Un passato da spia




Recensione di Alberto Minnella


 Autore: John Le Carré

Editore: Mondadori

Traduttore: Castagnone M.

Pagine: 261

Genere: Giallo

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi. Peter Guillam, fedelissimo collega e discepolo di George Smiley dei Servizi segreti britannici, è ormai da tempo in pensione nella sua tenuta agricola in Bretagna dove vive con la famiglia, quando riceve inaspettatamente una lettera che lo convoca a Londra nel quartier generale dell’Intelligence. A quanto pare il suo passato durante la Guerra Fredda lo sta richiamando. Quelle che un tempo erano considerate le più famose operazioni di spionaggio nelle quali erano coinvolti personaggi del calibro di George Smiley, Alec Leamas, Jim Prideaux, e lo stesso Peter Guillam, vengono ora analizzate e investigate da una nuova generazione che non ha alcuna memoria di quegli anni. Chi è davvero responsabile di atti commessi molti anni prima in nome di qualcosa che non esiste più? Qualcuno deve pagare il sangue innocente che è stato versato per una causa considerata giusta per il bene comune.

 

Quando sento il nome di Le Carré ho due sensazioni nette: la prima è che una vampa mi stia incendiando il petto, fino a carbonizzarmi cuore e testa.

La seconda riguarda un imprevisto brivido gelido che mi paralizza la schiena e mi fa tremare le gambe. Quest’incoerente fascio di sentimenti, che mi fanno credere erroneamente a una mia momentanea bipolarità, non è altro che la giusta sensazione che un maestro del mistero deve suscitarmi.

Così è successo anche per Un passato da spia. Il romanzo si apre con la chiamata dell’eroe: Peter Guillam, discepolo di George Smiley, ormai fuori dagli uffici dell’Intelligence, viene convocato dai suoi ex datori di lavoro per rendere conto di una vecchia operazione di spionaggio, chiamata “Windfall”, svoltasi a Berlino in piena Guerra Fredda. Perché mai rompere le scatole a un agente in pensione? Perché in quella operazione perse la vita Alec Leamas e il figlio, adesso, vuole giustizia, altrimenti saranno guai per tutti. Vuole capire, insomma, i motivi che hanno portato il padre a morire.

Questa è la fiamma che accende la storia.

Guillam, dunque, si tuffa nelle vecchie carte e naviga in continue analessi per ricostruire l’intera storia (che non racconterò, altrimenti vi toglierei il gusto di leggerla, no?)

Il romanzo è un continuo scarto fra passato e presente, spia di ieri in contrasto con spia di oggi, il mondo nuovo, la paranoia infinita del continuo controllo della verità, contro quello vecchio, tutto cuore e istinto.

Un passato da spia è un bel leggere e Le Carré dimostra, ancora una volta, che è possibile scrivere storie gialle senza dover ricorrere alla frenesia dell’azione, rivolgendosi a quei lettori che non dipendono dalla competizione, ormai desueta, tra loro stessi e il detective di turno affinché risolvano insieme il caso, ma a chi ha pazienza d’ascoltare e voglia di farsi affascinare.

Per Le Carré, come per tutti i grandi autori che hanno a che fare con il lato oscuro dell’agire umano, coccolare il lettore è fondamentale; lo lascia seduto in poltrona e lo rassicura a ogni pagina, sussurrandogli all’orecchio di stare calmo, di non correre, di ascoltare la favola del suo passato da spia.

John Le Carrè


È il nome con cui è conosciuto in tutto il mondo l’ex dipendente dei servizi britannici David J. M. Cornwell. Nato il 19 ottobre 1931 a Poole, nella regione inglese del Dorsetshire, Le Carrè è stato definito, forse non a torto, il più importante scrittore di spy story del Novecento; un autore che con i suoi romanzi impregnati dell’atmosfera della guerra fredda ha fatto scuola, e sulla cui scia si sono accodati centinaia di imitatori, pochi dei quali però riescono ad eguagliare quella miscela di “suspence”, brillante scrittura e umorismo sapido che rendono grandi i romanzi di questo agente segreto prestato alla macchina da scrivere. Dopo la fine della guerra fredda, il genere “spy story” subisce un duro contraccolpo: sembra quasi che sia venuta a mancare la materia prima per la narrazione. La crisi non risparmia neanche l’autore inglese, apparentemente incapace di trovare nuove categorie narrative forti. Tuttavia con “Il sarto di Panama” (1999) e con l’entusiasmante “Il giardiniere tenace” (2001) lo scrittore ha ritrovato il successo e la vena narrativa dei tempi migliori torcendo la spy stories a nuove esigenze: comiche nel primo dei due titoli, civili nel secondo dove accusa il mondo delle multinazionali farmaceutiche e lancia un accorato grido d’allarme per la tragica situazione africana.Altri celebri titoli, tratti dalla vasta produzione di Le Carrè sono: “La talpa”, “Tutti gli uomini di Smiley”, “La tamburina”, “La casa Russia” e “La passione del suo tempo”. Attualmente John Le Carrè vive ritirato tra Cornovaglia e Hampstead.

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