Nessuno resta solo




Recensione di Christian Floris


Autore: Alessandro De Roma

Editore: Einaudi 

Genere: Narrativa

Pagine: 207

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Nei discorsi di Guido, ex professore universitario, Tonio viene a malapena nominato. E’ un figlio inquieto, vagabondo, omosessuale, che il padre fatica a contattare perfino quando deve dirgli che la madre è malata e il tempo rimasto è poco. Del resto anche Guido, per Tonio, non andrebbe messo al corrente di nulla: neppure del suo dolore più grande. Le loro strade si sono sempre incrociate a distanza, attraverso gli occhi degli altri, i discorsi riportati, i racconti che risalgono all’infanzia di uno o alla giovinezza dell’altro. Eppure sono padre e figlio.

Recensione

Nel suo dissacrante Polli d’allevamento, Giorgio Gaber cantava che l’uomo non è fatto per stare solo: il romanzo di Alessandro De Roma è una robusta dimostrazione per assurdo di questo enunciato.

Due uomini, padre e figlio, anni-luce distanti, due monadi autoreferenziali che farebbero specie persino a Leibniz, ma uniti in modo viscerale da due lutti di complicata elaborazione.

Lungo un percorso punteggiato di relazioni sofferte, di tante parole non dette o travisate, dell’incapacità di abbracciarsi e perdonarsi, l’autore tratta da par suo – cioè, magistralmente – il tema dell’incomunicabilità e del suo triste corollario chiamato solitudine.

Sullo sfondo di una campagna sarda così struggente quanto lucreziana (quello del rapporto con la natura è un motivo ricorrente, nelle opere di De Roma), Guido e Antonio sono due binari paralleli che s’incontrano soltanto in un punto di fuga lontano e prospettico. E la prospettiva, poco attraente, è quella dell’orizzonte ultimo disegnato dalla morte.

Al solito, la narrazione dello scrittore sardo ti stringe a sé con una struttura in apparenza semplice, formalmente lineare, fine e ricercata senza essere invasiva, con una focalizzazione zero che sa però far parlare i propri personaggi col cuore in mano, a introdurre riflessioni di un’ampiezza vertiginosa.

In diverse pagine Guido Floris riecheggia le movenze decadenti di un Gustav von Aschenbach, così illusoriamente libero dopo la morte della moglie Lucia, così disperatamente infelice e velleitario, rinchiuso nella propria casa di San Leonardo de Siete Fuentes. E brilla nella sua irrisolutezza anche Tonio, vagabondo e segnato in modo indelebile dalla scomparsa del compagno, ma che in realtà non ha mai smesso di orbitare attorno al Vecchio Stronzo, anche se con orbite molto eccentriche.

Se nel graduale e sapiente climax della progressiva perdita di lucidità di Guido si può rintracciare il registro e il colore di una gustosa partitura già assaporata nelle pieghe del protagonista di Vita e morte di Ludovico Lauter, possiamo invece apprezzare la straordinaria capacità di De Roma di descrivere con realismo e puntiglio quasi maniacale anche le figure minori della storia. Il risultato è commovente e coerente con l’assunto del teorema iniziale, armonico nella quiete del suo finale così ben trovato.

La frase che avrei voluto scrivere è:

Vagò a lungo per le strade del centro storico, case nere di basalto che avevano il colore esatto della sua fuliggine esistenziale.”

   

 

Alessandro De Roma


Alessandro De Roma è nato a Carbonia, in Sardegna, nel 1970. Ha pubblicato Vita e Morte di Ludovico Lauter (Premio Dessì), La fine dei giorni e Il primo passo nel bosco (Ed. Il Maestrale, 2007,  2008 e 2010), Quando tutto tace (Bompiani, 2011) e La mia maledizione (Einaudi, 2014). Tre dei suoi romanzi sono stati tradotti in Francia per Gallimard. E’ fra gli autori dell’antologia benefica Sei per la Sardegna (Einaudi, 2014).

 

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