L’uomo duplicato




Recensione di Marina Morassut


Autore: Josè Saramago

Editore: Feltrinelli

Traduttore: Rita Desti

Pagine: 270

Genere: Narrativa / Thriller

Prima pubblicazione: 2002

Anno di pubblicazione: Feltrinelli 2010

Trama. Protagonista del romanzo è un professore di Storia di scuola media dal nome altisonante, Tertuliano Máximo Afonso. Separato dalla moglie senza ricordare né perché si è sposato né perché ha divorziato, ha difficoltà nelle relazioni col prossimo e si può definire un depresso. Conduce una vita solitaria e noiosa, fino al giorno in cui non fa una scoperta sensazionale: dietro consiglio di un collega, noleggia una commedia leggera in videocassetta, ed eccolo faccia a faccia con una comparsa che, ben più che somigliargli, è lui. Un autentico doppio, la cui esistenza sconvolge quella di Tertuliano, che da quel momento fa di tutto per scoprire chi sia quell’attore, cosa faccia, che storia abbia, sprofondando in una realtà parallela. Saramago commenta passo passo la vicenda, accompagna il lettore con ironia, acume e sapienza narrativa in quest’inquietante indagine sull’alter ego, ricca di suspense e di spunti di riflessione sull’identità, nonché di svolte impreviste.

Recensione 

Romanzo fatto rientrare nella categoria thriller, ma che si fatica molto a definire e soprattutto a catalogare sotto un unico genere, quando, arrivati all’ultimissima pagina, dopo un rutilante colpo di scena dietro l’altro – e ripeto, tutto nelle ultime pagine – si arriva alla destabilizzante scena finale.

Anche in questo caso, come per il precedente romanzo di Saramago che ho letto (Tutti i nomi), l’autore si serve dell’allegoria e dell’assurdo per dare vita ad un romanzo di ineffabile genialità, che tuttavia è lento nel ritmo e poco eccitante. La trama peraltro, nonostante la vita inizialmente insulsa del protagonista, un oscuro insegnante di storia delle scuole medie, incuriosisce per la dinamica, il concetto di identità e quello di senso comune, tra gli altri, che l’autore fa vivere al protagonista stesso, forse con l’intromissione dell’autore un po’ troppo marcata.

Brevemente, tale Tertuliano Maximo Afonso, insegnante di storia, in un momento di depressione delle sua vita post-divorzio e dopo aver parlato con un collega insegnante, decide di affittare una cassetta per vedere un film. Incredibilmente scopre che uno degli attori minori gli assomiglia in modo pauroso: anzi, diciamo pure che è il suo gemello, il duplicato, appunto. Dopo una serie di verifiche tramite la visione di qualche film della stessa casa produttrice, scopre che il suo doppio è il tal attore Antonio Claro.

E già dalle prime pagine Saramago mette in scena il teatro dell’assurdo, perché fa vivere al suo protagonista Tertuliano l’evento come fosse una sciagura, prima ancora di proseguire il racconto e rendersi conto se effettivamente questo fatto possa arrecargli danno oppure essere un evento assolutamente incredibile ma del tutto fortuito e senza alcuna conseguenza per lui.

Chissà se non avesse indagato, invece di voler addirittura travestirsi per spiare questo suo duplicato, cosa sarebbe successo?    Evidentemente non sarebbe stato scritto il libro che catapulta il lettore in un’atmosfera quasi ovattata e che lo trascina in un film in bianco e nero, talvolta quasi un western, soprattutto nella scena dell’incontro tra i due cloni nel casolare dell’attore.

E a proposito di film, questo romanzo dà subito l’impressione che quello che si sta leggendo in realtà potrebbe benissimo essere già la sceneggiatura di un film… ma di questo parleremo fra un po’.

In realtà ciò che il geniale Saramago mette in scena oltre all’assurdo, è l’allegoria del conflitto, cuore e radice di quest’opera. Ci sono in realtà molti scrittori che hanno usato l’escamotage del doppio, del clone, per imbastire un romanzo e servirsene per raggiungere il lettore con determinati messaggi. Ma l’originalità di Saramago sta nell’introdurre questo concetto, abituando il lettore piano piano all’idea del duplicato e del senso di chi sia il primo e di chi sia il secondo in termini temporali, concentrandosi sul senso di disagio e sul conflitto derivante, per introdurre tutta una serie di difficoltà, affinché il lettore si concentri su queste, per spiazzarlo poi nelle ultime pagine e sotterrarlo con la pagina finale e lasciargli addosso una sensazione che lo destabilizza e fa rimanere il romanzo in mente a lungo, anche dopo averlo terminato.

E in effetti soprattutto la moglie dell’attore Antonio, che diversamente dall’amante di Tertuliano è al corrente che esiste un sosia del marito, identico a lui perfino nelle cicatrici, si chiede in caso di un incontro con lo sconosciuto doppione, come farà a riconoscere il marito dal sosia.

E questo sarà proprio un argomento che introdurrà una sorta di sfida all’Ok Corral, perché ad un certo punto la bravura di Saramago ci porterà a vivere in un western, tra gli altri generi.

Lo ripeto: il finale poi – e parlo proprio dell’ultima pagina – è davvero micidiale, perché rimette in discussione quanto il lettore aveva incamerato fino a quel momento e annulla qualsiasi speranza che lo stesso sventurato possa comprendere appieno quanto appena successo.   Se non, appunto, continuare a pensarci a lungo anche dopo aver terminato il romanzo, concentrandosi tra l’altro sul principio dell’indifferenziazione (come lo chiamava Saramago) o globalità (come diciamo noi ora), in cui se non si sta attenti e si lotta per la propria unicità ed individualità, si rischia di perdere la propria identità a favore di un appiattimento e standardizzazione generale e globale.

E come Saramago stesso ha affermato “sembrava un film di fantascienza…”

Ma lascio agli incauti lettori l’onore e l’onere, se solo avranno la pazienza di rispettare il ritmo lento, di leggere questo impeccabile intreccio di generi e di commistione tra libro e film.

Josè Saramago


Narratore, poeta e drammaturgo portoghese, ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1998. Costretto a interrompere gli studi secondari fece varie esperienze di lavoro prima di approdare al giornalismo che ha esercitato con successo su vari quotidiani. Dopo il romanzo giovanile Terra e due libri di poesia caratterizzati da una forte sensibilità ritmico-lessicale, si è rivelato acquistando fama internazionale con un’originale produzione narrativa in cui rielaborazione storica e immaginazione mistica e allegorica, realtà e finzione si mescolano in un linguaggio tendenzialmente poetico e vicino ai modi della narrazione orale. Tra le sue opere più note pubblicate da Feltrinelli: Il vangelo secondo Gesù Cristo, Cecità, Tutti i nomi, L’uomo duplicato, L’ultimo Quaderno, Don Giovanni o il dissoluto assolto. Riconosciuto come uno degli autori più significativi del Novecento, la sua produzione spazia dalla poesia al romanzo, dal teatro La seconda volta di Francesco d’Assisi e Nomine Dei ai racconti storici.Intellettuale raffinato e impegnato, ha spesso fatto discutere per i suoi racconti dissacranti che colpiscono al cuore i mali della nostra società. Nel 1998 l’Accademia di Svezia gli ha conferito il Premio Nobel per la Letteratura premiando le sue qualità di scrittore ma anche l’uomo delle battaglie civili. Fissa in una frase il perché del proprio scrivere: “Le parole sono l’unica cosa immortale: quando uno è morto, ai posteri rimangono solo loro”.

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