Talento




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Juliet Lapidos

Traduzione: Giovanna Scocchera

Editore: Bompiani

Pagine: 240

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Anna Brisker è una giovane ricercatrice americana impegnata in una tesi sulla storia intellettuale dellispirazione, anche se la sua, di ispirazione, si è intiepidita da tempo. Trascorre le giornate nellaccidia, divora dolci e vaga per le strade di New Harbor invece di andare in biblioteca. Poi lilluminazione: lincontro casuale con Helen, scostante rilegatrice di libri antichi e nipote di Frederick Langley, lermetico romanziere che dopo tre fulminanti opere di gioventù si è rintanato in una soffitta ed è morto in un incidente senza pubblicare altro. Era afflitto da una forma acuta di blocco dello scrittore o dietro il mistero dei suoi ultimi anni cè di più? Anna è affascinata dai taccuini inediti di Langley, che potrebbero risolvere larcano ma sono ferocemente contesi tra la nipote e la biblioteca universitaria: se diventassero loggetto della sua ricerca le garantirebbero una solida carriera accademica. Unesca troppo attraente per una studiosa, che spingerà Anna a rubare, contraffare, mentire. Unindagine letteraria che si trasforma nellindagine sulle ombre dellanimo umano davanti alloggetto del desiderio.

Recensione

In sintesi, la parabola è questa:

un signore lascia ai suoi servi un certo numero di talenti ciascuno proporzionati alla produttività, alla fiducia? Sulla base della simpatia? e parte per un viaggio. Al suo ritorno chiede di regolare i conti e scopre che i primi due, investendo lintera somma a disposizione, hanno raddoppiato i talenti e perciò prenderanno “parte alla gioia” del padrone, mentre il terzo, per paura, ha nascosto il bottino ed è rimasto con il capitale iniziale: un talento. Al servo malvagio e infingardo sarà dunque tolto anche quello, per consegnarlo a chi già ha e dimostra un buon senso per gli affari.

Mettendo da parte certi interrogativi che il signore fosse il primo broker della storia? cambiando leggermente i termini e assumendo laccezione miltoniana di talento”, come sinonimo di abilità naturale, il succo della storia non cambia poi molto: un mecenate, unistituzione scolastica o i lettori riconoscono a tre artisti promettenti un certo numero di doti; i primi due, vedendo il proprio potenziale e lavorandoci su con costanza e fatica, rendono il loro valore ancora più manifesto, migliorano lo stile, smussano le imperfezioni, diventano a tutti gli effetti ciò che gli altri hanno visto; il terzo, per ansia da prestazione, timore di un capovolgimento di giudizio, ribellione o quantaltro, cela al mondo quella sua unica capacità, quel quid distintivo, e viene accusato di egoismo, snobismo o stramberia. E il suo talento, che non porta più moneta, viene ridotto, quando va bene, a un paio di righe in un’antologia del liceo.

Qual è il vero talento e, se sai di averlo o qualcuno afferma che lo possiedi, cosa devi farne?

Che cosa rende un artista, uno scrittore, tale?

Lesercizio, la disciplina, lottimizzazione del tempo, o esiste anche una componente volatile, imbrigliabile e irrazionale?

Soprattutto, qual è il ruolo, anzi, il diritto della critica letteraria, sempre in bilico tra il ruolo di guida pensiamo al Virgilio dantesco e un dissennato (ma ben consapevole) sciacallaggio?

Anna Brisker, ex studentessa prodigio che ora vive di Pop-Tarts e rendita familiare, sta scrivendo una tesi di dottorato sullispirazione, ma è lei per prima a risentire del classico blocco C’è una bella differenza tra leggere libri ed esprimere un’opinione su come sono, e dover scrivere una tesi, produrre un lavoro accademico importante afferma il suo tutor.

Il suo lavoro è “un po’ esile, a tratti infantile, rimasto indietro. Occorrerebbe dimostrare, addurre argomentazioni tangibili, calare la teoria nella pratica e trovare il caso studio adatto.

Lincontro con Helen, bizzarra rilegatrice di libri con problemi economici, sembra stabilito dal destino: è la nipote di Frederick Langley, autore di racconti irriverenti e curiosi dal successo fulminante, ritiratosi a ventisei anni, allapice del successo, senza mai più scrivere una riga.

O così dicono, visto che Helen rivela ad Anna lesistenza di due taccuini, la cui proprietà è contesa con una biblioteca universitaria. Ispirato, dis-ispirato e re-ispirato, quindi, il perfetto enigma da risolvere, interpretare e mettere su carta. Tuttavia, chi ha conosciuto Langley ha una spiegazione più semplice (o semplicistica?), e i giornali e i parenti della donna lasciano intendere una realtà ben diversa: Helen ha sperperato il suo patrimonio, cercato di approfittare del nome del famoso zio e compiuto truffe e raggiri. Ma se lo avesse fatto per una ragione ben precisa, dettata dalla necessità e dallaffetto?

La dottoranda ha di fronte un ipertesto di difficile interpretazione, nel quale ogni parentesi, ogni perifrasi spalanca nuovi orizzonti e nuove domande.

Una spicca però su tutte: cosa voleva davvero Langley?

Quale destino aveva in serbo per i suoi quadernetti marmorizzati, prima che una morte improvvisa scrivesse in fretta la parola fine?

Chi possiede la chiave del mistero e lautorizzazione a usarla?

Tra storie e brani che si intrecciano, infatuazioni e sogni di ozio e di oblio, furti darte e mistificazioni, Juliet Lapidos realizza un esordio narrativo affascinante, un inno alla libertà di creare e distruggere, di scrivere e cancellare, di essere formiche operose o gaudenti (e un povendicative) cicale, un manifesto della letteratura come rifugio, arma di offesa o difesa, spazio sacro in cui rivelare la propria essenza agli occhi del pubblico o solo di fronte a uno specchio.

Ma attenzione: anche queste sono solo interpretazioni, e chi di interpretazione ferisce…

 

A cura di Francesca Mogavero

 

Juliet Lapidos


Juliet Lapidos è opinionista e responsabile dellinserto domenicale del Los Angeles Times. Ha diretto la sezione culturale della rivista Slate ed è stata caporedattrice della sezione opinioni del New York Times. Ha una laurea in Letteratura comparata conseguita a Yale e un master in Letteratura inglese presso la Cambridge University. Talento è il suo primo romanzo.

 

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