Later




Recensione di Kate Ducci


Autore: Stephen King

Traduttore: Luca Briasco

Editore: Sperling & Kupfler

Pagine: 264

Genere: Thriller e Horror

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Solo i morti non hanno segreti. Jamie Conklin ha proprio l’aria di un bambino del tutto normale, ma ci sono due cose che lo rendono invece molto speciale: è figlio di una madre single, Tia, che di mestiere fa l’agente letterario, e soprattutto ha un dono soprannaturale. Un dono che la mamma gli impone di tenere segreto, perché gli altri non capirebbero. Un dono che lui non ha chiesto e che il più delle volte non avrebbe voluto. Ma questo lo scoprirà solo molto tempo dopo. Perché la prima volta che decide di usarlo è ancora troppo piccolo per discernere, e lo faper consolare un amico. E quando poi è costretto a usarlo lo fa per aiutare la mamma, lo fa per amore. Finché arriva quella dannata volta, in cui tutto cambia, e lui è già un ragazzino, che non crede più alle favole. Jamie intuisce già, o forse ne è addirittura consapevole, che bene e male non sono due entità distinte, che alla luce si accompagnano sempre le tenebre. Eppure sceglie, sceglie la verità e la salvezza. Ma verità e salvezza, scoprirà tempo dopo, hanno un prezzo. Altissimo. “Later” è una nuova variazione King sul tema del bene e del male, un romanzo – come semprepieno di emozione e tenerezza nei confronti dell’infanzia e della perdita dell’innocenza, ma anche una riflessione matura sulla nostra possibilità di scegliere. Con un tocco di affettuosa ironia nei confronti dell’operoso mondo che ruota attorno a un grande autore.

Recensione

Il nuovo, attesissimo appuntamento con Stephen King è un piacevolissimo incontro con i personaggi a cui lui, e nessuno come lui, sa dar vita in modo realistico e struggente.

Perché la trama, l’ispirazione iniziale, è qualcosa di già letto in altri libri, già visto al cinema, già noto; ma è lui a fare la differenza, King, con quel suo modo inconfondibile di fare innamorare chi legge e trascinarlo di corsa dalla prima all’ultima pagina.

Con King funziona così: i suoi libri non riesci a gustarli poco a poco, li divori, cosa che spinge chi lo ama a una seconda, più attenta lettura, per catturare quelle sfumature, quelle meravigliose parti di altissima narrativa, tralasciate la prima volta, troppo preso dal bisogno di sapere come andrà a finire.

Il protagonista è un ragazzino che compie il passaggio difficile tra infanzia e adolescenza, con quel senso di perdita e vertigine che viene descritto in modo magistrale, che fa ricordare a chi legge cosa sia stato, quanto sia affascinante e al tempo stesso complicato perdere se stessi per ritrovarsi faccia a faccia con qualcuno di estraneo quanto familiare, qualcuno che è arrivato troppo velocemente, senza preavviso.

Jamie ha un dono speciale, lo hanno quasi tutti i piccoli protagonisti kinghiani, anche se le eccezionalità scelte per le sue giovani creature sono quasi sempre un’abile scusa per porre l’accento sulle vere eccezionalità che noi tutti abbiamo, ma cogliamo troppo tardi, da adulti; sulla magia di aver vissuto (e spesso perso) l’unico periodo della nostra vita in cui potevamo davvero diventare chiunque, desiderare e andare a caccia di qualsiasi cosa; su quel senso di immortalità e al tempo stesso svogliatezza che spiazzano, rendono lunatici.

Il dono di Jamie è però spaventoso e King, con maestria, ci terrorizza a ogni capitolo, ricordandoci tramite la voce narrante che ‘Questa è una storia dell’orrore, ve l’avevo detto.

Jamie può parlare con i morti e sa sul loro conto qualcosa che nessuno sa: non possono mentire, a domanda diretta possono rispondere solo la verità.

Niente di complicato, quando a morire è qualcuno di ordinario, di buono, e le domande che gli poni hanno risposte belle da ascoltare.

Ma cosa avviene quando ti costringono a parlare con qualcuno che in vita è stato una persona orrenda, quando ti obbligano a porgli domande a cui non vorrebbe rispondere?

Quel qualcuno non può mentirti, è vero, ma può odiarti, perseguitarti.

Later‘ è una storia di crescita, ma anche di abbandono, tessuta sullo stretto legame tra vita e morte, amore e odio. King ce la racconta con la capacità che lui possiede (e nessuno come lui) di ricordarci quanto questi opposti siano indissolubilmente legati, a volte confondibili. E quando  gli argomenti sono questi, King non può che regalarci gioielli narrativi.

 

 

Stephen King


(Portland, 21 settembre 1947) è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, uno dei più celebri autori di letteratura fantastica, in particolare horror, del XX e XXI secolo. Scrittore prolifico, nel corso della sua carriera, iniziata nel 1974 con Carrie, ha pubblicato oltre ottanta opere, anche con lo pseudonimo di Richard Bachman fra romanzi e antologie di racconti, entrate regolarmente nella classifica dei best seller, vendendo complessivamente più di 500 milioni di copie. Buona parte dei suoi racconti ha avuto trasposizioni cinematografiche o televisive, anche per mano di autori importanti quali Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma, J. J. Abrams, David Cronenberg, Rob Reiner, Lawrence Kasdan, Frank Darabont, Taylor Hackford e George A. Romero. Pochi autori letterari, a parte William Shakespeare, Agatha Christie e Arthur Conan Doyle, hanno ottenuto un numeroparagonabile di adattamenti. A lungo sottostimato dalla critica letteraria, tanto da essere definito in maniera dispregiativa su Time “maestro della prosa post-alfabetizzata”, a partire dagli anni novanta è iniziata una progressiva rivalutazione nei suoi confronti. Grazie al suo enorme successo popolare e per la straordinaria capacità di raccontare l’infanzia nei propri romanzi è stato paragonato a Charles Dickens, paragone che lui stesso, nella prefazione a Il miglio verde, pubblicato a puntate nello stile di Dickens, ha sostenuto essere più adeguato per autori come John Irving o Salman Rushdie.

 

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