L’appeso di Conakry




Recensione di Chiara Alaia


Autore: Jean-Christophe Rufin

Traduttore: Alberto Bracci Testasecca

Editore: Edizioni E/O

Genere: Noir, Giallo

Pagine: 192

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. Com’è possibile che Aurel Timescu, con il suo accento rumeno e la sua aria da anni Trenta, sia console di Francia? Eppure è così, anche se nella diplomazia transalpina ricopre ruoli subalterni e gli vengono assegnati incarichi di second’ordine. Questa volta è in piena Africa, più precisamente in Guinea, lui che odia il caldo. Prova a resistere, suda, di notte beve Tokaj e suona il piano. Fino al giorno in cui avviene finalmente l’unica cosa che può ancora appassionarlo: un delitto senza spiegazione apparente. Viene ritrovato un ricco turista bianco, appeso all’albero maestro del suo yatch. Morto. La polizia locale e le autorità diplomatiche francesi brancolano nel buio. Ma Aurel, lo strano console, avvia la sua indagine personale. Vestito con il suo cappottone invernale, nonostante i quaranta gradi all’ombra, ispirato dalle sue notti di alcol e di musica, si lancia senza paura in un’avventura che lo porterà dai bassifondi africani alle vette della finanza internazionale.

Recensione

La storia si apre con una visione agghiacciante. Il cadavere di un uomo penzola dall’albero maestro di una nave, appeso per un piede. Il nome della vittima è Jacques Mayères, ex imprenditore dell’Alta Savoia, approdato a Conakry, in Guinea, dopo aver deciso di lasciare gli affari per trascorrere il resto della vita sulla sua barca a vela.

Se l’atmosfera del romanzo, soprattutto a causa dell’ambientazione africana – del resto, l’autore è stato per anni ambasciatore del Senegal – ha il sapore esotico dei racconti di spionaggio e dei gialli di Graham Greene, il personaggio di Aurel Timescu sembra uscito dalle pagine di Simenon.

L’investigatore di questo noir ironico e originale è infatti il più classico degli antieroi. Dire che Aurel Timescu è un tipo stravagante è riduttivo. È un uomo strano, nel senso etimologico del termine. Estraneo, fuori moda e fuori luogo.

Innanzitutto, sebbene sia console di Francia, Aurel non è francese. E nemmeno guineano. È un rumeno, con la vocazione da detective e il passato da pianista di piano bar. Ma, soprattutto, il suo superiore, il console generale, l’ha reso lo zimbello di Conakry.

Tutti lo guardano – letteralmente, per via della bassa statura – dall’alto in basso. È impacciato, all’antica e sentimentale. E poi se ne va in giro strizzato dentro un’utilitaria, ha un concetto tutto suo di eleganza, che lo spinge a indossare un cappotto assolutamente inadatto alle temperature tropicali, suona il piano tutta la notte e non sa resistere alla tentazione di una bottiglia di Tokaj.

Eppure, grazie al suo intuito investigativo, alla sua tenacia e all’aiuto della bella Jocelyn, sorella della vittima, proprio quell’Aurel Timescu che tutti sottovalutano riuscirà a risolvere l’intricato omicidio di Mayères. E, cosa ancor più importante, a conquistarsi fino in fondo la simpatia dei lettori.

Jean-Christophe Rufin


Jean-Christophe Rufin, medico, diplomatico. Fondatore di Medici senza frontiere, Premio Goncourt, è autore di numerosi romanzi, tra cui L’uomo dei sogni, Il collare rosso e Check-point.