La vita è un cicles




Recensione di Enrico Fasano


Autore: Margherita Oggero

Editore: Mondadori

Genere: Giallo/Mistery/Noir

Pagine: 245

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. In una gelida mattina d’inverno, nel retro dell’Acapulco’s, uno dei peggiori bar di Torino, viene ritrovato un morto ammazzato. Chi è? Ma soprattutto, chi l’ha fatto fuori, e perché? Massimo, giovane laureato in Lettere che per sbarcare il lunario prepara panini e scongela brioches precotte, non sa nulla di quel cadavere con la faccia spappolata, così come sembra non saperne niente neppure Gervaso detto Gerry, il figlio del padrone del bar, un ragazzotto non proprio sveglio, più interessato a conquistare la bella Sabrina che a fare fatica dietro al bancone… A dirigere le indagini con la sua squadra c’è il commissario Gianmarco Martinetto, un poliziotto dal carattere ruvido e apparentemente scostante come la sua città, che deve rimboccarsi le maniche per risolvere questo intricato caso in cui le piste investigative si confondono e si sovrappongono. Dietro l’omicidio c’è forse la mano di una misteriosa mafia veneta che ha il controllo della periferia torinese? Oppure è uno spietato regolamento di conti per una faccenda di droga, o prostituzione? E chi è veramente Gilda, femme fatale che fa perdere la testa a Massimo, bravo ragazzo più a suo agio con le versioni di latino che con i sentimenti?

Recensione

Esiste un detto che recita più o meno così:

“Non riuscirai mai a fidarti di una persona finchè non imparerai a conoscerla veramente”, a me piace aggiungere: “Ma quando si ha la certezza di conoscerne davvero l’identità?”.

E’ questo un tema delicato che affascina non solo anonimi esseri umani come me, ma anche studiosi e menti eccellenti di questo pianeta e su cui si scrivono libri e si tengono lezioni in importanti università. Il ‘proverbio’, se così lo si vuole chiamare, si presta benissimo non solo con riferimento al genere umano ma anche ad animali, oggetti e più che mai in, questo caso, a città.

La vita è un cicles dipinge una Torino estremamente diversa da quella che la maggior parte della gente è abituata a conoscere. Io stesso, che ci vivo quasi alle porte, sono venuto in contatto con una realtà che difficilmente immaginavo potesse essere attribuita alla prima capitale d’Italia. Dietro all’apparente tranquillità e purezza della sua storia e società, esiste una faccia di Torino buia e degradata fatta di criminalità e malavita.

La Oggero ne porta alla luce la vera natura con una grande maestria costruendo un romanzo a forti tinte noir e ideando una storia sì di finzione, ma che poco si discosta da ciò che realmente potrebbe accadere proprio in quelle vie periferiche della cittadina.

La scrittrice torna qui al suo genere preferito, il giallo, con un libro che ha il fascino del thriller e la leggerezza delle tenere storie d’amore. Di Torino colpisce il ritratto in cui si parla dell’incuria che domina la periferia, uno scenario da futuro quasi distopico diventato presente. Un concentrato di livore cieco contro tutto e tutti, di pregiudizi arroganti, di ignoranza abissale e contagiosa.

E’ in questo contesto, dove pare dominare una ‘certa mafia veneta’, all’interno di un bar scalcinato e di scarsa bellezza, che Massimo ritrova un cadavere. Il giovane laureato in Lettere lavora lì per arrotondare il salario che gli è dato dal padrone del locale, Bettino Trevisan, losco figuro, tanto quanto il figlio, un po’ tardo, Gervaso detto Gerry.

In un fitto dedalo di spiazzanti intrecci, anche amorosi, il lettore si domanda chi sia il cadavere, e soprattutto chi sia stato ad ucciderlo?

Quesiti che si pone anche il commissario Martinetto che preferisce essere ovunque piuttosto che lì. Tre personaggi in cerca d’omicida, protagonisti di una crime story all’americana ben congeniata. Un finale agrodolce che lascia ampio spazio alla fantasia. Da un lato sembra svelare il colpevole, in maniera forse troppo frettolosa, ma se lo si analizza meglio, quelle poche righe prima dell’ultimo capitolo, potrebbero invece depistare e far pensare ad possibile seguito perché nulla è risolto e l’assassino è ancora a piede libero.

Una bella storia, narrata con perizia, con metodo e con alto acume intellettivo ed investigativo. Margherita Oggero mescola bene gli ingredienti del narrato, tutti elementi estremamente attuali: la difficile situazione lavorativa dei giovani di oggi, le infiltrazioni delle cosche mafiose al nord, le tormentate e anche violente storie d’amore.

Ho apprezzato particolarmente la contaminazione del dialetto veneto, con tutte le sue pungenti sfumature, in un libro a forte carattere piemontese. Unica pecca, che dipende esclusivamente dal mio gusto personale, è l’uso difficile che Margherita fa della punteggiatura e che mi ha costretto talvolta a fermarmi per tornare ad inizio frase e ricominciare la lettura.

Un ottimo romanzo, intenso e profondo.

A cura di Enrico Fasano

direzionekinghiana.blogspot.com

Margherita Oggero


Margherita Oggero, ex insegnante di Lettere, è nata e vive a Torino. Nel 2002 pubblica il suo primo romanzo, La collega tatuata, con Mondadori. L’anno successivo esce Una piccola bestia ferita, che ispira la serie televisiva Provaci ancora, prof! con Veronica Pivetti, a cui seguono altri romanzi di successo con protagonista la professoressa investigatrice Camilla Baudino, tra cui Qualcosa da tenere per sé (2007). Il suo ultimo libro con Mondadori è La ragazza di fronte (2015), premio Bancarella 2016, mentre nel 2017 ha pubblicato con Einaudi il romanzo Non fa niente.

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