Le acque torbide di Javel




Recensione di Elisa Puntelli

Autore: Léo Malet

Editore: Fazi

Traduttore: Federica Angelini

Pagine: 171

Genere: Giallo

Anno di pubblicazione: 2016

Un omicidio è difficile da tenere nascosto. C’è sempre qualcuno che sa qualcosa, lo dice e dà il via all’effetto valanga. Una Parigi industriale, operaia e decadente fa da sfondo a tutta una serie di vicende i cui fili si intrecciano lentamente fra loro dando vita ad una matassa all’apparenza quasi impossibile da dipanare.

Ed è a questo punto che entra in gioco Nestor Burma, personaggio nato dalla penna del francese Léo Malet. L’investigatore privato viene catapultato nel XV arrondissement, alla ricerca dell’ex senzatetto Paul Demessy, scomparso improvvisamente nel nulla. A richiedere il suo aiuto è la moglie, Hortense, abbandonata senza soldi e perdipiù incinta. Inizialmente Burma non sembra molto colpito dalla faccenda. La affronta con fare distaccato, a tratti addirittura infastidito, ponendo moltissime domande ad Hortense, alcune delle quali allusive e totalmente prive di tatto.

“Andiamo. E’ scomparso o l’ha lasciata?”
Se n’è andato con un’altra donna o è scappato da solo? Ha ragione di credere più a una cosa che all’altra?”
“E sicuramente lei vuole che glielo ritrovi e glielo riporti, giusto?”
Dopodiché decide di aiutare gratuitamente la donna, celando questo suo atto altruistico dietro ad un’apparenza totalmente cinica e fortemente moralista.

[…] quel tipo era un po’ una delusione. Pensavo fosse più affidabile. Lo era stato, in passato. E soprattutto mai avrei pensato, come avevo fatto notare alla moglie, che fosse il tipo da filarsela dopo aver messo incinta la compagna. Quelli proprio non li mando giù. Fosse stato anche solo per dirgli cosa pensavo di lui, dovevo ritrovare Demessy.”

Ed è a partire da questo punto che la vicenda si tinge di rosa.
Nestor Burma comincia una ricerca al femminile. Ci sono infatti tre donne collegate a Paul che attirano la sua attenzione. Tre donne totalmente diverse tra loro. Tre donne misteriose, ciascuna a modo suo e per le proprie motivazioni. Tre donne che non raccontano tutta la verità, collegate allo scomparso da un particolare e seducente profumo.

Il lettore segue, passo dopo passo, l’investigatore privato e si addentra in una Parigi anni ’50. Partendo dai cancelli della Citroën (luogo di lavoro di Demessy), addentrandosi nel cabaret Bal Nègre fino ad arrivare ad uno strano e sinistro bistrot-pensione gestito da musulmani.

Ed è solo dopo una lunga lista di dialoghi ad alto tasso di sarcasmo, pedinamenti, giri in auto e capatine nei bistrot che Burma riuscirà a giungere alla verità. Una verità sporca, affatto banale e corrotta. Il tutto seguendo la strada dell’istinto piuttosto che quella della prudenza, arrivando a mettere a repentaglio la sua stessa vita.

Come da copione un giallo non può certo avvalersi di un protagonista qualsiasi! Nestor Burma è un anticonformista per eccellenza. Un anarchico. E come tale agisce e si comporta. Non è un uomo tutto d’un pezzo, impeccabile, integerrimo. Anzi! Si concede il vizio di fumare la pipa, beve, pare muoversi molto bene anche in circostanze poco chiare quasi con lo scopo di far capire al lettore che non è certo la prima volta che si trova in circostanze del genere.

Non disdegna neanche la compagnia femminile, cosa della quale certo non si può fargliene una colpa, ma che sicuramente in “Le acque torbide di Javel” non gioca sempre a suo vantaggio (se non proprio il contrario!).

 

Léo Malet


Léo Malet, l’anarchico conservatore, come amava definirsi, è uno dei padri del romanzo noir francese. Nato al numero cinque di Rue du Bassin, a Montpellier, figlio di una sarta e di un impiegato, rimane prestissimo orfano. È il nonno, bottaio e grande lettore, che si prende cura del nipote e lo inizia alla letteratura. A sedici anni Léo Malet si trasferisce a Parigi in cerca di fortuna. Determinante è l’incontro con André Colomer, disertore e pacifista: Colomer gli dà una famiglia e soprattutto lo introduce in ambienti anarchici. In questo periodo Malet collabora anche a vari giornali e riviste («En dehors», «Journal de l’Homme aux Sandales», «Revue Anarchiste»).

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