Notte selvaggia




Recensione di Elvio Mac


Autore: Jim Thompson

Editore: HarperCollins

Traduzione: Anna Martini

Genere: Gialli

Pagine: 304

Anno di pubblicazione: 2020

Prima pubblicazione: 1953

Sinossi. Il protagonista è Carl Bigelow, il killer assoldato dall’Uomo, un misterioso mandante. In un perfetto e maligno gioco delle scatole cinesi, due donne di malaffare mandano in tilt le convinzioni dell’efficiente sicario chiamato a uccidere Jake Winroy, testimone scomodo in un processo imminente che rischia di mettere in crisi l’impero del male dell’Uomo. Ma far fuori qualcuno in una sonnolenta cittadina di provincia, facendolo sembrare un incidente, non è per niente facile. Per riuscirci, Bigelow fa leva sul suo ascendente sul gentil sesso e circuisce Fay, la moglie della vittima, impresa non complicata dato che la donna attende da tempo la chance di farsi una nuova vita. Peccato che di mezzo ci sia Ruth, la ragazza delle pulizie di casa Winroy, alle cui avance spietate Carl non può che cedere. Colto fra due fuochi, Bigelow sente cedergli la terra sotto i piedi. Le sue certezze si sgretolano e i dubbi lo tormentano: e se fosse stato l’Uomo a mettere tutti quegli ostacoli sulla sua strada per farlo vacillare e portarlo alla follia? È una caccia shakespeariana al proprio fantasma in cui Bigelow dovrà scegliere tra il diavolo che ha in sé e il demone occulto sotto cui si cela l’Uomo.

Recensione

Carl Bigelow si reca a Peardale, una città a novantacinque miglia da New York City, una periferia che gli appare subito malinconica e dimessa. Queste sensazioni, permeano anche le pagine del racconto, dal quale ci si aspetta che la follia esploda da un momento all’altro.

Invece c’è un incedere lento, con poche decisioni, che non fanno altro che enfatizzare l’attesa. Il personaggio è totalmente fuori dall’immaginario del killer a pagamento, un pò fa ridere, un po’ fa tenerezza con tutti i suoi disagi fisici e mentali. Nonostante questo, sembra che non ci sia mai una cosa buona, coscienza e morale non fanno parte di questa storia.

La descrizione di Carl Bigelow è una sentenza di inadeguatezza, basso con la tubercolosi e senza denti. Per ognuno di questi problemi, il killer prova a darsi una soluzione, il rialzo nelle scarpe, la dentiera, la tinta per capelli e pseudo medicinali nei momenti in cui la malattia si fa sentire. E’molto consapevole della sua condizione e l’unica concessione alla vanità arriva quando legge un articolo di giornale che narra le sue gesta: l’infallibile assassino a pagamento Little Bigger, ricercato per sedici omicidi su commissione e scomparso apparentemente nel nulla.

Anche la sua vita affettiva è distorta, vista lattrazione fisica che prova per Ruthie Dorne, l’inserviente con una gamba sana e l’altra deforme. Nonostante la sorte gli abbia dato in dono un involucro difettoso e sfortunato, Carl vuole darsi un tono dignitoso, non si capisce quali sono le sue reali intenzioni, se si abbellisce per dare un senso estetico alla sua persona, o perché la sua fama di assassino è tale per cui si debba mascherare e rendersi irriconoscibile.

Il grande manovratore diventa manovrato da chiunque entra in contatto con lui. Carl pensa di aver pianificato con accortezza il suo lavoro, in realtà sembra che tutti abbiano capito chi è in realtà e il motivo per cui è arrivato a Peardale. Tale consapevolezza si trasforma in dubbio e poi in paranoiaquando l’assassino inizia a sentirsi preda. Uno stato d’animo che emerge lentamente provocando un un’escalation di situazioni paradossali.

Come sempre l’autore ha una visione nichilista, che si esalta nei suoi personaggi cattivi, con grandi problemi esistenziali, come Carl Bigelow che non impressiona nessuno visto che appare come un innocuo ometto di 1 metro e 52 centimetri e che tenderà ad un graduale auto annientamento. Lagenialità di Thompson sta anche in queste scelte.

Il libro ha una prima parte interessante, tutto è quieto nell’indecisione del protagonista che è un gran chiacchierone, poi arriva anche l’azione con scene brutali e un crescendo di follia. Lo scrittore non si preoccupa dell’effetto che possono provocare le sue descrizioni, soprattutto quelle dei particolari più scabrosi. Il finale come quasi sempre accade con questo autore, ribalta tutto. Lo stile di Thompson è netto e scolpito nella mente del lettore.

Se vi garba il cinismo, la cattiveria, la mancanza di pietà, questo è il noir più noir che fa per voi. Si avverte tutto il disagio di vivere che già a diciannove anni colpì Jim Thompson, quando ebbe un esaurimento nervoso e quando soffriva già di dipendenza da alcol e fumo. La sua vita fu turbolenta in tutto, scuola, famiglia, politica, lavoro, affetti e questo coincide esattamente con quello che ha scritto.

L’autore si regala una presenza nella storia con un alter ego, quello dello scrittore alcolizzato che fa la sua comparsa tra personaggi di secondo piano, ma dirà una delle frasi sulle quali si fonda lo stile di Thompson:

“Sì, l’inferno esiste, ragazzo mio, e non c’è bisogno di scavare troppo per trovarlo”.

Questo libro uscì per la prima volta nel 1953 e la critica non fu tenera. In effetti sembra un libro scritto oggi, troppo avanti per quel tempo. Thompson aveva già anticipato lo schifo dell’animo umano, non aveva paura di raccontare gli squilibri mentali con battute ciniche, era un sovversivo e per questo non fu accettato. Come sempre accade, i folli e fragili ma geniali, vengono rivalutati postumi.

 

A cura di Elvio Mac

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Jim Thompson


nato Anadarko nel 1906 e morto a Hollywood nel 1977, è stato scrittore e sceneggiatore di genere noir. Ha pubblicato diversi racconti, molti dei quali tradotti in film (fra cui Getaway di Sam Peckinpah e Colpo di spugna di Bertrand Tavernier). È stato sceneggiatore per Stanley Kubrick (Rapina a mano armata e Orizzonti di gloria). Tra le sue opere: Bad Boy (Einaudi 2001), Colpo di spugna (Fanucci 2005), Diavoli di donne (Fanucci 2007), Vita da niente (Fanucci 2009), Una spaventosa faccenda e altri racconti (Fanucci 2006) e L’assassino che è in me (Fanucci 2010).

 

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