La violenza del mio amore




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Dario Levantino

Editore: Fazi Editore

Genere: narrativa

Pagine: 304

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Dopo il pluripremiato Di niente e di nessuno e Cuorebomba, Dario Levantino ci riconduce nella dura realtà di Brancaccio con una storia di speranza e redenzione. Quando una sera d’estate Anna torna a Palermo incinta di lui, Rosario giura a se stesso che farà di tutto per prendersi cura di lei e del figlio che porta in grembo. A Brancaccio, però, non è concesso neppure sognare senza l’approvazione del boss del quartiere e ben presto i propositi dei due ragazzi si infrangono contro le condizioni e gli ostacoli posti da Totò Mandalà. Pur costretti a vivere nello sgabuzzino di una chiesa e incapaci di ottenere una casa popolare senza piegarsi ai ricatti del boss, i due giovani non si rassegnano. I continui soprusi dei potenti e le inevitabili complicazioni che il crescere troppo in fretta porta con sé non intaccano il legame puro e profondo tra Anna e Rosario e ai due basta una barca abbandonata in riva al mare e l’affetto del fedele cane Jonathan per sfuggire alla miseria che assilla le loro giornate. La situazione precipita quando Anna partorisce una bambina prematura: annebbiato e sfinito dall’impotenza, Rosario scoprirà dentro di sé una fiamma inesauribile in grado di cancellare ogni minaccia, alimentata dall’unica cosa che conta: l’amore. Con una prosa agile e incalzante, Dario Levantino intreccia al racconto intimo la riflessione sociale attraverso la sincerità disarmante di un ragazzo che combatte con tenacia per conquistare il suo posto nel mondo. La violenza del mio amore è un intenso romanzo sulla forza dei sentimenti, capaci di superare le ingiustizie della vita e sconfiggere la paura della morte.

Recensione

Un romanzo crudo, disincantato.

Asciutto come le estati siciliane. Graffiante come la paura di emergere in un mondo che esclude, rifiuta e annulla la speranza. Crudele come la vita, che è una serpe che sguscia tra le mani: non puoi trattenerla, anche se hai la fortuna di afferrarla, almeno una volta. Tenero come il primo amore, che grida dalle carni sensibili e piange lacrime di commozione.

La vita, questa serpe fredda e luccicante, non sempre è buona e pietosa. Spesso è cieca, insensibile e se ne frega di due ragazzetti soli al mondo, lei incinta, lui appena uscito da una casa famiglia. Se ne frega di osservare il loro amore, la loro brama di vita. Figurarsi se vacilla di fronte ad un’idea di giustizia. Se intercede per concedere un briciolo di opportunità ai due giovani, che vivono alla giornata, senza mezzi, appesi al debole filo della carità di un prete di periferia.

La vita è dura, senza soldi, senza un tetto sulla testa. Eppure Rosario ci prova a cambiare la sua sorte e quella di Anna ma finisce per scontrarsi sempre con la malavita palermitana, che ti concede una briciola ed in cambio pretende la tua anima. Rosario ci prova ad inghiottire i suoi principi, la sua dignità e gli insegnamenti della madre, prematuramente scomparsa. Accetta lavori duri e mal pagati, ma torna sempre al punto di partenza, sconfitto.

Lavoro non ce n’é e neanche qualcuno che lo aiuti nella sua lotta per sopravvivere. Nessuna istituzione si interessa alla sua famiglia. Nessuna mano si apre per Rosario eccetto quella di Totò, il boss del quartiere. Una mano viscida, che nasconde tra le dita il buio. Una mano che tuttavia Rosario decide di afferrare, ultima spiaggia prima di soccombere. Perché nel frattempo è nata Maria e tutto è diventato più difficile.

A volte il prezzo che si paga appare enorme e spropositato. Ma l’amore è anche capace di fare il giusto contrappeso a qualsiasi sacrificio.

La prosa di Dario Levantino non fa sconti. Entra nella carne come una lama e vi sedimenta tutto l’orrore di una società basata sul possesso, che fonda sul pregiudizio e sul preconcetto la sua stessa esistenza. Levantino non salva niente e nessuno: né il singolo uomo, che si volta dall’altra parte, né le istituzioni, al soldo del potere e dell’opportunismo.

Il suo romanzo racconta la lotta per vivere di chi è rassegnato all’invisibilità ma non ha perso la voce per gridare il suo diritto di esistere e di vivere una vita dignitosa. Una voce che non perde mai il suo timbro e che è capace di sacrificare tutto per un attimo di felicità.

Un romanzo sulla speranza, sul sacrificio e sulla forza dell’amore, quello che ti fa compiere l’impossibile. Una denuncia e un acuto che nasce dall’urgenza di vivere, costi quel che costi.

Bella prova per Levantino, che costruisce le figure di Rosario e di Anna con grande capacità di immedesimazione e con una sensibilità fuori dal comune. Figure profonde e un tantino “ruffiane”, nel sottolineare il divario sociale tra la borghesia bacchettona e i nuovi poveri, i quali, per soddisfare una fortuita legge di compensazione, appaiono gli unici depositari di ogni verità.

Ma, al netto di questa considerazione, del tutto personale, rimane comunque solida e indimenticabile la profondità di questo romanzo di formazione e la forza inesauribile del messaggio che porta con sé.

 

 

Dario Levantino


È nato a Palermo nel 1986. Laureato in Lettere e Filosofia, insegna italiano in un liceo di Monza. La sua opera d’esordio, Di niente e di nessuno (Fazi Editore, 2018), ha vinto il Premio Biblioteche di Roma 2018, il Premio Subiaco Città del Libro 2018, il Premio Leggo Quindi Sono 2019 ed è stato tradotto in Francia con il plauso della critica. Il suo secondo romanzo, Cuorebomba, è uscito nel 2019 e presto verrà tradotto in Francia.

 

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