Tutto è Silenzio




Tutto è Silenzio – Le Terre Deserte I

(Recensione di Giuditta Pontini)


Autore: Robert L. Slater

Traduzione: Valeria Poropat

Editore: Rocket Tears Press

Genere: Fantascienza, Narrativa distopica

Serie: Le terre deserte #1

Pagine: 313

Anno di pubblicazione: 2018

 

 

 

SINOSSI. E se la Morte si dimenticasse di te? In un futuro che potrebbe essere il nostro, Lizzie, adolescente con un passato di tentati suicidi, riesce a stento a tirare avanti. Poi tutto crolla. Su una Terra apocalittica resa disabitata da una malattia, non ha più motivo per vivere fino a quando una sconvolgente serie di eventi la porterà a trovare un numero. La telefonata che deciderà di fare la porterà lungo un pericoloso viaggio attraverso gli Stati Uniti per incontrare qualcuno che riteneva morto da sempre…C’è spazio, cibo, benzina… ma la paura, la rabbia e la sete di potere sono ancora le leve che muovono l’umanità.

 

 

RECENSIONE

Nel complesso, lo spunto iniziale del libro era intrigante. Benché infatti l’idea di un’ambientazione in uno scenario post-apocalittico non sia nuova, la trovata di mettere al centro della storia una persona con evidenti problemi esistenziali come Lizzie, poteva portare a un doppio binario molto interessante.

Utilizzando una storia fantastica, prendendo come spunto una situazione surreale e/o esacerbata, si sarebbe potuta sviluppare una narrazione dalla quale trarre importanti spunti di riflessione. Credo che l’idea iniziale dell’autore sia stata proprio questa. Purtroppo, però, almeno secondo il mio sentire, il libro parte molto bene, ma poi va in diminuendo, diventando la classica storia rocambolesca per adolescenti alle prime letture. I primi capitoli del libro sono molto belli, e molto forti.

Sono incentrati tutti su Lizzie, questa ragazzina problematica che, improvvisamente, si vede portar via l’intera famiglia da un misterioso virus. Lizzie, che fino a pochi giorni prima inscenava tentativi di suicidio e si tagliava i polsi per attirare l’attenzione, improvvisamente rimane sola. E inizia lentamente a comprendere la differenza fra una solitudine “voluta” e cercata rendendosi difficile e inavvicinabile dagli altri, e una solitudine oggettiva, provocata da un evento più grande di noi: la Morte.

In questi primi capitoli l’autore è molto bravo nel descrivere al lettore questa presa di coscienza della ragazzina. Così, attraverso gli occhi di Lizzie, vediamo il lettino vuoto del fratello minore, la sua sveglia buffa che non verrà mai più usata, le tazze a mollo nel lavandino, le litigate per stupidaggini che non ci saranno più. E non ci saranno più nemmeno i “ti voglio bene”. La prima cosa che Elisabeth fa quando l’infermiera le dice che la madre non ce l’ha fatta è, naturalmente, ubriacarsi fin quasi al coma etilico. Poi, però, con un incredibile atto di resilienza, Lizzie si rende conto che deve vivere, per sua mamma e per il suo fratellino. E inizia dalla cosa più normale che si fa nella vita di tutti i giorni: riordinare la cameretta.

Questa prima parte del libro mi ha colpita molto, lo stile di scrittura è semplice, ma incisivo e descrittivo. L’autore ha dato volutamente poca dinamicità ai primi capitoli, per dare il tempo al lettore di imparare a conoscere Lizzie, e di affezionarsi a lei. Poi, però, mano a mano che la storia prosegue, si assiste a un diminuendo della parte emozionale, che va definitivamente a scemare verso la metà della narrazione, lasciando maggior spazio alle avventure, agli eventi, alle dinamiche di gruppo.

Questo, se da una parte può essere positivo, perché induce il lettore a voler sapere cosa accade dopo, è però stato gestito in maniera troppo poco equilibrata dall’autore. A un certo punto succedono talmente tante cose tutte insieme che il lettore rimane abbastanza spiazzato, non riuscendo a collegare bene i vari cambiamenti di scene e di personaggi. Fortunatamente, a controbilanciare questa dimensione di caos narrativo, accorrono i capitoli dedicati al punto di vista del padre di Lizzie che incarna, a mio parere, il prototipo della debolezza e del fallimento umani in tutte le sfaccettature. Tuttavia, questo personaggio è molto positivo perché, mentre viaggia per ritrovare sua figlia, viaggia anche per ritrovare se stesso. Il suo spostarsi fisico, il suo andare avanti, possono essere letti come una metafora della vita, del percorso interno che una persona fa per poter rimediare ai propri errori.

Per questo motivo, secondo me, il contrasto fra le parti più emozionali e quelle più “rocambolesche” poteva essere gestito in maniera meno netta. Questa discrasia può portare il lettore a sentirsi disorientato, a perdere l’interesse inziale per la narrazione. Inoltre, se l’autore fosse riuscito a conservare nel resto del libro quella stessa incisività emotiva impressa nei primi capitoli, avrebbe potuto mantenere un contatto interessante con l’idea che la più cupa distruzione può essere a volte il mezzo attraverso il quale si può rinascere. Nel complesso, sufficiente, ma mi aspettavo di più.

Sono ansiosa di leggere il secondo libro della saga.

 

 

Robert L. Slater


Robert L. Slater è un insegnante e uno scrittore. Vive a Bellingham, Washington. Suona la chitarra, canta ed è anche attore e regista teatrale. Ama cucinare, leggere e praticare Taekwon Do. Ha sei figli e due nipoti. Il suo primo romanzo Tutto è silenzio è stato pubblicato nel 2014.