Racconti di follia




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Patrick McGrath

Traduzione: Alberto Cristofori e Andrea Silvestri

Editore: La nave di Teseo

Pagine: 518

Genere: Noir/gotico

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. McGrath mette al servizio della sua letteratura sfrenatamente creativa, e spesso spettralmente,’gotica’, un talento narrativo che guarda ai nostri grandi predecessori del diciannovesimo secolo (Poe, Mary Shelley, Robert Louis Stevenson, Bram Stoker e Ambrose Bierce, tra gli altri) pur essendo assolutamente contemporaneo nel suo sardonico umorismo nero. La narrazione di McGrathè magistrale e seducente. È sufficiente la lettura dell’incipit del tipico racconto di McGrath per venirne risucchiati, costretti a divorarlo tutto d’un fiato. Queste storie audaci, originali e inquietanti sono raccontate da narratori a loro volta bizzarri (uno stivale, una mosca – per citarne solo due) e nella maggior parte dei casi onniscienti. Con destrezza, scaltrezza e misteriosa grazia, saltano da un personaggio all’altro, come un film reso surreale dai frequenti stacchi di un montaggio vertiginoso. McGrath sa cosa significhi essere tormentati da fantasmi, e come trascrivere nel modo più persuasivo gli incubi della ‘personalità frantumata’ che risuonano in ognuno di noi.

Dall’introduzione di Joyce Carol Oates.

Recensione


Leggendo ventidue racconti ci aspetteremmo altrettanti mondi.

E in effetti è così, perlomeno in parte: ognuno dei Racconti di follia è un gioiello di fattura unica, cesellato con cura artigiana e animato dal fuoco artistico, ogni storia ci introduce in famiglie dell’upper class o nelle baracche improvvisate durante la guerra d’indipendenza, tra i miasmi umidi delle foreste del Sud o lungo le banchine dell’Hudson notturno, nel cuore di un’epidemia dilagante e nell’oscurità privata di una colpa nascosta, di un animo turbato, del male di vivere.

Potremmo leggere soltanto La storia di Arnold Crombeck, L’altro psichiatra, oppure Julius e poi lasciare il libro a decantare, godendoci, in questi strani giorni, un sublime al contrario – mentre fuori dalla finestra è deserto, silenzio, tranquillità irreale e relativa, il tumulto, la tempesta e l’assalto sono dentro di noi e, pur chiusi tra le note e calde mura di casa, non siamo veramente al sicuro, perché Patrick McGrath ci ha preso per i capelli e immersi nell’abisso… quello della sua letteratura e quello, non così diverso, che ospitiamo nel cuore e nella mente, talvolta ignorandolo per scelta o precaria sopravvivenza.

Basterebbe un singolo racconto per regalarci un brivido perfetto, un anello assolutamente circolare che, da un principio che cattura e uno sviluppo che si beve, conduce a una conclusione inevitabile e spiazzante, eppure non saremmo sazi. Quindi ci ritroviamo a divorare una pagina dopo l’altra, con una fame che sa di antropofagia – leggendo voraci è un po’ come se assimilassimo anche autore e personaggi – sguardo febbrile e meningi in subbuglio.

Vicenda dopo vicenda, mettiamo in discussione i sensi e le visioni, il nostro modo di agire e ragionare, allo stesso modo di Dan, di Nelly e degli altri eroici perdenti – perdenti perché sopraffatti da energie ineffabili e inesplicabili – sopraffatti da rivelazioni e rivoluzioni, disvelamenti e senso di impotenza dinanzi a un paesaggio selvaggio, allo spettro degli errori, alla solitudine.

E mentre noi cambiamo procedendo nella lettura-nutrimento, ecco che fanno capolino connessioni e fili rosso sangue, che rendono questa raccolta – che contiene tutte le storie brevi di McGrath, comprese quelle finora inedite – un grande, organico romanzo dell’orrore e del declino degli imperi e della contemporaneità, del degrado degli edifici, della putrescenza dei canali di scolo e delle canne fumarie come simbolo della decomposizione e disgregazione dell’umanità, preda di abbagli, timori insensati e falsi traguardi.

Un ritratto impietoso, pessimista e fin troppo attuale, dite?

Forse, ma non senza speranza, perché lo scrittore ci regala una via di fuga: la follia. Non lo squilibrio inconsapevole di chi è schiavo di manie, credenze e fissazioni, né l’insania del vizio portato all’estremo, bensì la lucida, nella doppia valenza di sagace e scintillante, pazzia di chi si vota a un ideale per quanto impossibile e si aggrappa a un sogno che magari non diventerà realtà, ma donerà un senso, un riso sardonico e un baluginio di vita al cospetto (e a dispetto) del crollo.

 A cura di Francesca Mogavero

 

Patrick McGrath


Patrick McGrath è nato in Inghilterra e vive tra New York e Londra. È autore di numerosi romanzi, tra cui Follia (1998) – uno dei più grandi successi letterari degli ultimi anni –, Martha Peake (2001), Spider(2002, da cui è stato tratto il film di David Cronenberg), Port Mungo (2004), Trauma (2007, nuova edizione La nave di Teseo, 2019), L’estranea (2013) e La guardarobiera (La nave di Teseo, 2017).

 

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