L’arte del buon uccidere




Recensione di Giulia Manna


Autore: Piersandro Pallavicini

Editore: Mondadori

Genere: romanzo

Pagine: 180

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Autore di “commedie italiane” di successo, Pallavicini accende il suo allegro cinismo a maggior disdoro di quelle categorie di persone che volentieri siamo concordi nell’etichettare come intollerabili: il so-tutto-da-bar, il marcatore territoriale, l’inventore del cannone sparafoglie, la paranoide scientifico-ossessiva, l’anziano su internet, i diapositivisti delle vacanze nell’epoca del digitale, lo spara-stato-di-salute altrimenti detto il “Rigor mortis”, ecc ecc. Di ciascuna tipologia si raccontano le caratteristiche e i guasti prodotti e si propongono le modalità di una soppressione radicale a fin di bene. Fra l’una e l’altra eliminazione (preparata da abbondanti prove a carico dell’infausto personaggio) ci sono le tipologie che suscitano raptus letali, e lì si arriva al “mai più” del “buon uccidere” senza troppe remore. L’arte del buon uccidere è una scuola efferata contro le efferatezze della noia, del fastidio, dell’ingombro. Viene da lontano, e va lontano, perché noia e fastidio fanno ridere, e la comicità, come è noto, prolunga la vita. Per L’arte del buon uccidere, Piersandro Pallavicini si è ispirato a una serie di Antonio Amurri pubblicata da Mondadori negli anni Settanta (Come ammazzare la moglie/il marito/la suocera/se stessi, ecc) e ha subito il fascino dei Delitti esemplari di Max Aub (Sellerio).

Recensione

Quante volte avete avuto a che fare con con  persone che odiano tutti e tutto oppure con quelle che esordiscono con “Lei non sa chi sono io”?

Quante volte vi siete imbattuti volontariamente o involontariamente con chi al bar sa sempre tutto?

E con persone che al cinema rispondevano al telefono?

Con altre a cui puzzava incredibilmente l’ascella?

O con maschi con un’errata interpretazione del concetto di virilità soprannominati “marcatori di territorio”?

Con questo libro di sole 180 pagine e parecchia ironia, l’autore che secondo me, è anche un inguaribile ottimista, individua solo una ventina di rompiscatole per antonomasia.

Qualcuna gliene è sfuggita, quindi attendo un seguito.

Il problema è che loro si stanno diffondendo a macchia d’olio e la pazienza nei confronti di queste  macro categorie di rompiballe sta terminando.

Così diventa impossibile lasciar perdere!

Ed allora ecco che il buon Pallavicini suggerisce il giusto modo per farli fuori!

 

Piersandro Pallavicini


Piersandro Pallavicini è nato a Vigevano nel 1962. È docente all’Università di Pavia, dove svolge ricerche nel campo della Nanochimica inorganica. Con Feltrinelli ha pubblicato i romanzi “Madre nostra che sarai nei cieli” (2002), “Atomico dandy” (2005), “African inferno” (2009), “Romanzo per signora” (2012, premio Sila 49 nel 2012), “London Angel” (2012), “Racconti per signora” (2013) “Dalle parti di Arenzano” (2014) e “Nel giardino delle scrittrici nude” (2019). Tra le altre opere: “Il mostro di Vigevano” (Pequod, 1999), “Riviste anni ’90. L’altro spazio della nuova narrativa” (Fernandel, 1999), “Anime al neon” (Fernandel, 2002), “A braccia aperte” (Edizioni Ambiente, 2010). Collabora con “Tuttolibri”, supplemento culturale de “La stampa”, e con le Edizioni dell’Arco di Milano, per le quali cura una collana di libri di strada dedicati all’Africa e alla migrazione da quel continente, scritti da autori italiani.

 

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