaderti della verità.”

Una mente dedita al sospetto, come quella del lettore abituale dei gialli, avrebbe potuto cogliere gli indizi sapientemente sparsi durante il romanzo ma il vero godimento del libro consiste nel rileggerlo per disporli nella dovuta importanza e allora il colpevole si delinea proprio come si è mostrato immediatamente a Philo Vance, con tutte le sue tracce psicologiche inimitabili.

Come un bambino che scompone la macchinina per capire come funziona, Willard Huntington Wright, a riposo forzato dopo un esaurimento nervoso o un abuso di droghe, come dissero i maligni, in convalescenza lesse tantissimi gialli e si divertì a smontarli per capire i meccanismi intimi e segreti del genere per poter poi creare un romanzo moderno e intrigante, lubrificando e migliorando gli ingranaggi narrativi.

Questo risponde anche alla domanda che molti si saranno posti, chiedendosi per quale motivo si debba leggere un giallo che ha quasi cent’anni.

Con “La strana morte del signor Benson” si torna al punto in cui il giallo moderno è iniziato, contemporaneo all’età del jazz esaltata da Francis Scott Fitzgerald nei ruggenti anni venti.

S.S. Van Dine


S.S. Van Dine, pseudonimo dello statunitense Willard Huntington Wright (1888-1939), dopo gli studi a Harvard e in Europa diventa critico d’arte e letterario. In occasione di un periodo di riposo forzato, decide di cimentarsi con la narrativa poliziesca, mettendo a frutto la sua erudizione e le sue doti analitiche. Protagonista dei suoi ingegnosi romanzi è il celebre Philo Vance, investigatore dilettante che affronta ogni indagine come una sfida intellettuale. Il personaggio raggiunge all’epoca una tale popolarità da approdare anche al cinema e alla radio.