Una rabbia semplice




Recensione di Antonella Bagorda


Autore: Davide Longo

Editore: Einaudi

Collana: Einaudi. Stile Libero Big

Genere: poliziesco, thriller

Pagine: 328

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. È una primavera malinconica per il commissario Arcadipane. Ogni strada, ogni bar, ogni osteria della città sono un ricordo. Lui che dove gli altri crollano ha sempre trovato «terra di conquista», ora si sente stanco; la sua intelligenza, tanto umile quanto ostinata, pare essersi assopita. A destarlo dal torpore è un episodio di violenza come ce ne sono molti. Dietro cui, però, si nasconde un male così insensato da spegnere le parole in bocca. Vincenzo Arcadipane ha cinquantacinque anni, un matrimonio fallito alle spalle e un futuro che non promette granché. In più, negli ultimi tempi, si è convinto di avere smarrito l’istinto che lo guidava nelle indagini. Ma quando una donna viene picchiata fuori da una stazione della metropolitana di Torino e il colpevole rintracciato in poche ore, è proprio l’istinto a suggerirgli che qualcosa non torna in quel caso dalla soluzione elementare. Decide quindi di approfondire, con l’aiuto di Corso Bramard, vecchio capo e mentore, e dell’irrequieta agente Isa Mancini: una squadra collaudata cui si aggrega uno strano ex poliziotto dai tratti ossessivi. Insieme si troveranno a scoprire le regole di un gioco folle e letale, una discesa nel mondo sotterraneo della Rete che, girone dopo girone, li porterà là dove «si sbrigano le faccende che non hanno bisogno di occhi».

Recensione

Il commissario Vincenzo Arcadipane è molto più malconcio di come l’abbiamo lasciato ne Le bestie giovani, il che è tutto dire visto che già all’epoca iniziava a perdere per strada pezzi della propria vita.

È passato qualche anno. La moglie l’ha lasciato a causa di una relazione che non evolveva e, probabilmente, anche a causa di quei problemi “intimi” che non sono ancora stati risolti; i figli hanno preso le loro strade e lo trattano con sufficienza e incostanza, nulla di così diverso da quando condividevano lo stesso tetto; è tornato a frequentare lo studio/casa di una psicopazza che gli propone terapie d’urto alternative e assurde; ha come unici amici Trepet, il suo cane a tre zampe, poi Pedrelli, poliziotto fedele e servitore, e gli immancabili Isa Mancini e Corso Bramard.

Il commissario Arcadipane, all’inizio di questo viaggio, ha tra le mani un caso di aggressione che si risolve quasi da sé, talmente presto e in maniera talmente semplice che lui non ci sta, non ci crede.

Eppure l’ora, le immagini delle telecamere, l’abbigliamento, tutto urla che il ragazzo arrestato si trova esattamente nel posto in cui merita di essere. Arcadipane vuole vederci chiaro e decide di dare una possibilità all’accusato: accoglie la sua supplica di trovare il vero colpevole. Accompagnato da uno strano tizio, un ex poliziotto coinvolto in storie che potrebbero essere collegate all’aggressione, inizia così la sua caccia. Una caccia difficile, però, perché si tratterà di cacciare un cacciatore.

Isa e Corso arriveranno a libro inoltrato, quando Arcadipane si arrenderà alle sue capacità limitate e capirà di avere bisogno dell’intuito immediato dell’ex commissario Bramard, suo amico e mentore, e della bravura dell’agente Mancini, sempre stronza e sempre brillante. Li troviamo cambiati, forse troppo. Efficienti e a tratti geniali ma cambiati.

In questo nuovo libro, Davide Longo decide di affrontare un argomento inquietante e tanto oscuro da far tremare i polsi al solo pensiero. Si parla di darkweb, si parla di giochi letali, di sfide tra bambini, ragazzini, adolescenti, di gare a punteggio che sono molto lontane dalle innocenti partite di calcetto o a biliardino o alla playstation. Un argomento che terrorizza soprattutto perché, quasi sempre, dietro queste follie sembrano esserci dei fantasmi inafferrabili.

Con la lettura del terzo libro, finalmente, sono riuscita a far pace con il narratore di Longo. Nel libro precedente l’ho trovato invadente e sboccato, incapace di stare al suo posto. Qui l’ho trovato più tollerabile, meno fastidioso, nonostante abbia avuto moltissime possibilità di dire la sua a suo modo, in particolare nelle fasi che riguardano la vita privata di Arcadipane. Invece è stato al suo posto più del solito. Potrei addirittura affermare di aver incontrato tre narratori diversi nei tre libri letti; e questa differenza di narrazione, se pur lieve, un po’ mi spiazza. Certo è che, sarà questione di averci fatto l’abitudine, questo è quello che rientra maggiormente nei mie gusti e che mi ha accompagnato meglio in questo viaggio.  

Come già detto dei primi due libri, Davide Longo non scrive i classici thriller carichi di suspense e colpi di scena. Lui accompagna il lettore con serenità e spiccata ironia attraverso pensieri e percorsi dei personaggi. Non rimango mai senza fiato durante la lettura dei suoi romanzi, non ci sono momenti in cui devo resistere al sonno perché fremo dalla voglia di scoprire cosa accade dopo e poi dopo ancora. Leggo volentieri e senza fatica, velocemente e senza intoppi, anche perché fortunatamente la necessità di ricorrere a un uso continuo del dizionario è morta al termine del primo libro.

Forse un po’ di lentezza che ha portato a qualche pagina di noia. Forse degli snodi fondamentali riguardo le indagini che l’autore ha reso troppo semplici con intuizioni quasi piovute dal cielo. Un finale che continua a non piacermi, non me n’è piaciuto nessuno dei tre.

A parte questi pochi punti, Longo si conferma essere una garanzia; uno scrittore capace che scrive storie e personaggi che restano. Quasi mi dispiace non sapere se avrò occasione di incontrare ancora Arcadipane e quel che ne sarà del suo seguito.

 

 

Davide Longo


Davide Longo nasce a Carmagnola nel 1971. Nel 2001 pubblica il suo primo romanzo, Un mattino a Irgalem (Marcos y Marcos 2001, Feltrinelli 2019). Nel 2004 Il mangiatore di pietre (Marcos y Marcos 2004, Feltrinelli 2016). Ha girato documentari, scritto per il teatro, per giornali e riviste e ha realizzato testi per RadioRai. I suoi libri per bambini li ha pubblicati per Corraini Edizioni: La vita a un tratto, E più non dimandare (con il pittore Valerio Berruti), Pirulin senza parole e La montagna pirata (insieme all’artista Fausto Gilberti). Ha curato per Einaudi l’antologia Racconti di montagna (Einaudi 2007). Nel gennaio 2010 è uscito per Fandango il suo terzo romanzo, L’uomo verticale. Poi altri libri come Il signor Mario, Bach e i settanta (Keller Editore 2010) Ballata di un amore italiano (Feltrinelli 2011),Maestro Utrecht (NN editore 2016). Nel 2014 scrive il primo romanzo della serie che ha come protagonisti Arcadipane-Bramard: Il caso Bramard (Feltrinelli 2014, Einaudi 2021), cui segue il secondo: Le bestie giovani (Feltrinelli 2018, Einaudi 2021) e il terzo episodio della serie: Una rabbia semplice (Einaudi 2021). Nel 2017 scrive la sceneggiatura per il film Il Mangiatore di Pietre, interpretato da Luigi Lo Cascio. Da tempo insegna scrittura presso la Scuola Holden. I suoi libri sono tradotti e pubblicati in molti paesi.

 

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